Skip to main content

Ripensare il mondo in un frame

frame

Le elezioni sono ormai imminenti. Campagne elettorali senza contenuti e contenitori, come volevasi dimostrare. Una perfetta reiterazione della mediocrità che fa apparire le verità come bugie e le bugie come verità. Una delle tante trappole del nostro tempo.

Uno scenario prevedibile, diretta conseguenza di anni di mancata selezione della classe dirigente e di un declassamento della società civile tuttora in corso, soprattutto a livello culturale.

Cosa rimane della democrazia se non si viene educati a essere cittadini? se non viene stimolato il “saper scegliere” la migliore delle ipotesi fra le tante alternative? Oggi la scelta cade sempre più spesso sul “meno peggio”, trasformando la democrazia da “idea più potente e stimolante del Novecento” a demostupidità, per dirla alla Flaubert.

Una moltitudine senza visionarietà e con molti desiderata è di fatto la migliore chance di affermazione per un politico mediocre.

In questo modo ci si svincola dalla dimensione di cittadini per essere semplicemente masse manipolabili, solleticate e smosse da eccessi e da esagerazioni. Come ben descritto da Bauman in Retrotopia, la rabbia degli esclusi e dei reietti è “un filone incredibilmente ricco da cui ci si può attingere senza sosta per rifornirsi di capitale politico”.

Inutile tacciare di populismo la concorrenza politica o l’esito di votazioni. Chi si allarma per i cosiddetti populismi diventa esso stesso colpevole del populismo in corso innanzitutto perché ha contribuito all’amplificazione di un sentiment che, disperso nella folla, ha un effetto di contagio esponenziale; inoltre, perché non sta formulando alcuna ipotesi per correggere gli errori del passato. Se non sei parte della soluzione, sei il problema.

Accade così, che “non essendo la folla impressionata che da sentimenti estremi, l’oratore intenzionato a sedurla deve abusare delle affermazioni violente” (Le Bon). Nei grandi passaggi storici come il nostro, ecco ritornare quasi inevitabili gli estremismi o le esagerazioni de-concettualizzate.

Quello che balza agli occhi è infatti un grande ritorno al passato, con la riesumazione di vecchi concetti anacronistici in forme dicotomiche come democrazia/post-democrazia o fascismo/antifascismo, per citarne alcuni. Vecchi retaggi di controllo, annichilimento e sedazione delle masse al servizio di nuove e moderne prassi: la rivoluzione social.

Serve una rivoluzione culturale

“Una trasformazione del mondo presuppone una trasformazione dell’interpretazione del mondo” (Heidegger, intervista 1969).

È questo il compito degli intellettuali contemporanei: saper cambiare gli assunti iniziali perché occorre una nuova riconcettualizzazione del mondo. Il che vuol dire ripensare un nuovo metodo di pensiero partendo da nuovi assunti, altrimenti il rischio dell’utilizzo di tesi passatiste è che vengano defocalizzati, e di conseguenza trascurati, i reali motivi sottostanti al nostro declino.

Non va sottovalutato il potere del frame e la sua capacità di influenzare e plasmare il modo in cui vediamo il mondo. L’essere umano usa degli schemi mentali per inquadrare e dare un senso ciò che lo circonda. Sono appunto i frame che ci permettono di interpretare la realtà, ogni persona filtra ciò che vede cercando di adattare inconsciamente ogni cosa ad esso. Il senso comune altro non è che tutta una serie di comportamenti dati ormai come scontati, frutto però di un lento processo di consolidamento di consuetudini e stereotipi sociali ripetuti nel tempo.

Chi controlla i frame controlla le conoscenze e le coscienze: “È evidente che mentre anche i migliori leader non sempre possono controllare gli eventi, essi possono (e lo fanno) influenzare come le situazioni sono viste e interpretate” (Gail Fairhurst, Robert Sarr).

Vanno pertanto ripensate le abituali strutture e forme di convincimento mentale che indirizzano il nostro modo di pensare e di agire e che ci rendono così duttili nelle mani di abili manipolatori che nulla hanno da spartire con il nobile concetto di democrazia.

O avremo un innalzamento culturale del nostro popolo e quindi della nostra classe dirigente (epistocrazie) o, inevitabilmente, ci adatteremo ad un eterno posizionamento sociale sempre più basso.

Ripensare e diffondere nuovi frame concettuali è la grande urgenza.


×

Iscriviti alla newsletter