Mentre l’Italia è naturalmente concentrata sul proprio ombelico, cioè le prossime elezioni politiche, in Europa sono ufficialmente partiti i grandi giochi per il 2019, anno che vedrà l’elezione del nuovo Parlamento Europeo e la nomina della nuova Commissione Europea.
Solo pochi giorni fa l’onnipotente capo di gabinetto di Juncker, il tedesco Martin Selmayer (che i nostri funzionari chiamano simpaticamente il Rasputin della Commissione) ha aperto le danze lasciando il suo posto per prendere la poltrona di Segretario Generale della Commissione. Questo per restare in sella anche il prossimo giro. I tedeschi hanno già cominciato, per avere ottime posizioni bisogna lavorare per tempo (possibilmente non come EMA, con rocamboleschi ricorsi alla Corte dei Conti europea ex post, che al massimo potrà comminare una sanzione all’Olanda, ma certo non ha il potere di annullare una decisione del Consiglio). E noi dobbiamo fare lo stesso, per avere possibilità di successo. Economia, antitrust, fondi, immigrazione, banche, manovre economiche: sono tutte materie che passano da Bruxelles, è quanto meno imprudente non tenerne conto.
Il dilemma nostrano Tajani si Tajani no, visto da Bruxelles, assume tutto un altro significato.
È proprio vero che il Cavaliere indicherà Tajani come presidente del Consiglio? Io non credo che lo farà, al momento della resa dei conti. E spiego perché.
L’Italia nel 2019 si troverà a perdere contemporaneamente sia la presidenza dell’Europarlamento, adesso nelle solide mani appunto di Antonio Tajani, sia la presidenza della Banca Centrale Europea, con Mario Draghi. Inoltre Federica Mogherini non sarà più Alto Rappresentante per la Politica Estera, anche se sarà probabilmente difficile accorgersene. Lo stesso Gianni Pittella, presidente del gruppo parlamentare dei Socialisti europei ha già fatto un passo indietro per uno scranno al Senato. Perderemo quindi tutti gli italiani nelle posizioni apicali, contemporaneamente.
Mentre i tedeschi si preparano ad occupare tutte le posizioni chiave, l’eventuale nomina di Tajani a premier in Italia toglierebbe l’unico italiano di peso a Bruxelles, spendibile per nuovi e ancora più rilevanti incarichi.
Con un buon governo alle spalle, in grado davvero di sostenere una sua candidatura e una figura così forte e autorevole a livello europeo, come è Antonio Tajani, l’Italia avrebbe davvero ottime possibilità di aggiudicarsi la poltrona più importante delle istituzioni comunitarie, cioè quella di Presidente della prossima Commissione, al posto di Jean Claude Juncker.
Come è noto sarà probabilmente la famiglia politica del Ppe, cui Tajani appartiene, ad esprimere ancora il Presidente della Commissione europea dopo il 2019.
Nei lunghi anni che ha passato nelle istituzioni comunitarie, Tajani ha ricoperto sia l’incarico di vice presidente della Commissione, che quello di presidente dell’Europarlamento. È riuscito a conquistarsi la fiducia e la stima dei colleghi parlamentari, degli alti funzionari della Commissione e anche delle cancellerie europee. Questo lo porta ad avere un’autorevolezza a livello di istituzioni comunitarie che davvero ne fa il candidato perfetto per la presidenza della prossima Commissione. Che mai potremmo avere con un altro candidato, con una storia diversa dalla sua.
Con un Governo capace di battere i pugni sul tavolo e di far valere le sue ragioni e la perdita simultanea di due poltrone chiave in Europa, come appunto l’Europarlamento e la Bce, l’Italia ha la concreta possibilità di aggiudicarsi, con Antonio Tajani, la presidenza della Commissione Europea nel 2019.
Berlusconi è un uomo che conosce gli equilibri internazionali e ben comprende cosa potrebbe voler dire, per l’Italia, aggiudicarsi la poltrona più importante che Bruxelles possa offrire. A urne chiuse anche di questo toccherà tenere conto.