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Verso il voto con partiti poco attenti al futuro e al capitale umano. Parla Paganetto

astensionismo

Mancano ormai sei giorni alle elezioni ma gli sfidanti continuano a disinteressarsi del futuro. Parola di Luigi Paganetto, professore emerito di Economia politica all’Università “Tor Vergata” di Roma, docente alla Scuola nazionale dell’amministrazione e presidente della Fondazione Tor Vergata Economia, che parlando con Formiche.net nota: “Leggendo i programmi presentati dai vari partiti balza agli occhi come i politici non investano nel futuro ma solo nel presente. Sembra che gli anni a venire sollecitino meno l’attenzione delle élite politiche”, spiega il professore secondo cui si compie invece “un errore gravissimo per i giovani, per le donne, per la formazione. Si continua a investire nel breve periodo ma sempre di più i cittadini si rendono conto che non trovano risposte al loro futuro e tutto questo si ritorcerà contro i politici. Pensiamo ai Neet, il 37% sul totale dei giovani: anche loro votano”. Secondo Paganetto nella classe politica del nostro Paese “deve crescere la consapevolezza che non si può pensare solo a domani mattina e che bisogna investire sul capitale umano. C’è un’esagerazione di promesse elettorali: perché non esageriamo promettendo più impegno sul capitale umano?”, domanda il docente del secondo ateneo romano secondo cui si scarseggia anche nell’interesse per far crescere competenze e innovazione. Il caso Embraco è emblematico: “La formazione professionale è dimenticata da molti anni – rileva – e invece pure in questo settore bisognerebbe far crescere le competenze dei lavoratori per migliorare la qualità dei prodotti ed evitare la fuga delle aziende all’estero”.

A corollario della poca attenzione al futuro e alla crescita delle competenze accade che “venga trattata poco e male la questione dell’education. Ricordo che in Italia il numero dei laureati è estremamente più basso che negli altri Paesi (il 24% a fronte, ad esempio, del 44% in Francia e in Olanda). Lo stesso discorso vale per l’educazione secondaria: in Francia manca il diploma al 22% delle persone, in Italia al 40%. Intanto però si fa un gran parlare di industria 4.0 e di nuove tecnologie”. Per accrescere il numero di laureati, però, la proposta presentata da Liberi e Uguali di esentare dal pagamento delle tasse universitarie “non funziona; viceversa si può sostenere chi fa gli esami con regolarità”. Riguardo al mondo accademico, poi, “occorrerebbe investire sulla qualità in modo da mettere gli atenei in competizione fra di loro e non cercare invece di renderli tutti uguali”.

Guardare poco al futuro si lega inoltre a un problema “gigantesco”, quello della scarsa occupazione femminile. “Si tratta di un’enorme perdita di capitale umano – evidenzia Paganetto -. La percentuale di donne occupate in Italia è molto più bassa rispetto alla media europea: in Germania è al 60%, in Francia al 65%, in Svezia al 78%, in Italia al 47%. Secondo un calcolo fatto qualche tempo fa, portare l’occupazione femminile dal 47% al 60% farebbe aumentare il Pil del 7%”. Il professore genovese non accetta l’obiezione secondo cui non si riesce neppure a far crescere l’occupazione maschile. “Nel mondo dei servizi, per esempio, occorrono competenze e qualità per cui le donne non solo possono mettersi in competizione con gli uomini ma risultano anche più brave. Dunque, la scarsa partecipazione femminile al mondo del lavoro toglie risorse al sistema Paese”. Non c’è dubbio, sostiene, che “ci troviamo di fronte a una situazione di difficoltà oggettiva che nasce da una serie di circostanze, a partire dalla conciliazione dei tempi di lavoro con i tempi di cura. Voglio citare l’esempio tedesco dove di recente è stata data ai lavoratori la possibilità di scegliere per tre anni il tempo parziale, una forma di flessibilità che indica come – dove c’è maggiore occupazione femminile – il problema della conciliazione riguardi anche gli uomini”.

Il rimedio però “non può essere quello che leggo in alcuni programmi elettorali ovvero il bonus fiscale a favore di chi fa i figli: non è efficace e non ha conseguenze automatiche”. La proposta di Paganetto è un’altra: “Secondo alcune valutazioni l’età prescolare è fondamentale per lo sviluppo del bambino ed è assolutamente decisiva per la capacità di elaborazione del pensiero. Molti Paesi stanno investendo in questo perché si è visto che i bimbi che hanno frequentato l’asilo nido sono avvantaggiati sul piano della formazione rispetto a quelli che non l’hanno fatto”. Investire nel welfare, e in particolare nella costruzione di asili nido, “non solo darebbe un vantaggio sull’imprinting della persona ma consentirebbe di dare una mano alle famiglie oltre che alle donne”. Semmai, aggiunge, “si potrebbe facilitare il loro ingresso nel mondo del lavoro con benefici fiscali”. L’aspetto singolare, nota, è che il tasso di natalità è più basso da noi che in Svezia dove l’occupazione femminile è molto più diffusa”.



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