Bisogna dirlo una volta per tutte. È inutile continuare a dare all’Europa la colpa per i guai dell’Italia. Roma ha bisogno di Bruxelles e Bruxelles di Roma. Punto. A tre settimane dal voto è tempo di iniziare a mettere in chiaro alcune cose. L’Europa unica e indissolubile, le riforme non certo da smontare e il completamento di alcuni processi comunitari, come l’unione bancaria. Antonella Dragotto (nella foto) capo ufficio stampa di Bankitalia e ora candidata con +Europa nei collegi Campania e Marche, non ha difficoltà a dare a Formiche.net una sua personale lettura della situazione.
Tutti gli occhi sono puntati oltre Oceano. Gli indici americani sono in calo, ora c’è il timore che la riforma fiscale faccia ripartire l’infrazione. Le ricadute si sono sentite anche nel vecchio continente. Lei come legge questa situazione?
Le inversioni di rotta del mercato borsistico possono avere varie cause. È indubbio, comunque, che gli Stati Uniti stanno crescendo da oltre un decennio. L’economia statunitense ha raggiunto livelli di crescita pre crisi. Negli Usa si sta raggiungendo la piena occupazione e c’è un generale rialzo dei salari, grazie anche agli effetti delle politiche fiscali dell’amministrazione Trump. Salari che crescono più rapidamente della produzione e dei prezzi innescano timori di crescita dell’inflazione e quindi di un’accelerazione della stretta monetaria già avviata dalla Fed. Le borse giocano sempre in anticipo. Non è escluso quindi che a determinare la correzione al ribasso dei corsi di borsa, vista nei giorni scorsi, sia stata la previsione di una fine della fase di espansione dell’economia americana e quindi previsioni di crescita dell’inflazione e del costo del denaro. Il segretario di Stato americano ha parlato di una normale correzione. Vedremo nelle prossime settimane quale sarà il trend. Certo la volatilità continua e si riflette anche sui mercati degli altri continenti e in Europa.
Eppure, pochi giorni fa, il presidente della Bce Mario Draghi ha sottolineato come la crescita economica nella zona euro è “superiore alle attese e significativamente al di sopra del potenziale”. Stiamo sulla strada giusta?
I dati pubblicati dalla Commissione Europea il 7 febbraio scorso sono chiari. La crescita in Europa si sta consolidando, ma non siamo ancora ai livelli pre-crisi. Le previsioni di crescita del Pil sono state riviste al rialzo per tutti i Paesi; il tasso di disoccupazione nell’area continua a ridursi . Sicuramente siamo sulla strada giusta. Tuttavia l’inflazione è ancora contenuta. È la ragione per cui il presidente Draghi ha dichiarato a Strasburgo che le misure espansive di politica monetaria saranno mantenute finché l’inflazione non si avvicinerà al 2%. La Bce manterrà i tassi bassi a lungo, anche oltre la fine del quantitative easing. La Bce resta impegnata nel suo obiettivo della stabilità dei prezzi. In questo c’è una differenza con la Fed che tra i suoi obiettivi statutari, oltre alla stabilità dei prezzi, ha anche la crescita e l’occupazione. È una differenza fondamentale tra le politiche monetarie della Fed e della Bce.
Lei sostiene che la creazione di un Mercato Unico dei Capitali è un passaggio fondamentale, insieme alla Unione monetaria e all’Unione bancaria, per una effettiva integrazione economica dell’eurozona. Può entrare più nel dettaglio?
Si, ne sono convinta. Mercato unico dei capitali significa abbattere le barriere transfrontaliere agli investimenti; consentire alle imprese, specie se medio piccole e specie se innovative, di poter accedere a forme di finanziamento, diverse dal credito bancario; reperire risorse a costi più contenuti. Un mercato unico facilita l’accesso al credito e il trasferimento di risorse da paesi che ne hanno in eccesso a paesi che ne hanno meno. Crescono le opportunità e gli strumenti su cui investire il risparmio. I partecipanti al mercato sono indotti ad essere più competitivi e trasparenti con conseguenti benefici in termini di efficienza del mercato stesso. Certo è un obiettivo impegnativo, anche perché, tra gli altri, c’è anche il problema della standardizzazione dei contratto che al momento rispondono alle logiche dei diritti nazionali. Ritengo sia un passaggio fondamentale insieme al completamento dell’Unione bancaria.
Veniamo all’Italia. Molte critiche vengono avanzate sui vincoli e sulle limitazioni che ci rivengono dall’aderire al disegno europeo e alla moneta unica. Si ritrova in queste critiche?
Da Europeista non posso ritrovarmi in queste critiche. Siamo tra i Paesi fondatori del progetto europeo e abbiamo aderito alla moneta unica quale passaggio necessario per proseguire lungo il percorso già iniziato dai nostri padri e nonni. Il punto debole di queste critiche sta nel non rendersi conto che se non saniamo le nostre debolezze, ed è un eufemismo definirle tali, non saremo un Paese credibile. Abbiamo un debito pubblico enorme e sforiamo i parametri europei. Ma anziché pensare a come risolvere il problema, continuiamo a parlare di trasferimenti di risorse dal pubblico al privato che comporteranno un incremento della spesa senza avere certezza sulle fonti di finanziamento. Non è molto serio. E non ci fa apparire seri agli occhi europei. Quindi bisognerebbe fare autocritica prima di accusare l’Europa.
È innegabile che abbiamo un’Italia a due velocità. Forte il divario tra nord e sud. Lei è candidata in Campania e nelle Marche. In che modo dall’Europa può arrivare un contributo allo sviluppo di questi due territori?
Il divario esiste, non possiamo nasconderlo. Le politiche di coesione fanno già da tempo affidamento sui “fondi strutturali” europei, a fronte di un costante calo degli investimenti nazionali. Siamo il secondo paese beneficiario: circa 42 mld per il periodo 2014-2020. Bisogna interrogarsi sulla nostra capacità di utilizzare efficientemente queste risorse. E la gestione di detti fondi da parte delle nostre regioni meridionali non può ancora definirsi ottimale. L’ accentramento di talune attività a livello europeo porterebbe ad una crescita del bilancio europeo e un bilancio più grande potrebbe svolgere una funzione di redistribuzione non solo tra paesi ma anche fra aree. L’Italia e il mezzogiorno non possono che trarne vantaggi. L’Europa ci chiama ad adottare le necessarie riforme strutturali per rendere l’economia più solida. lo ha fatto anche il Commissario agli affari economici. Se portate a compimento, queste riforme consentirebbero di assottigliare il divario anche all’interno del Paese. La logica dei sussidi pubblici funziona sino ad un certo punto, come del resto ha ampiamente dimostrato la storia recente e meno recente. Creare un ambiente favorevole agli investimenti significa ridurre le inefficienze della giustizia (questione invero nazionale ma ancor più rilevante al sud), eliminare gli oligopoli e le correlate rendite di posizione (privatizzazioni), sviluppare la formazione in modo da creare un capitale umano appetibile come in parte già quello del sud è. Infine liberare risorse per lo sviluppo infrastrutturale, vera catena al piede delle regioni meridionali.