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Lo spettro delle armi chimiche in Siria. Le preoccupazioni internazionali

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A breve sarà presentato il primo rapporto del consiglio di sicurezza sulla risoluzione del 24 febbraio che ha decretato la cessazione delle ostilità per 30 giorni in Siria per motivi umanitari. È probabile che il documento rispecchierà lo sfogo dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, Zeid Ra’ad al-Hussein, che la settimana scorsa dichiarò che “ciò che stiamo vedendo, a Ghouta Est e in altre zone della Siria, sono probabilmente crimini di guerra, e potenzialmente crimini contro l’umanità”.

Continua infatti incessante l’assedio e il martellamento dall’alto dell’enclave ribelle di Ghouta Est, sobborgo orientale di Damasco dove da anni alcuni gruppi ribelli resistono ai tentativi di riconquista del presidente Bashar al-Assad. Solo ieri gli strike aerei e i colpi di artiglieria avrebbero ucciso 12 civili, secondo il conteggio dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, calcolo che salirebbe a 17 secondo il Ghouta Media Center. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa denuncia che i residenti non escono di casa da settimane per paura dei bombardamenti. “Escono solo”, dichiara la portavoce del Comitato, “solo quando devono procurare del cibo per i più piccoli. E questo significa che hanno di fatto perso la loro vita, perché sta diventando davvero pericoloso stare al di fuori dei seminterrati”.

Non mancano, inoltre, resoconti di uso di armi chimiche: sanitari e attivisti riferiscono dell’uso della clorina da parte dei governativi. Una notizia che non lascia indifferenti gli Stati Uniti, che per bocca del capo del Pentagono James Mattis definiscono “molto poco saggio” il comportamento del regime siriano. “Penso che il presidente abbia chiarito come la pensi sin dall’inizio del suo mandato”, ha detto il generale, riferendosi al pesante raid punitivo dell’America ad aprile dopo che il regime aveva bombardato con il gas sarin un villaggio della regione di Idlib, Khan Shaykhoun. Dalle parole di Mattis non si evince se l’amministrazione americana sia pronta a colpire di nuovo la Siria. Ma chi ha orecchie per intendere intenda. Il n. 1 della Difesa Usa ne ha anche per la Russia, che definisce “o incompetente o in combutta con Assad”.

Ma evidentemente Assad e il suo alleato Vladimir Putin si sentono talmente al di sopra della legge, inclusa la risoluzione approvata dal Consiglio di Sicurezza il 24 febbraio, da aver addirittura intensificato in questi giorni le operazioni militari contro Ghouta. La strategia che stanno perseguendo è di dividere l’enclave in sezioni isolate così da tagliare le linee di collegamento e rifornimento usate dai ribelli. Combattimenti intensi sono in corso nei margini orientali dell’area ancora sotto il controllo di una delle formazioni militati più agguerrite, Faylaq al-Rahman, che è parte dell’Esercito Siriano Libero. Secondo alcune voci, smentite dai diretti interessati, il gruppo starebbe negoziando l’uscita dall’enclave.

L’Esercito siriano, secondo quanto riferiscono media di Hezbollah, fa sapere di aver praticamente tagliato in due l’enclave e di aver isolato completamente la città di Douma, l’insediamento più grande. Un membro del consiglio di Douma, Iyad Abdelaziz, fa sapere ad Associated Press che le autorità locali e i residenti stanno ora considerando l’evacuazione. “L’idea di partire prima era rifiutata del tutto”, dice Abdelaziz, “ma ora con il regime che avanza e con l‘assedio che si stringe, sono in corso dei negoziati”.

Ma l’opzione dell’evacuazione, che rappresenterebbe la vittoria della strategia governativa, si rivela problematica per più motivi. In teoria, a Ghouta ci sarebbero i corridoi umanitari aperti dal regime per permettere a chi vuole farlo di uscire, ma in pochi lo hanno fatto. Oltre ad avere paura dei bombardamenti, la gente teme di essere coscritta forzatamente, o di essere detenuta arbitrariamente o che le si impedisca di fare ritorno a casa. “Nessuno si sente sicuro a consegnarsi al regime e sperare di essere trattato ancora come un cittadino normale”, commenta Abdelaziz.

Ma la macchina della propaganda russa non fa sconti e annuncia che ieri sono stati evacuati 52 civili, inclusi 26 bambini, dopo un negoziato con le autorità locali. Secondo la Difesa di Mosca, questi civili, abitanti della città di Misraba, sarebbero stati portati in un campo profughi temporaneo dove starebbero ricevendo cure mediche.

Venerdì nel frattempo si riunirà a livello ministeriale il gruppo di Astana, che comprende Russia, Turchia e Iran su invito del presidente del Kazakistan Nursultan Nazarbayev. Il gruppo è l’organismo che prende le decisioni sulla gestione delle cosiddette “zone di tregua”, che comprendono anche Ghouta Est. Gli argomenti di cui parlare, in Kazakistan, non mancheranno, a partire dalla conduzione di un assedio – quello di Ghouta – che ha attirato su Assad, Putin e i loro alleati l’indignazione del mondo.


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