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Operazione Ramoscello d’ulivo. Così Erdogan cinge d’assedio Afrin

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Non c’è solo l’assedio di Ghouta Est da parte del regime di Assad e del suo alleato russo a determinare la violazione del cessate il fuoco decretato per la Siria con la risoluzione approvata dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu il 24 febbraio scorso. Anche più a nord si combatte e non meno intensamente, anche se i protagonisti sono diversi: si tratta delle truppe di Recep Tayyip Erdogan, che ieri ha centrato un obiettivo strategico della sua operazione denominata “Ramoscello d’ulivo”, lanciata il 20 gennaio scorso: il completo accerchiamento della città di Afrin, dove sono asserragliati i militanti curdi dell’Ypg che Ankara considera “terroristi”.

Alla discussione sulla Siria avvenuta in Consiglio di Sicurezza lunedì, il Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres aveva sottolineato che le operazioni militari turche nel cantone di Afrin “sono risultate in significativi spostamenti di popolazione e in numerose vittime e danni alle infrastrutture”. Secondo la mezzaluna rossa curda, finora sono morti 230 civili, inclusi 35 bambini, mentre i feriti sono 688. Pesante il bilancio tra le fila dei difensori curdi: secondo la Turchia sono 3.393 i “terroristi” neutralizzati, ossia uccisi, feriti o catturati. Ma anche la Turchia, e i ribelli siriani a lei coalizzati, piangono i loro morti. E nella conta bisogna mettere anche otto miliziani siriani che facevano parte delle pattuglie che il presidente Assad ha mandato a sostegno dei curdi.

Con l’operazione Ramoscello d’ulivo, la Turchia si prefigge di mandare il cantone di Afrin dalla presenza dei miliziani dell’Ypg e dai membri del partito Pyd, che Ankara considera organici ai militanti curdi turchi del Pkk. Dopo settimane di manovre che hanno consentito alle forze turche di catturare 1.300 chilometri quadrati e numerosi villaggi e città, le truppe di Ankara e i ribelli siriani loro alleati sono giunti ormai nei pressi della città di Afrin, e ora si accingono ad assediarla.

L’osservatorio siriano per i diritti umani conferma che le forze turche e ribelli hanno circondato Afrin e controllano tutti i villaggi circostanti. La città è accerchiata “da tutte le direzioni”, spiega il portavoce dell’Ypg, Nouri Mahmoud. Ieri è stata presa di mira sistematicamente dall’artiglieria turca, che ha causato la morte di almeno sette persone Una fonte curda conferma che tutte le strade che portano alla città sono ora bersagliate dai colpi di mortaio.

In città è il panico. Manca l’acqua potabile, perché i turchi la settimana scorsa hanno preso il controllo della principale diga del nordovest della Siria e dei relativi impianti idrici. “I lavoratori locali”, ha confermato l’ufficio Onu per gli affari umanitari, “non sono più in grado di accedere ai controlli della diga per pompare l’acqua. Il flusso di acqua è stato tagliato” “L’acqua è stata completamente tagliata perché l’esercito turco ne ha preso il controllo”, sottolinea il portavoce dell’YPG ad Afrin, Birusk Hasaka, per il quale i civili “dipendono dai pozzi per prendere l’acqua e non ce n’è abbastanza, e inoltre non è buona per bere”. C’è carenza di pane, e le agenzie riferiscono di lunghe code nelle uniche panetterie rimaste aperte.

Da giorni ormai la popolazione si è data alla fuga, dirigendosi in aree limitrofe controllate dal governo siriano. E sebbene le autorità curde riferiscano di aver impedito ai civili di transitare dai checkpoint, la BBC riferisce che almeno 830 famiglie hanno abbandonato la città ieri seguendo altre strade. È molto probabile che l’esodo continui nelle prossime ore.

Erdogan ieri era gongolante: l’accerchiamento di Afrin “sarà completato entro stanotte”, ha detto il rais citato dall’agenzia Anadolu news. “Libereremo Afrin dai terroristi”, ha aggiunto, “libereremo Manbij”, che dista cento chilometri da Afrin, “e la riva est del fiume Eufrate fino al nostro confine con il Nord dell’Iraq.

La sorte di Afrin ora è appesa ad un certo numero di incognite. Non è chiaro se Erdogan deciderà per l’attacco: potrebbe accontentarsi di aver raggiunto l’obiettivo di intimidire i militanti dell’Ypg per rendere docili loro e i loro alleati americani. Nelle prossime ore si susseguiranno senz’altro telefonate roventi tra Erdogan e i colleghi di Washington e Mosca. Ma dagli Stati Uniti il presidente turco non vuole sentire ragioni: troppo arrabbiato per il sostegno che l’America ha fornito negli ultimi due anni all’Ypg nel contesto della lotta allo Stato islamico. Erdogan potrebbe essere più ricettivo nei confronti di Vladimir Putin, che però in Siria sta giocando una partita tutta sua e non si dispiace di vedere due alleati Nato come America e Turchia ai ferri corti. Infine, al Consiglio di Sicurezza, lunedì, gli Stati Uniti hanno proposto una nuova risoluzione e un nuovo cessate il fuoco per la Siria, ma non è detto che Erdogan, che non ha rispettato la prima, lo faccia con la seconda.

L’unica realtà certa è che in questo momento centinaia di migliaia di persone sono accerchiate ad Afrin dall’esercito turco, e che i colpi dell’artiglieria sono insistenti.


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