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Il pressing della finanza internazionale sull’Italia, ecco cosa scrivono FT e Wsj

Di Rino Moretti
Elezioni, pasquino

L’economia e la finanza italiana vogliono un governo. E lo vogliono in fretta. Continuare a tentennare nell’attesa di capire se qualcuno, Luigi Di Maio o Matteo Salvini che sia, ha i numeri per mettere in piedi un esecutivo dalle fondamenta solide, potrebbe essere deleterio per il Paese. Il monito arriva direttamente da Financial Times, che ha sondato diversi ambienti finanziari italiani, ottenendo un messaggio forte e chiaro. Al Paese che ha da poco agganciato la ripresa, seppur ancora anemica, serve stabilità. Tradotto, i partiti e i loro leader siano responsabili, mettano da parte le bandiere e agiscano nel bene del Paese. Ma lo facciano con criterio e moderazione, per evitare che il prevalere di una forza sull’altra possa dare vita a un’esplosione populista in grado di spaventare i mercati.

D’altronde, scrive il quotidiano britannico, che ha sentito il parere di diversi imprenditori e top manager, dal ceo di Intesa, Carlo Messina, a Marco Tronchetti Provera di Pirelli e Rodolfo De Benedetti della holding Cir, “dopo l’inconcludente risultato delle elezioni di domenica 4 marzo, il mondo degli affari italiano invita i partiti a dar prova di moderazione e di
una veloce dimostrazione di stabilità politica”.  Nonostante il fatto che i mercati non abbiano affatto reagito al voto in Italia, (Piazza Affari il lunedì post voto ha chiuso con un modesto -0,49%) secondo il FT, “il mondo economico tricolore è preoccupato dal rischio che l’emergere di forze populiste inesperte e con visioni euro-scettiche possa risvegliare il fantasma della sfiducia nei confronti della stabilità dei conti dello Stato: un fantasma rimasto dormiente dopo la crisi dell’euro che fece impennare in particolare i tassi di interesse dei titoli italiani”. Auspicabile dunque, indicare un premier che sia figura di garanzia, autorevole, in grado di assemblare le due anime uscite vincitrici dalle urne, Lega e Cinque Stelle.

Anche perché, qui arriva un’altro allarme, stavolta dal Wall Street Journal, tirare troppo per le lunghe potrebbe aumentare sensibilmente il rischio di una crisi del debito sovrano. Una probabilità più alta dopo le elezioni, anche perché il voto ha confermato che gli italiani continuano a non riconoscere la causa dei problemi del loro Paese”. Addirittura, si chiede il quotidiano statunitense,  “l’area dell’euro dovrebbe forse dotarsi di strumenti per affrontare una crisi in Italia come quella che ha colpito la Grecia, e forse addirittura prevenirla? Oppure dovrebbe aspettare che i mercati concludano che i debiti della terza economia dell’Unione europea sono insostenibili e che poi risanino il caos?”.

Sotto accusa della finanza c’è poi la scarsa lucidità dei partiti nell’individuare i veri problemi dell’economia italiana. Nel corso della campagna elettorale verso il nuovo go, scrive, ancora il Wall Street Journal, “la colpa della pessima performance economica dell’Italia è stata attribuita all’ortodossia fiscale dell’Ue, che richiedeva austerità in risposta alla crisi finanziaria globale, privando l’economia della domanda interna. In questo modo, gli italiani non solo si sono assolti dalla responsabilità per le proprie sventure, ma hanno anche ignorato le chiare lezioni arrivate dalle robuste riprese in altre zone dell’eurozona”. Come a dire, è colpa dell’Europa, non di chi ha governato.

Di qui, il j’accuse. “Durante le elezioni non c’è stato alcun dibattito su come affrontare quello che gli investitori identificano come le due maggiori sfide per l’Italia: un sistema giudiziario poco efficiente e una pubblica amministrazione inefficiente. Invece, i partiti hanno tentato di superarsi reciprocamente con spericolate promesse fiscali e si sono impegnati a cancellare le riforme
precedenti”.



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