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L’informazione e le sfide della nuova legislatura

COPERTINA
“L’Italia e l’Europa stanno vivendo cambiamenti epocali per il futuro dell’informazione digitale e della produzione e diffusione dei contenuti in Rete. Occorrono scelte coraggiose e politiche illuminate che possano coinvolgere attivamente tutti gli attori in campo e assicurare la crescita sociale ed economica del mondo dei media e un corretto funzionamento della web democrazia, nell’interesse degli utenti“.

Si preannuncia di estremo interesse l’ultimo volume appena pubblicato da Ruben Razzante, docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma, che, con l’ausilio di autorevoli esponenti delle istituzioni e delle categorie coinvolte nella produzione e diffusione di contenuti in Rete, stila una sorta di agenda delle cose da fare nella diciottesima legislatura per ridare ossigeno al mondo dell’editoria, soprattutto online. “L’informazione che vorrei. La Rete, le sfide attuali, le priorità future”, edito da FrancoAngeli, di cui Ruben Razzante ha curato la pubblicazione, intende essere una sorta di manifesto programmatico per la prossima legislatura, che spieghi a un pubblico generalista, dal punto di vista degli addetti ai lavori (authority, motori di ricerca, editori, giornalisti, professionisti della comunicazione, manager del settore, esperti), quali saranno gli impegni che Parlamento e Governo dovranno prendere in questi ambiti e quali saranno le sfide più impegnative e avvincenti che attendono l’Europa multimediale e digitalizzata.

Gli undici soggetti che hanno prodotto un saggio ciascuno tra quelli contenuti nel volume sono, in rigoroso ordine alfabetico: Marcello Cardani, Elio Catania, Maurizio Costa, Carlo D’Asaro Biondo, Pasquale D’Innella Capano, Luciano Fontana, Giovanni Pitruzzella, Lorenzo Sassoli de Bianchi, Franco Siddi, Antonello Soro e Carlo Verna.

Ma i saggi più corposi sono proprio quelli di Ruben Razzante, che nell’introduzione compie una documentata e argomentata analisi di scenario sull’attuale stato delle cose e sulle strategie da varare per assicurare il diritto all’informazione agli utenti in Rete e una efficace tutela dei loro diritti e, nelle conclusioni, sviluppa una serie di proposte operative, riassumendo il contenuto dei saggi scritti dagli altri. Il nuovo volume curato da Razzante va letto con attenzione proprio per comprendere le direzioni che sta prendendo il cambiamento dei paradigmi dell’informazione e della comunicazione in Italia e in Europa e gli strumenti che operatori e utenti hanno a disposizione per governarlo. Ruben Razzante analizza le prospettive e gli sviluppi possibili dei media tradizionali e affronta i temi della diffusione in Rete di fake news, della protezione dei diritti in Rete, della valorizzazione della professione giornalistica e della riforma della governance Rai.

Ne ho parlato con Ruben Razzante.

Ruben Razzante
Ruben Razzante

Professor Razzante, l’idea del libro come è maturata?
Volevo mettere nero su bianco gli interventi a mio avviso necessari e urgenti per migliorare il mondo dell’informazione nel nostro Paese e ho deciso di farlo, in concomitanza con l’avvio della nuova legislatura, avvalendomi dei pregevoli contributi di alcuni dei più competenti e importanti soggetti che si muovono in quel settore. Spero di esserci riuscito.

Secondo lei quali sono le cose più urgenti da fare?
Non tutto si può fare con le leggi nazionali, anzi direi che si può fare relativamente poco. Sarà decisivo quanto decideranno le istituzioni comunitarie. Ma il ruolo delle Authority di ciascuno Stato può risultare decisivo, così come la spinta all’autoregolamentazione da parte dei colossi della Rete, senza dimenticare l’ autotutela, cioè la nostra sensibilità e cautela nel pubblicare informazioni che ci riguardano e delle quali perdiamo il controllo. Il grosso, però, lo ribadisco, va fatto in Europa e da parte delle organizzazioni internazionali.

Come sta la democrazia dell’informazione?
I recenti scandali relativi alle fake news in campo politico ed elettorale fanno pensare a un modello di democrazia in crisi, negli Usa ma anche in molti Stati europei, e a una sistematica alterazione della volontà popolare. Non facciamo tuttavia l’errore di demonizzare la Rete, dimenticando i condizionamenti che per decenni i media tradizionali hanno tentato di esercitare sul consenso elettorale, magari in modo più palese, sfacciato e riconoscibile rispetto a quanto accade oggi nel web, dove le manipolazioni sono più subdole, ma dove esistono maggiori opportunità di verifica delle notizie, attraverso navigazioni veloci e comparazioni tra siti.

Come rendere più riconoscibili e valorizzabili le informazioni di qualità che viaggiano in Rete?

Purtroppo le informazioni di qualità viaggiano in modo confuso, nel senso che non sempre sono facilmente riconoscibili e distinguibili da quelle prodotte da avventurieri, dilettanti e sciacalli. Occorre che i motori di ricerca e gli altri colossi della Rete facciano fronte comune con gli editori tradizionali, cosa che sta in parte già accadendo, per valorizzare i contenuti professionali e in grado di fornire all’opinione pubblica una conoscenza puntuale e affidabile dei dati di realtà.

Qual è la sua proposta per la riforma della governance della Rai?
Per dare attuazione al nuovo contratto di servizio, appena varato, occorrerà puntare sull’autonomia, la qualità, l’interattività e la digitalizzazione. In particolare, l’integrazione col web e l’apertura alle istanze degli utenti sono strategicamente fondamentali per una gestione autonoma dalla politica e per la tutela di parametri e standard di qualità, con l’obiettivo di avvicinare la Rai a modelli più evoluti come quello della Bbc.



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