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“Die Schulz-Story”, breve storia degli errori “stupidi” di Schulz

Hillary Clinton, dopo la sconfitta subita contro Donald Trump, disse che per riacquistare le forze aveva fatto affidamento a “un bel po’ di Chardonnay“. Martin Schulz, dopo essere stato messo all’angolo dal suo partito, ha deciso di fare affidamento alla penna, prendendo parte a un libro-intervista che più che un biografia degli ultimi mesi somiglia a un’autocritica degli ultimi anni, un mea culpa che rilascia però anche un odore di vendetta. Ecco cosa si dice in “Die Schulz-Story“, il regolamento dei conti interno all’Spd firmato Schulz.

SONO STATO INGENUO

I primi estratti di questo libro sono stati pubblicati dallo stesso autore, il giornalista del quotidiano Der Spiegel Markus Feldkirchen. Volendo fare un breve sunto questo è un racconto a tappe dei principali errori commessi dall’ex leader dell’Spd, già presidente del Parlamento Europeo, come anche una storia di come se ne sono viste poche in Germania: un drammatico capitombolo di un politico tedesco causato dall’accumularsi di sbagli strategici.

Il primo è stato compiuto quando ha accettato di portare avanti i negoziati con l’Unione, dopo aver fatto dello slogan “mai più una GroKo” il proprio grido di battaglia in campagna elettorale. “Ho sbagliato, in realtà non avrei dovuto intraprendere quella svolta”. Eppure l’ha fatto perché, dice, rispetta le regole, perché se il grande capo (Frank-Walter Steinmeier) invia un ordine, bisogna eseguirlo e basta. “Quando il presidente ci ha chiamati in causa, non potevo dire di no, ma lì avrei avrei dovuto dimettermi perché – chiosa Schulz – ho giudicato male la mancanza di credibilità” che sarebbe derivata da quella scelta, “davvero molto male”, precisa l’ex leader di partito. Eppure il rigore da bravo scolaretto l’ha fatto desistere: “La mia disciplina è diventata la mia rovina”.

SONO STATO IL CAPRO ESPIATORIO

Il 10 in condotta si è però rapidamente trasformato in un 6, perché rispondendo affermativamente al maestro (il presidente della Repubblica federale), ha fatto un torto ai compagni (gli altri membri dell’Spd), scatenando disordine nell’aula. Eppure, secondo Martin Schulz, i problemi erano presenti già da prima e lui, alla fin fine, è stato semplicemente “il capro espiatorio perfetto per tutto ciò che il partito ha fatto di male per anni”.

Rimasto in carica come presidente del Parlamento Europeo fino al 17 gennaio 2017, nel marzo dello scorso anno Martin Schulz è stato nominato leader dell’Spd, cavallo di battaglia di una difficile campagna elettorale che l’avrebbe portato alla rovina. Il partito social-democratico era in caduta libera da tempo ma, appena arrivato, si riscontrò un effetto positivo, chiamato “effetto Schulz”, che svanì nel nulla appena cominciarono i primi dibattiti con Angela Merkel. E da lì è iniziata una lunga e rovinosa campagna, finita per lui nel fango. “Mi sono consegnato ai miei avversari”, ha continuato Schulz. Ma interni o esterni all’Spd?

MA NON SONO UN FALLITO (POLITICAMENTE)

I negoziati iniziavano e lui rimase al suo posto, le voci interne di indignazione cavalcano ma lui pensava di fare la cosa giusta. Eppure il lento logoramento era appena iniziato. “Pensavo fosse illogico che un partito prende una decisione e che il suo presidente non ne faccia parte”, e dunque continuò nei negoziati, in cui l’Spd ne uscì senza dubbio vincente. Esaltato dal fatto di aver raggiunto un buon accordo nonostante il pessimo risultato registrato alle elezioni di settembre, Schulz rivendicò il ministero degli Esteri, informando il compagno di partito e ministro uscente Sigmar Gabriel.

L’Spd insorse: Schulz doveva seppellire le sue ambizioni e dimettersi dalla guida della social-democrazia tedesca. “Tutta l’indignazione scaturita attorno al mio desiderio di diventare ministro degli Esteri è stata probabilmente perché molti, alla base del partito, mi ritenevano un politico atipico e poi sono semplicemente rimasti scioccati che stessi portando avanti una mossa classica da politico”. Probabilmente, spiega Schulz, qualsiasi altro leader sarebbe stato perdonato, “Io no.” Il grido di vendetta, a questo punto, si fece sentire con forza. “Penso di non aver fallito politicamente, ma di essere stato parzialmente schiacciato nelle strutture del partito”.

In ultimo Schulz ha dichiarato che quello elettorale “è stato un anno estenuante” e ha detto che non sa se mi tornerà mai in forma: “Penso che mi ci vorrà un anno e mezzo per riacquistare le forze”. Consiglio non gradito: lo Chardonnay, a quanto pare, aiuta.

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