Dallo spazio profondo all’intelligenza artificiale, passando per la creazione e le neuroscienze. I temi su cui scienza e teologia si dividono sono all’apparenza molti, eppure non è così. Esse viaggiano su binari paralleli e complementari, in alcuni casi essenziali l’una all’altra. Se la scienza ci spiega il come, è la teologia a indicare il perché. È quanto emerso ieri dall’insolito dibattito andato in scena al Maxxi di Roma, che ha coinvolto il presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) Roberto Battiston e il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, considerato una delle maggiori figure del pensiero religioso contemporaneo, esperto biblista ed ebraista. Moderati da Vincenzo Napolano, il fisico e il teologo hanno dialogato su “Scienza e religione: frammenti di verità”.
LE PAROLE DEL TEOLOGO…
Sul binomio scienza-fede si sono scritti migliaia di libri, eppure il tema continua ad affascinare ed alimentare una serie di interrogativi. Una cosa è assodata da secoli: religione e scienza non sono opposti ma complementari. Lo ha ribadito ieri sera lo stesso cardinal Ravasi, prendendo come esempio il dialogo “tra la narrazione scientifica e la narrazione biblica della creazione”. Se il compito della scienza “non è dimostrare tutto, ma piuttosto chiedersi come avviene tutto questo”, la domanda “della Bibbia è perché avviene”. In altre parole, “la scienza ci presenta la scena, mentre la teologia si interroga sul suo fondamento”, ha spiegato. “Esiste dunque – ha aggiunto il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura – un percorso sul quale legittimamente deve camminare lo scienziato, e uno parallelo che è legittimamente percorribile dal filosofo e dal teologo”. In tale senso, la ricerca scientifica “è umiltà, è consapevolezza che la verità è più grande; il grande scienziato e il grande teologo non è colui che dà tutte le risposte, ma colui che pone sempre le vere domande, le domande necessarie”. Proprio per questo la teoria delle “convergenze parallele tra scienza e teologia ha un suo fondamento; i punti di contatti ci sono”, ha rimarcato Ravasi. D’altronde, “abbiamo bisogno l’uno dell’altro; la mera biologia non basta per parlare della vita”.
…E QUELLE DEL FISICO
Per Roberto Battiston, fisico sperimentale, specializzato nel campo della fisica fondamentale delle particelle elementari, scienza e teologia “sono due pensieri che si declinano in tanti modi mantenendo eguale dignità”. La differenza tra le due consiste nella distinzione tra “il descrivere” affidato alla prima e “il descriverci” che è invece riservato alla seconda. In tal senso, il ruolo della teologia è diventato via via più importante con l’ampliamento delle conoscenze umane sulla cosmologia. “Per millenni abbiamo pensato di essere al centro dell’universo, ma poi ci siamo riscoperti sempre più periferici, e addirittura fatti di una materia di scarto”, ha spiegato il presidente dell’Asi. Dalla scoperta che la Terra non è al centro dell’universo, siamo passati a scoprire che la nostra stella non è fissa, ma che fa parte di un sistema che, a sua volta, è inserito in una delle milioni di galassie che compongono l’universo. Recentemente, ha aggiunto Battiston, abbiamo scoperto che “siamo fatti di una materia che non è dominante nell’universo; la nostra materia, fatta di elettroni, protoni, qualche neutrino e un po’ di fotoni rappresenta il 4/5% di un totale che è per il 95% oscuro e misterioso”. Per secoli dunque “ci siamo portati via via verso la periferia dell’esistenza, ma al tempo stesso siamo stati capaci di guardare fino alle origini, fino a pochissimi istanti dopo il Big Bang”.
LA QUESTIONE DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Dalla cosmologia all’intelligenza artificiale il passo è breve, soprattutto perché gli interrogativi sono pressoché gli stessi. Tra i campi di ricerca che più alimentato domande di natura etica, morale e religiosa, l’IA è forse quello su cui si dibatte maggiormente. “Si tratta certamente di una realtà preziosissima”, ha detto Ravasi. Eppure, “oltre ai problemi che ci risolve”, dobbiamo pensare “a quanti ne pone dal punto di vista economico e sociale”. A preoccupare il cardinale è soprattutto l’intelligenza artificiale definita “forte”, per cui il desiderio “del costruttore è far sì che la macchina sia capace di coscienza”. Ciò lascia molti dubbi a Ravasi che sospende il giudizio con alcuni interrogativi: “Sarà possibile? Ma soprattutto, sarà veramente uguale a ciò che siamo noi?”.
Ha meno dubbi Roberto Battiston, che si dice convinto che “lo sforzo collettivo che negli ultimi secoli ci ha permesso di superarci dandoci la possibilità di volare e guardare nello spazio profondo, ci permetterà di superarci anche nelle categorie del pensiero con macchine che saranno in grado di provare dolore e di innamorarsi”. Ciò, ha ribattuto il cardinal Ravasi, pone però “domande gravi”. La questione riguarda soprattutto le neuroscienze, e cioè quei casi in cui le macchine, connesse al corpo umano, potrebbero interferire “sulle dinamiche che riguardano l’etica, la coscienza, l’anima e la produzione simbolica ed estetica”. Questo è rischioso, e rappresenta un orizzonte su cui bisognerebbe “per lo meno procedere facendo sì che prima ancora di facili risposte, si facciano le giuste domande”.
GLI INCONTRI AL MAXXI
Il dialogo tra Battiston e Ravasi, moderato dal comunicatore scientifico dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) Vincenzo Napolano, si inserisce nella serie di incontri che il Museo romano ospita nell’ambito della mostra Gravity, dedicata a “immaginare l’universo dopo Einstein”. I prossimi appuntamenti, tutti a ingresso libero grazie a Enel, vedranno la partecipazione dell’astronauta dell’Agenzia spaziale europea (Esa) Samantha Cristoforetti, dell’ingegnere aerospaziale Amalia Ercoli Finzi, artefice della missione Rosetta e prima donna italiana a laurearsi in ingegneria spaziale, dell’artista Laurent Grasso e del neurobiologo britannico Semir Zeki.