Vittorio Sgarbi è un critico d’arte di qualità divenuto nel tempo interprete di stesso in un personaggio televisivo spesso discutibile. Alle ultime elezioni voleva fare un partito con Giulio Tremonti, dedicato al Rinascimento italiano. Alla fine si è fatto candidare nel collegio uninominale contro Di Maio. Ma ha perso, ovviamente, ma non senza condurre una campagna comunicativa in stile Sgarbi lanciando epiteti ormai usuali inneggiando l’ignoranza dell’avversario.
Durante le elezioni questi toni “vivaci” possono starci anche se ottengono l’effetto di far apprezzare chi riceve gli attacchi, tanto più se risponde sorridendo e senza cadere nella trappola del turpiloquio. Ieri però il fu rinascimentale candidato l’ha fatta grossa. Rilanciato da Dagospia, ha insinuato circa i comportamenti sessuali di Di Maio ed il rapporto con uno dei suoi più stretti collaboratori.
Francamente, un punto così basso non si ricordava da tempo. Non ci sono molto parole per esprimere il disgusto per questa miserevole uscita. Essendo stato il candidato del centrodestra ed essendo una figura che percepisce compensi dal sistema mediatico di Berlusconi, c’è da augurarsi che il leader di Forza Italia riesca a dire chiaro e tondo che questa vergogna non ha nulla a che vedere con quel presidio di libertà che lui ama definire il suo partito. Una schifezza è solo una schifezza e non può avere alcuna giustificazione politica.