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Le Nazioni Unite svelano i dettagli dei crimini di guerra in Siria. Una vergogna per l’umanità

crimini

Quando si pensa ai crimini contro il popolo siriano, la prima cosa che viene in mente è il rais di Damasco Bashar al-Assad. Basti ricordare il cessate il fuoco decretato dalle Nazioni Unite dieci giorni fa e violato sistematicamente dalle forze governative, che prendono di mira e bombardano a tappeto il sobborgo damasceno di Ghouta Est. Per inciso, sono 94 le persone morte a Ghouta nella sola giornata di lunedì, secondo la Union of Medical Care and Relief Organization. E non ci sono stati solo questi misfatti a Ghouta. Nel conto bisogna anche mettere il convoglio umanitario, il primo ad arrivare a Ghouta da tre mesi, che è stato costretto a rinunciare alla propria missione: altra violazione di una risoluzione pensata specificamente per portare aiuti alla popolazione sofferente.

Di Assad ricordiamo anche l’uso lo scorso aprile del gas sarin contro i civili di Khan Shaykhoun, con una bomba sganciata da un aereo dell’aviazione siriana partito da Shayrat, gesto che fu punito da Donald Trump con un attacco missilistico contro la base siriana. Ma di attacchi chimici, secondo l’ONU, Assad ne avrebbe compiuti almeno 33 in tutta la guerra, compreso quello più famoso, compiuto proprio a Ghouta nel 2013, che uccise centinaia di persone e inaugurò una crisi che si tramutò in farsa: la promessa delle potenze occidentali, e dell’America in particolare, di provvedimenti militari contro la Siria in caso di oltrepassamento della “linea rossa” (l’eventuale uso di armi di distruzione di massa) non fu mantenuta e si trasformò in un accordo, voluto da Mosca, in base al quale Damasco consegnava alla comunità internazionale tutto il suo arsenale di armi di distruzione di massa. Una macchia nella reputazione di Barack Obama che Trump ha pensato bene di togliere immediatamente quando Assad, con l’attacco a Khan Shaykhoun, ricadde nell’errore.

Se sulla condotta funesta della guerra da parte di Assad si possono dire molte cose, la United Nations Commission of Inquiry on Syria ci ha permesso ieri di fare luce sulle ombre che gravano sulle altre forze che combattono in Siria. Nel suo quindicesimo rapporto, realizzato conducendo 500 interviste confidenziali fatte via social a vittime e testimoni che non vivono più in Siria (il regime proibisce queste attività nel suo territorio), e che copre i fatti risalenti agli ultimi sei mesi, il panel onusiano ha svelato che anche la Russia, la coalizione a guida americana e la coalizione curdo-araba delle Forze Democratiche Siriane non hanno la coscienza a posto.

“Tutte le parti condividono la colpa per aver completamente ignorato le regole della guerra o per non essere riusciti a proteggere adeguatamente i civili”, ha dichiarato ai reporter il presidente del panel Paulo Sérgio Pinheiro. Il quale sottolinea come nei sei mesi coperti dal rapporto “le vittime del conflitto siriano abbiano sofferto grandemente a causa dell’innalzarsi del livello della violenza in tutto il paese”.

In merito alle malefatte della Siria, il rapporto sottolinea anzitutto che il regime ha fatto più volte uso di armi chimiche contro i ribelli. Lo ha fatto a Ghouta est, incluse tre volte con il cloro a luglio, e nella città di Harasta a novembre. Ma la perversione di Assad va oltre, sottolinea la United Nations Commission of Inquiry on Syria. Basti pensare che gli “aiuti umanitari sono stati strumentalizzati come arma di guerra con assedi e negazione di assistenza vitale per forzare le comunità civili e le parti ad arrendersi o a morire di fame”, precisa il rapporto.

Sulla Russia, gli investigatori notano che “abbiamo osservato per molto tempo i bombardamenti aerei” in cui sono coinvolti aerei di Mosca. E per la prima volta hanno trovato riscontro di un crimine. Secondo il panel, un aereo russo con armi senza guida ha compiuto uno strike su un mercato ad Atareb, ad est di Aleppo, nel pieno di una zona “de-escalation”, uccidendo almeno 84 persone e ferendone 150. E sebbene non ci sia la prova che il mercato sia stato preso di mira deliberatamente, “questo attacco ammonta ad un crimine di guerra perché è costituito da un attacco indiscriminato che ha provocato morti e feriti”. Il presidente Pinheiro sostiene che “in base alla legge umanitaria internazionale usare certe armi in aree civili ammonta automaticamente ad un crimine di guerra”.

Nel mirino degli investigatori Onu sono finiti anche tre raid della coalizione Usa condotti in una scuola di Raqqa, l’ex capitale del califfato, nel marzo 2017. L’attacco portò alla morte di 150 persone, un numero cinque volte superiore a quello riconosciuto dal Pentagono. Secondo quest’ultimo inoltre nella scuola stazionavano miliziani dello Stato islamico, ma il panel non è di questo avviso e ritiene che la coalizione abbia violato la legge internazionale per non essere riuscita a proteggere civili. Di qui l’invito di Hally Megally, membro del panel, alla coalizione a guida Usa di “investigare” sull’incidente, invito rivolto però anche alle autorità russe “ora che abbiamo portato questi incidenti alla luce e presentato i nostri risultati”.

La commissione ne ha anche per le Forze Democratiche Siriane (SDF), colpevoli di aver internato 80 mila civili che erano fuggiti dalle zone in cui erano in corso i combattimenti contro lo Stato Islamico, in particolare attorno a Raqqa e Deir ez-Zour, col proposito di verificare se fossero o meno affiliati al gruppo jihadista. Le SDF sono accusate di detenzione illegale ed arbitraria per aver trattenuto forzatamente per lungo tempo in appositi campi uomini, donne, bambini e persino disabili.

Sotto la nebbia della guerra, come direbbe von Clausewitz, si compiono tante nefandezze. Il quindicesimo rapporto della United Nations Commission of Inquiry on Syria ci dice che dai tempi del generale prussiano non è cambiato granché, se non nella gravità e intensità dei fatti.



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