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Occhi in alto: cadono stazioni spaziali. Possibile impatto fra 30 marzo e 2 aprile

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Sarà una Pasqua con qualche occhio in più rivolto verso il cielo. La Stazione spaziale cinese, che dallo scorso anno è in caduta libera verso la Terra, dovrebbe impattare la superficie tra il 30 marzo e il 2 aprile in un’area ancora poco definita. Lo rende noto l’Ufficio per la Space Debris dell’Esoc, il centro dell’Agenzia spaziale europea (Esa) che si occupa delle operazioni spaziali.

La Tiangong-1, il primo “Palazzo celeste” cinese, è stato lanciato nel settembre del 2011 e abitato per brevi periodi negli anni successivi prima di essere sostituita dalla Tiangong-2 nel 2016. Dall’anno scorso è stato perso il controllo della Stazione, che ha così iniziato la lenta caduta verso Terra. Nell’ultimo aggiornamento settimanale, gli esperti di Darmstadt, in Germania, hanno ridotto la finestra temporale e l’aerea in cui potrebbe avvenire l’impatto. Su entrambi gli aspetti continua a prevalere l’incertezza, dovuta soprattutto al fatto che non si conosce quanto propellente abbia ancora la suo interno la Stazione, elemento che incide notevolmente sul peso e dunque sulla possibilità di fare delle esatte previsioni. L’altra grande variabile è rappresentata dai diversi frammenti in cui si romperà la Tiangong-1. Il loro peso e la loro struttura determinerà il luogo in cui raggiungeranno il suolo. Ad ora, la Stazione appare come un “missilone” con lunghezza di 10,5 metri e diametro di 3,5, Il peso stimato è di 7.500 chilogrammi.

Per quanto riguarda l’area dell’impatto, il Palazzo celeste dovrebbe cadere tra il 43esimo parallelo nord e il 43esimo parallelo sud. Si tratta di un’area immensa che nell’emisfero settentrionale arriva a comprende quasi tutto il sud Europa, gran parte degli Stati Uniti e l’intero subcontinente indiano. Va peggio alla parte abitata dell’emisfero meridionale, quasi tutta all’interno della fascia in cui potrebbe cadere la Tiangong-1 ad eccezione della punta più a sud dell’America latina. Anche l’Italia rientra per buona parte in quest’area immensa. Immaginate di tracciare una linea che da Macerata arriva all’Isola d’Elba, passando per Assisi. Tutto ciò che è al di sotto potrebbe essere colpito dai frammenti della Stazione spaziale cinese. Niente allarmismi comunque. La probabilità che possa cadere sul nostro Paese è “talmente bassa da essere improbabile”, aveva già spiegato Ettore Perozzi, responsabile dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) per la Space situational awareness. In altre parole, aveva aggiunto l’esperto, “rientra nella miriade di eventi di bassa probabilità in cui siamo immersi ogni giorno”.

In ogni caso gli esperti di tutto il mondo sono al lavoro con un’attività di continuo monitoraggio da osservatori terrestri (in Italia il centro di Matera), dedicati ad aggiornare i dati relativi al percorso orbitale e al cosiddetto tasso di decadimento. In Italia se ne sta occupando l’Asi, monitorando costantemente la stazione e informando la Protezione civile a cui spetterà il compito di coordinare eventuali piani operativi. I dati elaborati dall’Asi sono forniti alla Protezione civile e al tavolo tecnico in cui siedono anche Enac, Enav e ministero della Difesa. Difatti, aveva spiegato a inizio mese Claudio Portelli, responsabile dell’Asi per la Space debris, “tutti i rientri incontrollati rappresentano un piccolo problema per la popolazione che si vede arrivare un oggetto dal cielo, ma anche per le rotte aeree che in casi come questo possono essere spostate”. Quello della Tiangong-1 resta però un “caso particolare – ha aggiunto – perché c’è del propellente a bordo ed elementi pesanti che non si distruggeranno nel rientro in atmosfera”. Proprio la combinazione di questi due aspetti, ha spiegato ancora l’esperto, “fa sollevare una bandierina di allarme”.

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