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1° Maggio a Prato, capitale delle contraddizioni

Di Nora Garofalo
investimenti

Prato si appresta ad ospitare le celebrazioni di Cgil, Cisl, Uil per il Primo Maggio. La città che fu “laniera”, e che è diventata uno dei simboli della laboriosità manifatturiera italiana, oggi si presenta con il suo tessuto produttivo profondamente lacerato dalla crisi, tramortita da anni di cessazioni e ristrutturazioni aziendali provocate dai ritmi incessanti di una competizione mondiale impari e non regolata.

Nello stesso territorio e nello stesso periodo abbiamo assistito alla delocalizzazione di imprese italiane e alla proliferazione di imprese cinesi. Una crescita caotica, irregolare, in alcuni casi illegale. L’episodio-simbolo è la tragedia del 1° dicembre del 2013, con la morte di 7 lavoratori arsi nei locali della confezione-dormitorio.

Sicurezza e legalità sono due pilastri del lavoro, spesso legati indissolubilmente e ancor più spesso ignorati da imprenditori senza scrupoli. Un fenomeno che interessa più distretti e più zone industriali d’Italia, dal Nord al Sud. La moda italiana, ad esempio, viaggia su due binari paralleli: da una parte il sottobosco manifatturiero, quello dei contratti-pirata e del lavoro in nero, sottopagato. Dall’altro le imprese che rispettano le regole e i lavoratori, che valorizzano le competenze, che investono, che innovano e che redistribuiscono il reddito prodotto. Due binari che a volte si incrociano nelle articolate maglie delle filiere e delle catene di fornitura, non solo su scala territoriale, ma anche nazionale, europea (Est Europa in particolare) e globale.

Come conciliare sviluppo e sicurezza, crescita e legalità, produzione e dignità della persona? Oggi forse non basta più pretendere maggiori verifiche ispettive e controlli a tappeto, perché si arriva sempre troppo tardi, quando “il danno è fatto”. Oggi bisogna puntare anche sulla “tracciabilità” e sulla “trasparenza di filiera”, con un monitoraggio a monte delle filiere stesse. Una grandissima opportunità ci è offerta dalle innovazioni digitali, da un uso appropriato dei big data. Una sorta di “blokchain di filiera” se governato, chiaro e partecipato, può davvero consentirci di mettere in trasparenza e rendere tracciabile la filiera produttiva e gli elementi che la compongono, come la fatturazione, il costo del lavoro, i contributi, i consumi, i rifiuti, le tariffe di lavorazione, le tasse, evidenziando subito le eventuali incongruenze. Ci lamentiamo perché siamo costantemente spiati e tracciati dalla tecnologia: perché non mettere questi strumenti al servizio della legalità e della sicurezza sul lavoro? Perché non rivolgerci alla dimensione 4.0 per un salto di qualità del benessere sociale e del benessere lavorativo? L’assunzione di responsabilità delle imprese committenti non è sufficiente, è necessario che tutte le altre imprese componenti le filiere, come i terzisti e i fornitori, facciano un passo avanti. I committenti, dal canto loro, hanno tutto l’interesse a lavorare con aziende serie, virtuose, corrette, innescando un processo di selezione naturale a danno delle imprese irregolari, e a tutto vantaggio dell’economia, del lavoro, dei lavoratori e della collettività.

Prato può diventare un laboratorio in questo senso, trasformandosi da capitale delle contraddizioni, in cui l’entità della produzione è spesso inversamente proporzionale alla dignità della persona, in baricentro della legalità, in palcoscenico di un nuovo modo di concepire il lavoro. Nella città toscana c’è il record di alunni stranieri nelle scuole, uno studente su quattro, contro una media nazionale di uno su dieci. Legare l’integrazione alla legalità, il benessere economico a quello sociale, il diritto al lavoro al diritto alla dignità, vorrà dire compiere un passo importante verso un futuro migliore, all’insegna dei diritti, della giustizia sociale, della dignità della persona.

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