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I Carabinieri come riferimento del peace keeping mondiale. Parola di Defense One

Non è certo una novità che le Forze armate italiane ottengano apprezzamenti in lungo e largo per il loro contributo alle missioni internazionali, tanto dagli alleati, quanto dalle popolazioni civili. Eppure, dovrebbe aggiungere un pizzico d’orgoglio in più il nuovo riconoscimento all’Arma dei Carabinieri, che il sito statunitense Defense One ha proposto come riferimento per le nuove forze di peace keeping impegnate in tanti scenari di crisi. L’articolo è a firma di Elisabeth Braw, esperta del settore che orbita nell’ambito dell’Atlantic Council, influente think tank di Washington.

Alcuni mesi fa, era stato l’altrettanto influente Politico.eu a descrivere i nostri militari come “maestri” della difesa, in un approfondimento sul ruolo delle Forze armate italiane nelle missioni internazionali firmato anche allora dalla Braw. La ricercatrice spiegava che, nonostante il mancato rispetto della soglia del 2% del Pil da destinare alla Difesa, il contributo italiano alla sicurezza internazionale era innegabile, spesso superiore a chi quel 2% lo rispetta. Ora, la Braw va oltre e riconosce i Carabinieri italiani come “una risposta alle odierne guerre a bassa migliore rispetto alle truppe tradizionali”. Il loro “insolito mix di talento law enforcement e capacità militare”, spiega l’esperta ai lettori americani (a cui spesso è difficile fa capire la peculiarità dell’Arma rispetto alle forze di polizia) potrebbe essere addirittura la risposta a molte situazioni di crisi in cui sono attualmente impiegati i Caschi blu dell’Onu.

Conversando con il capo di Stato maggiore della Difesa, Claudio Graziano, nonché prossimo presidente del Comitato militare dell’Unione europea, la Braw ricorda che sono 500 i Carabinieri attualmente impegnati all’estero per partecipare a 33 missioni. In Afghanistan, ad esempio, 30 Carabinieri stanno addestrando le Forze di sicurezza nazionale e le Forze di Polizia. In Iraq, i militari italiani hanno addestrato 13mila poliziotti negli ultimi due anni. In Bosnia e Kosovo, 160 Carabinieri supportano “il mantenimento dell’ordine pubblico, pattugliando aree sensibili e assistendo il ritorno di rifugiati”, ricorda la Braw. In quest’area, “si sono focalizzati sulla città divisa di Mitrovica, dove è stato ucciso un peacekeeper dell’Onu e molti altri sono stati feriti durante le proteste del 2008”. Proprio l’impiego in Kosovo, in cui l’Arma ha sperimentato per la prima volta la Multinational Specialized Unit (Msu) “dimostra perché i Carabinieri sono così utili: sono una forza di polizia e una forza armata, un ibrido di sicurezza che può essere usato per range più ampio di missioni rispetto ai soldati o ai poliziotti ordinari”. Certo, aggiunge la senior fellow dell’Atlantic Council riferendosi alla strage di Srebrenica, “una forza di 160 Carabinieri non riuscirebbe a impedire l’intento di compiere omicidi di massa da forze ben armate, ma essi sarebbero sicuramente più adatti rispetto ai regolari Cachi blu per il mantenimento dell’ordine”. Difficile comunque immaginare di poter copiare l’Arma, la cui professionalità nelle missioni all’estero ha una storia di oltre 150. Già nel 1855, infatti, i Carabinieri reali presero parte al Corpo di Spedizione italiano inviato in Crimea.

“Ben undici anni fa, il segretario generale delle Nazioni Uniti Kofi Annan fu impressionato dalle capacitò dei Carabinieri”, ricorda il suo vice Mark Malloch Brown. “Rappresentano – ha aggiunto – un cambiamento dal tradizionale monitoraggio al mantenimento della sicurezza all’interno di Stati falliti”. Da qui la possibilità di un loro impiego maggiore, o comunque della creazione di forze simili. “Ci sono oggi più stati che falliscono; siamo tornati al mondo pre-1989, ma i due Paesi dominanti sono stati rimpiazzati da un gran numero di attori regionali, fatto che ha prodotto maggiore instabilità”, ha rimarcato Malloch. Così, “i Carabinieri potrebbero essere considerati i precursori di un differente tipo di peace keeping”.

La Difesa italiana è pronta a cogliere la sfida. “Sono davvero orgoglioso che la professionalità e le capacità dei Carabinieri siano riconosciute in tutto il mondo”, ha detto alla Braw il generale Graziano. “Siamo pronti e decisi – ha assicurato il capo di Stato maggiore – a offrire ai nostri alleati e partner la distintiva ‘specializzazione d’eccellenza’ dei Carabinieri”. D’altronde, conclude l’esperta americana: “Tra cucina e moda, il modo è stato particolarmente attivo nel copiare l’Italia. Facciamo lo stesso con i Carabinieri”.

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