Giacinto Della Cananea è l’ottimo esperto incaricato di trovare il “massimo comune numeratore” fra i programmi di Lega e Pd con il Movimento 5 Stelle. In questa scelta di analisi tecnica c’è sicuramente l’idea di un espediente ma anche, innegabilmente, una novità che merita di non essere derisa dai soliti cappelloni. Ben venga dunque un contratto, se ci sono i presupposti. Ma per quanto serio e rigoroso sia il lavoro svolto dall’allievo di Sabino Cassese per conto di Di Maio, nulla può sostituire la valutazione politica che sta a monte. D’altronde, in ogni formato di accordo contrattuale i punti oggetto dell’intesa e del reciproco impegno sono preceduti dalle premesse. E le premesse appartengono ad una visione politica comune pur se i due contraenti presentano identità diverse e distinte.
Il contratto cui sta pensando la leadership pentastellata prevede solo l’articolato delle misure “pratiche” condivise (sicurezza, fisco, ecc.) o conterrà una sorta di preambolo di valori ideali che può fare da cornice all’intero accordo di programma? Noi confidiamo che la risposta possa essere positiva e che soprattutto questa premessa contenga un elemento irrinunciabile: la definizione di un perimetro della politica estera italiana del formando governo. Che il Movimento scelga il forno del Pd o della Lega, non importa. Deve essere chiaro che il riferimento all’Europa e all’Alleanza Atlantica fa parte di un tratto identitario che non può essere negoziabile. Definire l’impegno per la riduzione delle tasse o per il reddito di cittadinanza è certamente importante. Ma chiarire la postura internazionale è irrinunciabile. Di Maio è stato in queste settimane molto coerente. Ora si tratta di fare un salto di qualità. Verba volant, scripta manent.