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Immigrazione ed integrazione. La ricetta europea che può funzionare

Di Corina Creţu e Dimitris Avramopoulos
migranti, minori

Dopo il recente picco di arrivi di rifugiati in Europa nel 2015 e nel 2016, è giunto il momento di spostare l’attenzione dell’opinione pubblica verso l’effettiva integrazione di coloro che hanno ottenuto protezione nelle nostre società. È risaputo che questo processo inizia a livello locale, ma ora per la prima volta, grazie a uno studio congiunto della Commissione europea e dell’Ocse, possiamo capire meglio con quali problemi ci dobbiamo misurare e quali iniziative sono necessarie per affrontarli.

Dai dati forniti da più di 70 enti locali in tutta Europa emerge chiaramente la necessità di una cooperazione molto più approfondita tra i servizi, ma anche tra tutti i livelli della pubblica amministrazione. Quasi i due terzi degli immigrati si stabiliscono in aree metropolitane densamente popolate e le regioni che ospitano la capitale nazionale sono quelle che registrano le percentuali più elevate di immigrati. In futuro, le amministrazioni nazionali e regionali dovranno impegnarsi a fondo per avviare un dialogo più stretto con le rispettive amministrazioni locali e per sostenerle in maniera adeguata. Quel futuro è già alle porte.

Purtroppo ancora oggi a livello di servizi abitativi, sanitari, educativi o per l’occupazione si pensa troppo spesso per compartimenti stagni. Ma l’integrazione non è un ambito politico a sé stante: al contrario, essa implica una stretta collaborazione dei diversi settori di intervento, quali gli alloggi, l’istruzione, la sanità, i trasporti, l’occupazione, ecc., come parti differenti dello stesso insieme.

Al di là della questione del coordinamento, anche la mancanza di risorse strutturali ha sempre rappresentato una sfida per molte città in Europa. Investire nell’integrazione dovrebbe essere considerato non un’erogazione una tantum o una soluzione tampone, bensì una priorità da integrare nei bilanci delle municipalità, dei governi nazionali e dell’Unione europea nel suo insieme. Lo confermano i dati di recenti sondaggi: il 69% degli intervistati in un sondaggio Eurobarometro condotto in tutta Europa ha dichiarato di ritenere le misure di integrazione un investimento necessario sul lungo periodo.

Per questo motivo l’Unione sostiene attivamente le amministrazioni locali e regionali nei loro sforzi in materia di integrazione, tramite finanziamenti in tutti i settori di intervento politico a livello dell’Ue. Ad esempio, il Fondo sociale europeo (Fse) e il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) già assistono le amministrazioni regionali e locali con il finanziamento di misure di coesione a lungo termine, quali ad esempio i programmi per il miglioramento dell’occupabilità o la lotta contro l’esclusione sociale, e gli investimenti in infrastrutture sociali, educative, sanitarie, abitative o per l’infanzia. Il Fondo Asilo, migrazione e integrazione (Amif) sostiene gli Stati membri dell’Unione, oltre che gli attori locali e della società civile, intervenendo per soddisfare esigenze immediate di integrazione, come l’apprendimento della lingua, ma anche per fornire servizi di formazione e riqualificazione. Nel contesto del prossimo quadro finanziario pluriennale europeo è in corso una riflessione sul modo in cui migliorare le condizioni di accesso da parte delle amministrazioni locali e regionali ai finanziamenti per l’integrazione e ridurre l’onere amministrativo per i beneficiari finali.

Questo perché l’Europa e i valori europei sono fondati sul principio di non lasciare nessuno indietro e di intervenire laddove necessario. Alcuni oggi temono che l’integrazione degli immigrati vada a discapito di altri gruppi vulnerabili o comunità. Ciò non può e non deve accadere. È nell’interesse collettivo delle nostre società nel loro insieme che l’integrazione di tutti coloro che hanno il diritto di rimanere in Europa abbia successo. A beneficiarne saranno tanto la coesione sociale delle nostre società quanto la competitività delle nostre economie.

L’odierna diversità dell’Europa è il risultato di secoli di migrazioni e mobilità, che hanno reso il nostro continente quello che è oggi: un faro di democrazia, prosperità e stabilità. Il nostro futuro non dovrebbe essere differente.

 

 

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