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Difesa e impegno nella Nato: i moniti Usa funzionano in Germania… E in Italia?

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L’incontro di Angela Merkel con Donald Trump e il rinnovato invito del neo segretario di Stato Mike Pompeo agli alleati della Nato affinché spendano di più hanno già prodotto i primi risultati. Il ministro della Difesa tedesco Ursula von der Leyen ha chiesto un aumento di 12 miliardi per le spese militari al fine di potenziare le capacità del Bundeswehr, le Forze armate di Germania. Intanto, anche sul dossier difesa, l’Italia rischia di restare indietro, ancora alle prese con lo stallo di governo.

BERLINO PUNTA SULLA DIFESA

La richiesta del ministro della Difesa tedesco è stata annunciata dalle pagine del quotidiano Bild, spiegando che dovrà superare il via libero del ministro delle Finanze, Olaf Scholz, che per adesso sarebbe però disposto ad accettare un aumento di 6 miliardi di euro rispetto a quanto previsto dal piano finanziario per il triennio 2019-2021. Ad ogni modo, si tratta di un aggiunta notevole, spiegata dal ministro della Difesa con l’esigenza di assicurare al Bundeswehr efficaci capacità operative dopo diversi anni di riduzione del budget. Per capire se saranno 6 o 12 i miliardi per le Forze armate tedesche si dovrà attendere il prossimo mercoledì, quando il governo sarà chiamato a definire le linee di politica economica e finanziaria per il 2019 e, più in generale, fino al 2022. In ogni caso, l’attuale numero uno delle Finanze sembra meglio disposto ad aumentare il budget per la difesa rispetto al suo predecessore, l’austero Wolfgang Schauble, ora presidente del Bundestag.

TRA TRUMP E MACRON

Difficile non notare nel nuovo annuncio il desiderio di rassicurare l’alleato americano, le cui richieste per un più deciso impegno in termini di spesa per la difesa si erano fatte ultimamente più pressanti. Decisiva è stata la giornata di venerdì scorso, quando il presidente Donald Trump ha ricevuto la cancelliera tedesca proprio mentre a Bruxelles, durante il vertice dei ministri degli Esteri della Nato, il nuovo segretario di Stato Mike Pompeo chiedeva agli alleati di rispettare l’impegno del 2% del Pil per la difesa entro il 2024. Non a caso, la ministeriale dell’Alleanza Atlantica era stata preceduta dalle parole di un funzionario senior del dipartimento di Stato americano, che citava la Germania quale esempio di Paese “ricco” che però non rispettava la quota definita nel 2014 durante il Summit in Galles. A Washington, nel frattempo, il bilaterale tra Merkel e Trump si impantanava sulla questione dei dazi, ed è probabile che sulle questioni della Difesa si sia trovato un punto di incontro. Tra l’altro, il governo Merkel si è già dimostrato desideroso di rispondere all’attivismo di Macron sui temi militari, quanto meno per guidare insieme il progetto di integrazione della Difesa europea. L’annuncio della cooperazione a due sul nuovo velivolo da combattimento arrivato la scorsa settimana al salone ILA di Berlino ne è evidente dimostrazione.

UN SEGNALE PER L’ITALIA

Tutto questo si rivela un segnale per il nostro Paese, che dovrà essere capace di cogliere la sfida rispondendo in modo appropriato. Proprio il tema della spesa per la difesa sembra essere determinante, non solo per poter contare nella nascente Difesa europea, ma anche per riuscire a ribadire l’asse con Washington. Secondo il recente report del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, l’Italia attualmente spende l’1,12% del proprio Pil per la Difesa, ben lontano dalla quota del 2% che difficilmente potrà essere raggiunta entro il 2024. Il bilaterale tra Pompeo e il ministro degli Esteri Angelino Alfano, a margine della ministeriale a Bruxelles, potrebbe essere il primo passo per una conferma del rapporto con gli States, al pari di come stanno facendo Francia e Germania, ma a patto che sia seguito da elementi fattuali che tanto contano per l’amministrazione Trump. Come ha spiegato su queste colonne Paolo Messa, “la voce di Trump e quella di Pompeo sono suonate come un campanello. Sono il segno che non si scherza: gli Stati Uniti fanno sul serio e sembrano volerci chiedere se siamo e saremo al loro fianco (e non ha le sembianze di essere una domanda retorica)”. D’altronde, ha concluso, “nel futuro a breve dell’Italia il fattore Nato (sicurezza internazionale) è destinato a contare più del fattore Def (politica economica). Prepariamoci ad assumerci ciascuno le proprie responsabilità”.

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