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Il nuovo capitolo della missione in Niger e l’ipotesi delle pressioni francesi secondo Nicola Latorre

afghanistan

Sul Niger “patti chiari e amicizia lunga, con la Francia come con tutti”. Nel frattempo, guai ad aprire un contenzioso con Parigi sulla base di quelle che restano congetture. Parole di Nicola Latorre, già presidente della commissione Difesa del Senato, con cui abbiamo parlato del nuovo capito della saga relativa alla missione italiana nel Paese africano.

Questa mattina, infatti, su alcuni organi di stampa è circolata una presunta richiesta del presidente nigerino Mahamadou Issoufou a rallentare le procedure di invio del contingente militare italiano. Subito è arrivata la smentita dello Stato maggiore della Difesa: non ci sono ipotesi di ritiro, le attività proseguono come programmato.

Non è ancora chiaro se il nuovo segnale arrivato da Niamey sia dovuto agli attriti interni al Niger o alle pressioni francesi. Sicuramente, “questa vicenda conferma la necessità che tutti i Paesi scoprano le proprie carte”, ha detto Latorre. “Ci auguriamo che dietro le difficoltà che stanno insorgendo riguardo alla nostra missione non ci siano le preoccupazioni di altri Paesi che temono una presenza italiana più autorevole nell’aerea”.

Eppure, l’ipotesi più accreditata è che, dietro alle varie dichiarazioni di insofferenza arrivate dal Niger, ci sia proprio lo zampino di Parigi. Nonostante l’iniziale apprezzamento per un contributo italiano in una zona delicata come quella del Sahel, la Francia potrebbe aver intravisto nella nostra missione il rischio di perdere parte dell’influenza che detiene in una regione considerata di propria competenza. La posizione di Nicola Latorre è più cauta: “Le pressioni francesi restano nel campo delle ipotesi e delle congetture; ad oggi non c’è nulla di provato e di scientificamente documentabile”. Chiaramente, ha aggiunto l’ex senatore del Pd, “l’auspicio è che tali ipotesi non vengano confermate, ma ad ora non ci sono elementi per poterlo farle così come non ce ne sono per non farlo”. L’unico modo “è affrontare la questione negli incontri a quattro occhi”. In altre parole, ha spiegato Latorre, “non è opportuno far diventare tali ipotesi oggetto di discussione pubblica”; solo “de visu si può capire se sia così e non sia così”.

Guai dunque ad aprire uno scontro diplomatico con i cugini d’oltralpe. “Sarebbe un errore speculare a quello compiuto da chi vuole complicare la nostra missione”, ha detto Latorre. Il tema è piuttosto “patti chiari e amicizia lunga, con la Francia come con tutti”. Difatti, “sarebbe un errore aprire una polemica e costruire un contenzioso sulla base di quelle che restano solo congetture”.

D’altronde tra Roma e Parigi i dossier caldi sono tanti. Dallo sconfinamento di Bardonecchia alla questione Tim-Vivendi, passando per la definizione dell’intesa sulla cantieristica militare derivante dall’accordo Fincantieri-Stx. Insomma, di temi per un bilaterale che ne sono a bizzeffe. Forse la questione per l’Italia è essere pronta a giocarsi le proprie carte nelle tante e importanti partite internazionali. “L’auspicio – ha rimarcato Latorre – è che si faccia subito un governo che sia in condizione di operare e muoversi anche oltre in confini dell’ordinaria amministrazione in cui si trova invece l’attuale esecutivo”.

Nel frattempo, “va benissimo la smentita dello Stato maggiore della Difesa” all’ipotesi di ritiro del contingente italiano. Quaranta militari italiani sono, infatti, già a Niamey e operano come “nucleo di ricognizione per attività di collegamento e preparazione, di intesa con le autorità nigerine, e di predisposizione all’approntamento della base italiana in Niger”, ha spiegato nel proprio comunicato lo Stato maggiore della Difesa. Dunque, ha concluso ancora Latorre, “questo è il momento di andare avanti”. L’augurio è che “le operazioni possano procedere come programmato perché la missione è strategica”.


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