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Spie e veleni, perché è giusto lavorare per l’imparziale accertamento dei fatti

Spie skripal

L’affaire del gas nervino e dell’avvelenamento dell’agente doppiogiochista Serghiei Skripal e di sua figlia Yulia a Salisbury, nel sud dell’Inghilterra, continua a sollevare un’ondata di polemiche, che si sono tradotte nell’espulsione di un nutrito gruppo di diplomatici russi in servizio nelle capitali occidentali, inclusi due funzionari dell’ambasciata russa di Roma. In Italia, è polemica per una decisione presa dal presidente del Consiglio di un governo dimissionario, in carica per l’ordinaria amministrazione, che però non si è voluto dissociare dagli alleati europei e dagli Stati Uniti, nonché dalle decisioni prese in sede Nato. In verità, solo Lega e Fratelli d’Italia hanno criticato la decisione, mentre il M5S, che ha disapprovato la politica del governo per le sanzioni contro la Russia, non risulta avere preso una posizione in merito.

Ma veniamo alla questione concreta. Mentre le sanzioni contro la Russia sono state prese come contromisure per violazioni certe del diritto internazionale, come l’interferenza (armata) nel Donbass e soprattutto per l’annessione della Crimea, nel caso dell’uso del gas Novichok contro gli Skripal è impossibile per il momento affermare con certezza la responsabilità russa. Manca la prova della pistola fumante!

LE ACCUSE DEL REGNO UNITO

Ai Comuni la premier britannica Theresa May ha dichiarato come sia “altamente probabile” che il governo russo abbia tentato di eliminare gli Skripal ed ha affermato che si è trattato di una violazione della norma che vieta l’uso della forza perpetrato sul suolo britannico. Si badi bene “uso della forza” e non “attacco armato”, altrimenti questa qualificazione avrebbe richiamato l’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite sulla legittima difesa e l’art. 5 della Nato sulla legittima difesa collettiva. Accuse che sono state ripetute dai britannici in varie sedi internazionali: Consiglio esecutivo dell’Organizzazione sulla proibizione delle armi chimiche (Opac), che era in sessione nei giorni scorsi; Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, di cui il Regno Unito aveva chiesto una riunione straordinaria, ma che non ha adottato nessuna risoluzione, poiché la Russia ha diritto di veto; Consiglio europeo del 22-23 marzo.

In verità il Regno Unito ha chiesto al segretariato tecnico dell’Opac di esaminare campioni del Novichok usato a Salisbury e alla Russia di rispondere alle accuse formulate, invocando gli articoli VIII e IX della Convenzione sul disarmo chimico. Ma tale impostazione è stata criticata dai russi, come non rispondente alla procedura disegnata dalla Convenzione.

COSA DICE LA CONVENZIONE

La Convenzione sul disarmo chimico del 1993 prevede una procedura molto dettagliata in materia di verifiche (art. IX). Semplificando. si possono annoverare tre meccanismi: consultazione, procedura per richiedere una chiarificazione e ispezioni su sfida (challenge inspections). La prima è essenzialmente bilaterale ed è quella attivata, a detta di Boris Johnson, dal Regno Unito; la seconda coinvolge il Consiglio esecutivo dell’Opac; la terza è la più intrusiva e comporta delle ispezioni in loco. La Russia ha distrutto il suo arsenale chimico nel 2017, come certificato dall’Opac. Un’ispezione su sfida, che è molto circonstanziata, potrebbe verificare la veridicità dell’accusa britannica. Nell’ambito delle ispezioni su sfida esiste una sottoprocedura, che ha per oggetto l’accusa di presunto uso (IAU: Investigation of Alleged Use) dell’arma chimica, e questa potrebbe servire al caso concreto. L’investigazione sul presunto uso potrebbe anche aver luogo qualora uno stato dichiari di essere vittima di un attacco chimico (art. X).

Si badi bene, tutte le procedure obbediscono a tempi contingentati, per evitare lungaggini. Inoltre, esse hanno per oggetto gli Stati e non riguardano la responsabilità individuale.

SANZIONI ED ESPULSIONI

Sotto il profilo del diritto internazionale, l’espulsione dei diplomatici è solo un atto non amichevole, che non costituisce alcuna violazione di norme. L’art. 9 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche stabilisce che in qualsiasi momento e senza dare alcuna spiegazione lo stato accreditatario può dichiarare il diplomatico persona non grata. Se questi non lascia il territorio entro il tempo stabilito, lo stato accreditatario non gli riconoscerà più lo status diplomatico e le relative immunità. La procedura è abbastanza innocua sotto il profilo del diritto internazionale. Ovviamente il giudizio è diverso sotto quello politico e nel clima di quasi Guerra Fredda che si va instaurando in Europa: si tratta di espulsioni di “massa”, cui la Russia ha reagito con analoghe misure.

Sanzioni vere e proprie, cioè contromisure comportanti una violazione di norme (ad es. congelamento o addirittura confisca di beni di cittadini o enti russi nel Regno Unito), per reagire alle pretese violazioni russe nel caso Skripal, non sono state adottate. E ciò la dice lunga. Qualsiasi tribunale britannico avrebbe dichiarato nulle le contromisure, in assenza di prove sufficienti per attribuire alla Russia la responsabilità dell’accaduto. Stesse considerazioni valgono per l’Unione europea, come si evince dalla cospicua giurisprudenza in materia. Naturalmente le espulsioni dei diplomatici, in quanto atto politico dell’esecutivo legittimato dalla Convenzione di Vienna, non sono soggette a revisione giudiziale.

QUALCHE RIFLESSIONE

La questione dell’impiego di gas nervini nel Regno Unito va trattata nell’ambito dell’Opac, lasciando perdere iniziative unilaterali e suggerimenti più o meno strambi, come quello secondo cui l’uso del Novichok avrebbe messo in moto un conflitto armato, per cui il responsabile o i responsabili dell’avvelenamento avrebbero commesso un crimine di guerra a causa dell’uso di un’arma proibita, che ricadrebbe nella competenza della Corte penale internazionale!

L’Opac dispone di tutti gli strumenti necessari per l’accertamento dei fatti nel caso Skripal, compreso il meccanismo delle ispezioni su sfida, che non è mai stato usato, perché ritenuto troppo “conflittuale” (concetto che oggi fa sorridere viste le misure prese dal Regno Unito e dai suoi alleati). Il meccanismo difficilmente potrebbe essere arrestato, poiché può essere respinto solo con una maggioranza di tre-quarti degli Stati del Consiglio esecutivo.

L’Italia, che ha dato un contributo non indifferente nelle ultime fasi della negoziazione della Convenzione sul disarmo chimico, potrebbe farsi portatrice di una proposta ad hoc nelle sedi più appropriate, per evitare ogni unilateralismo e riportare la controversia sui binari dell’Opac e dei suoi meccanismi. Ma si tratta di un compito che non può assolvere un governo dimissionario, al quale non resta che accodarsi, sia pure di malavoglia, alle decisioni prese dagli alleati.

(Articolo tratto dalla newsletter settimanale di Affari internazionali)

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