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Il futuro possibile per le start up in Italia. La necessità di nuovi strumenti economici e normativi

Il sistema Italia deve fare di più – molto di più – per sostenere la crescita e lo sviluppo delle start up, uno dei principali veicoli attraverso cui spingere sull’innovazione nel nostro Paese. D’altronde, di piccole imprese innovative – frutto di idee spesso all’avanguardia e dell’impegno e della passione di numerosissimi giovani imprenditori – ne nascono a migliaia nel territorio nazionale. Ma troppo poche si può dire che ce l”abbiano fatta, anche per l’assenza di adeguati strumenti economici e normativi di sostegno.

Di tutto questo si è parlato nel corso del dibattito dal titolo “Start-up, dal nanismo agli unicorni: un futuro possibile per l’Italia”, organizzato dall’associazione La Scossa nella sede di Luiss EnLABS a Roma.  “A leggere alcuni numeri, sembrerebbe che le start up innovative se la passino discretamente”, ha sottolineato il presidente de La Scossa Michelangelo Suigo. Ma nella realtà non è così, come lo stesso Suigo ha ricordato: “Secondo il report sulle start up realizzato da Istat e ministero dello Sviluppo economico, solo il 34,1% si dichiara pienamente soddisfatto delle fonti di finanziamento a propria disposizione. Il 73,2% delle imprese afferma di aver utilizzato esclusivamente risorse proprie dei fondatori mentre solo l’8,2% ha ricevuto finanziamenti in equity da fondi di venture capital. Un quarto ha fatto ricorso al credito bancario”. Il problema dunque sono soprattutto le risorse a disposizione: “Nel periodo dal 2007 al 2015 gli investimenti in venture capital in proporzione percentuale al prodotto interno lordo italiano sono stati i più bassi d’Europa, con lo 0,005% rispetto alla media europea dello 0,028%. Mentre Francia e Gran Bretagna hanno raggiunto rispettivamente lo 0,038% e lo 0,046%”. Per questa ragione – ha aggiunto Suigo – “occorre mettere in campo azioni rilevanti e incisive da parte delle istituzioni, in modo da accompagnare lo sviluppo di un nuovo sistema imprenditoriale dell’innovazione”.

Versione confermata anche da Marco Gay, ceo di Digital Magics: “L’investimento in equity è centrale: fa crescere le start up e rimette in moto ripartire la catena del valore. In Italia abbiamo 4000 miliardi di risparmio, quasi il doppio del debito pubblico, eppure non riusciamo ad utilizzarlo strategicamente in modo che diventi generatore di sviluppo per il tessuto più fertile del panorama imprenditoriale italiano”.

Alle start up italiane – ha osservato Luigi Capello, fondatore e ceo di LVenture Group – “manca un ecosistema di investimenti. Lo sviluppo del venture capital è uno dei pochi strumenti per dare impulso al Paese. Senza un’inversione di marcia il rischio concreto è di creare bellissime start up da esportazione”. E Salvo Mizzi, general partner di Principia Sgr, ha lanciato una proposta di forte impatto: “Abbiamo bisogno di un piano da 5 miliardi in cinque anni. Lo abbiamo chiesto a istituzioni e politica. Per invertire la situazione è necessaria una terapia d’urto”.

Anche perché le nostre imprese innovative continuano ad essere affette da nanismo, con tutte le conseguenze del caso. Compreso il costante pericolo di non farcela e di essere costrette a chiudere i battenti. Un rischio confermato dal recente report sull’economia delle regioni realizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) nel quale è contenuto anche un focus su questo tema. Dal rapporto emerge come l’86% delle start up continui ad essere attivo a un anno dalla sua creazione ma, allo stesso modo, come questo dato diminuisca con il passare del tempo. Il tasso di mortalità, insomma, cresce costantemente. La percentuale, infatti, scende al 70% dopo due anni e al 53% dopo tre. In pratica, solo un start up su tre riesce a rimanere in vita a 36 mesi dalla sua fondazione. Un aspetto sul quale riflettere e che conferma la necessità di nuovi strumenti di sostegno di carattere normativo ma soprattutto economico.

All’iniziativa hanno inoltre partecipato Gianmarco Carnovale (chairman Roma Startup), Barbara Gasperini (giornalista Corriere Innovazione e autrice Rai 1 Codice), Carolina Gianardi (business angel e membro IAG – Italian Angels for Growth), Alberto Luna (partner Talent Garden), Valentina Parenti (ceo Valentina Communication e cofounder GammaDonna), Giovanni Perrone (presidente PNICube Associazione Nazionale Incubatori Universitari) e Fabio Tentori (head of Enel Innovation Hubs). Il dibattito è stato moderato da Ilaria Fava, avvocato e vicepresidente de La Scossa.

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