Immaginiamo un mondo a macchia di leopardo dal punto di vista geopolitico dove si affermano comunità non necessariamente (o solo) legate al territorio. Un insieme di mondi in cui i confini digitali si affiancano a quelli fisici. Nuovi universi creati dalle associazioni di impresa, di qualsiasi genere e natura; dalle istituzioni; dallo sport o dalle passioni degli individui. Per non parlare, ovviamente, di quelli generati dalle piattaforme e dai social che hanno creato, indirettamente, sconfinati imperi finanziari dal nulla, spesso anche con nulla: Apple, Amazon, Facebook, Google, Uber, Airbnb sono i veri nuovi sovrani transnazionali. Potenze da migliaia di miliardi di dollari e perciò in grado di fare il bello, il bellissimo, il cattivo tempo, o scatenare veri e propri uragani ovunque! Altro che Grande fratello: qui ci sono pure il padre, il figlio e lo spirito santo, con buona pace del potere temporale.
Ecco le premesse strutturali: tutto si basa in nome e per conto della crescita, anzi, della crescita esponenziale. Già adesso, chi è in grado realmente di contrastare il potere di Mountain view o del Campus astronave di Cupertino? Nessuna entità fisica o giuridica è in grado di avversare l’enorme potenza finanziaria generata dagli imperatori dei dati e degli algoritmi. Anzi. Loro si alimentano ingerendo start up, ovvero nuove idee che, lungi dal contrastarne il passo, ne accrescono la potenza, sia nel tempo sia nei mercati. Futuro distopico con un genere umano oppresso da entità digitali superiori? Qualcuno può ragionevolmente contestare questa possibilità? Forse si può contrastare.
Almeno questo è quello che pensano i teorici (per il momento) del futuro regolato dalla blockchain, l’evoluzione suprema del concetto di democrazia, che restituisce significato all’identità digitale del singolo. L’autocertificazione incorruttibile, la verità rivelata allo stato gassoso. Spiega Renato Grottola: “La blockchain è una tecnologia che abilita la condivisione di valore tra più soggetti e attraverso la quale si possono costruire piattaforme in grado di connettere domanda e offerta e di integrare a questo scambio primario tutto quanto necessario a perfezionarlo (il pagamento, la logistica, lo scambio di informazioni, la verifica, l’assistenza).
Si dirà, ma questo è quello che fanno le grandi piattaforme. Vero. Ma c’è una piccola differenza. Blockchain può non avere un padrone, nascere in un contesto open source, come risultato del lavoro di più soggetti. E fare quello che fanno le attuali piattaforme, a un costo enormemente inferiore. Restituendo, anzi, condividendo valore, anche economico, tra chi produce, chi lavora, chi consuma. Forse blockchain ha a che fare con la sharing economy?”. È un libro contabile digitale, un database che nasce per garantire e avere un sistema sicuro, immutabile e verificabile nel tempo, da tutti e in trasparenza. Le transazioni, siano scambi di moneta digitale, contratti commerciali, o acquisti di prodotti fisici o dati, sono verificate e certe. Un perfetto sistema antifrode, perché le informazioni vi rimangono per sempre, e non sono manipolabili. Un concetto, una tecnologia che si evolve con grande velocità perché ha caratteristiche eccezionali e indispensabili alla nuova Rete. Una Rete nella quale, oltre alle informazioni e ai dati, si scambia, in maniera sicura, il valore.
Ricapitoliamo e proviamo a definirla. È pubblica: nella forma primaria, può essere consultata (e verificabile) da chiunque. È tracciabile: ogni transazione validata può essere verificata, a posteriori, da tutti. È decentralizzata: il registro è decentralizzato, cioè presente in una quantità notevole di computer per cui, per alterarlo, occorrerebbe convincere la metà più uno dei partecipanti. È sicura: alterare l’informazione, ancorché possibile, è un costo insostenibile. È illimitata: la transazione costa pochissimo in confronto agli attuali sistemi centralizzati (banche, piattaforme di intermediazione, registri centralizzati). È immutabile: l’azione è indelebile, quindi impossibile da ripetere in maniera fraudolenta (vendere due volte un bene o spendere più volte lo stesso denaro). È infine incorruttibile: non si può alterare il significato, cioè il valore, delle transazioni.
Più chiaro, così… forse anche vagamente inquietante. Questa rigidità vale anche per gli errori o le false definizioni? C’è quindi spazio per nuove forme di fiducia? L’onda (o lo tsunami), comunque, è talmente potente che perfino in Italia – sempre in affanno sui temi digitali – si affermano start up senza precedenti: Eidoo, AidCoin, Friendz, e Xriba (a proposito, ma un nome italiano no eh?) sono riuscite in pochissimi mesi a raccogliere un tesoretto di 70 milioni di dollari, ovviamente all’estero… Stefano Tresca su Economyup: Eidoo ha raccolto 28 milioni di dollari per una piattaforma di gestione della filiera delle criptovalute (raccolta, acquisto e vendita prodotti e servizi); AidCoin ne ha raggranellati quasi 16 per tracciare nella massima trasparenza donazioni per il non profit; Friendz 12 milioni di dollari per bypassare la distribuzione e mettere in contatto diretto la Grande distribuzione organizzata (Gdo) e i consumatori con promozioni speciali; Xriba, in fase di start up, ha già in cassaforte 15 milioni di dollari per la gestione della tesoreria e trasparenza degli investimenti.