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Ecco tutte le ultime tensioni commerciali tra Pechino e Washington

cinesi, cina

Gli Stati Uniti d’America hanno annunciato un elenco di prodotti di origine cinese che saranno soggetti a una tariffa aggiuntiva del 25%. Questa azione è la diretta conseguenza dell’indagine sulle politiche commerciali e industriali cinesi, avviata dal presidente Donald Trump il 14 agosto 2017, ai sensi della Section 301 of the Trade Act del 1974.

L’indagine, condotta dall’Office of the U.S. Trade Representative (Ustr) e pubblicata il 22 marzo, mirava a determinare se le politiche e le pratiche del governo cinese legate al trasferimento tecnologico, alla proprietà intellettuale e all’innovazione, fossero discriminatorie per l’economia Usa.

COS’È LA SECTION 301 OF THE TRADE ACT?

Costituisce l’autorità legale, in base alla quale il Presidente degli Stati Uniti è autorizzato a intraprendere tutte le misure appropriate per ottenere la rimozione di qualsiasi atto, politica o pratica di un governo straniero che viola un accordo commerciale internazionale e che grava o limita il commercio americano.

Le indagini possono essere avviate autonomamente dall’Ustr a seguito di una richiesta del Presidente, o a seguito di una petizione presentata da una società o da un gruppo industriale.

COSA HA SCOPERTO L’INDAGINE

Nell’istruire l’Ustr, il Presidente ha sottolineato che “gli Stati Uniti sono un leader mondiale nella ricerca e nello sviluppo di beni ad alta tecnologia. Le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale e gli sleali trasferimenti tecnologici, minacciano la sicurezza della nostra società. Le politiche portate avanti da Pechino privano i cittadini americani di una giusta retribuzione, trasferendo posti di lavoro in Cina, mettendo a repentaglio così la produzione e l’innovazione americana.”

Sulla base delle informazioni ottenute durante l’inchiesta, l’Ustr ha determinato che:

• le politiche e le pratiche del governo cinese legate al trasferimento tecnologico, alla proprietà intellettuale e all’innovazione, causano ogni anno danni agli Stati Uniti per decine di migliaia di dollari;
• la Cina conduce e supporta intrusioni informatiche per accedere alle informazioni sensibili delle società statunitensi;
• Pechino dirige e facilita investimenti e acquisizioni su larga scala, per generare trasferimento tecnologico alle proprie entità statuali.

L’indagine elenca 1300 tipi di prodotto cinesi, per un valore che oscilla tra i 50 e 60 miliardi di dollari. Quest’ultimi potrebbero essere colpiti da una tariffa aggiuntiva del 25% ad valorem. I settori includono l’aerospazio, le comunicazioni, la robotica e l’intelligenza artificiale.

I prodotti presi di mira dalla Casa Bianca fanno parte di un’ampia strategia che mira a contrastare l’espansionismo cinese in settori tecnologici d’avanguardia. Secondo l’Ustr infatti, attraverso il suo “Made in China 2025”, Pechino punta a conquistare la leadership economica nei settori dell’alta tecnologia.

Le nuove misure non avranno però effetto immediato. Fino all’11 maggio le aziende americane interessate potranno inviare osservazioni in merito. Successivamente l’Ustr terrà un’audizione pubblica, lasciando un ulteriore periodo di sette giorni per ricevere commenti addizionali. Al completamento di questo processo si saprà quali prodotti saranno effettivamente oggetto di tasse aggiuntive.

In risposta alle mosse di Washington, in Cina sono entrati in vigore dazi alle importazioni dagli Usa su 128 prodotti, per un valore di circa 3 miliardi di dollari. Per ora siamo al gioco delle parti.

Due fattori potrebbero però ripercuotersi sulle tensioni commerciali sino-statunitensi da qui a giugno. Prima di tutto il dossier coreano. È probabile che le pressioni reciproche tra Pechino e Washington, si acuiscano in prossimità dei negoziati che Stati Uniti e Corea del Sud avranno con P’yongyang riguardo la denuclearizzazione. La Repubblica Popolare non vuole essere tagliata fuori dalla faccenda, come evidenziato dal viaggio di Kim Jong-un nella capitale cinese a fine marzo.

Secondo e non meno importante, Taiwan. A giugno, il nuovo consigliere per la Sicurezza nazionale Usa John Bolton potrebbe recarsi a Taipei per celebrare l’apertura della nuova sede dell’Istituto americano, di fatto l’ambasciata statunitense sull’isola.

La Repubblica Popolare intende ottenere la riunificazione con Taiwan entro il 2050 e l’uso della forza non è escluso. Come avvenuto nel dicembre 2016, Trump potrebbe brandire il riconoscimento della sovranità di Taipei come leva negoziale contro Pechino. Ciò non solo complicherebbe il dialogo sul fronte commerciale, ma accelererebbe la collisione tra le due potenze sul piano strategico.


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