Molti osservatori hanno giustamente rilevato che quest’ultima campagna elettorale per le elezioni politiche è stata una competizione di tipo social. Forse per la prima volta dopo l’avvento di Silvio Berlusconi in politica nel 1994, il mezzo televisivo non ha più avuto quella centralità nel meccanismo di confronto tra i partiti per conquistare il consenso che invece ha caratterizzato la sua funzione fino ad oggi. È una tesi che condividiamo, anche se nel marketing c’è sempre molta prudenza prima di indicare che un mezzo prevalga rispetto a un altro. Chiunque si occupi di piani cazione pubblicitaria o comunque di una campagna di marketing sa che il “tutto” è sempre frutto di una concatenazione di fattori e non c’è mai una causa unica che determini da sola l’identi cazione di un brand. Questo vale sia nel settore pubblicitario della comunicazione commerciale, sia nell’ambito dei processi di raccolta del consenso per le elezioni politiche. Sicuramente abbiamo notato che, rispetto alle precedenti competizioni elettorali, per esempio quella del 2013, le trasmissioni televisive di grande ascolto hanno sì interessato gli italiani, ma in modo meno netto e con share in parte inferiori rispetto a quanto era accaduto cinque anni fa. Che cosa è successo in questo quinquennio? Stiamo ai numeri. La televisione generalista dal punto di vista dell’Auditel, quindi degli ascolti, ha continuato a mantenere largamente il suo primato.
Osservando il profilo degli ascoltatori dei programmi delle Tv generaliste, ma anche di quelle distribuite sul digitale e di quelle locali (che incidono parecchio nelle campagne elettorali), non si è verificato un indebolimento dei numeri. Anzi, l’audience globale è rimasta stabile. Quelli che sono aumentati, almeno secondo le rilevazioni Audiweb, sono i numeri di audience del mondo del web. Secondo Audiweb, in cinque anni l’incremento stimato è di oltre il 300%. Di contro, gli ascolti delle radio sono rimasti sostanzialmente stabili, mentre sono calate vistosamente le vendite dei giornali. Guardando i numeri, è fondata la tesi che il web abbia acquistato protagonismo anche numeri-co nella campagna elettorale. Dopo aver elaborato una strategia, il passo successivo di un bravo media planner è capire a quale tipo di pubblico la campagna elettorale si rivolge.
A chi chiedere i voti. I mezzi, per loro stessa natura, selezionano i pubblici. La televisione si conferma un mezzo “maturo” che parla fondamentalmente agli over40. La radio si conferma un mezzo intergenerazionale che parla a tutti i target, ma gli spazi di approfondimento politico sono essenzialmente concentrati su reti con pro lo più maturo come Rds, Rtl, Rai.I quotidiani invecchiano con i lettori e incidono sostanzialmente su una élite del Paese connotata da un’età matura. La rivoluzione del web, invece, ha determinato due fatti importanti: ha fatto sì che alla narrazione politica possano accedere i cosiddetti nuovi elettori e, in secondo luogo, ha consentito di dialogare con quella fetta di elettorato che aveva deciso di non informarsi più, i cosiddetti astensionisti. Facebook, Insta- gram, Snapchat e tutti i social network su cui transitano messaggi politici o para-politici non solo hanno consentito contatti più freschi, ma hanno anche imposto ai candidati uno stile di comunicazione più rapido, più fresco, meno mediato. Di conseguenza, non solo abbiamo assistito all’irrompere di un nuovo target nella discussione, ma anche a un deciso cambio di stile.
Uno dei fenomeni che andrebbe studiato è quanto il web abbia condizionato, per esempio, gli slogan nel confronto elettorale. Fa riflettere che una campagna che doveva caratterizzarsi per maggiore trasparenza sul piano del linguaggio, è stata invece connaturata da un uso di claim e di frasi a effetto addirittura più forti e semplicistiche rispetto a quanto è accaduto in passato. La rivoluzione del web in questa ultima campagna elettorale ha quindi non solo cambiato e modificato i messaggi e le loro caratteristiche, ma ha anche imposto ai player una modi ca vera e propria delle agende e dei contenuti.
Alcuni candidati hanno preferito puntare su proposte elettorali scavalcando la mediazione e la funzione dei giornalisti, rivolgendosi direttamente ai consumatori finali. La nostra risposta al quesito iniziale, per tirare le la, è che sicuramente la centralità del web in questa campagna elettorale si è affermata e consolidata e ha imposto un cambiamento radicale degli stilemi stessi di comunicazione. Positivo è che il web abbia saputo coinvolgere, soprattutto grazie al Movimento 5 Stelle, generazioni e fette di elettori che prima non partecipavano attivamente alla discussione politica. Tutto da dimostrare, invece, è che il confronto sul territorio del web abbia determinato una maggiore trasparenza e verificabilità del messaggio politico.