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Ecco perché l’Argentina è di nuovo sull’orlo del default

Un’altra stella della politica sembra spegnersi. Il presidente dell’Argentina, Mauricio Macri (nella foto con la moglie), arrivato alla Casa Rosada il 10 dicembre del 2015 è già in crisi. Due volte sindaco di Buenos Aires, Macri ha le abilità razionali di un ingegnere. Ha 59 anni e cominciò la sua carriera politica in uno degli ambiti più potenti in Argentina, il calcio, come presidente della squadra Boca Juniors. Macri è riuscito a sconfiggere il bipartitismo argentino, mettendo fine all’egemonia della famiglia Kirchner. Ed è diventato il volto della ripresa.

Il 1° maggio Macri aveva il 40% di consenso ed era favorito per la rielezione del 2019, grazie alla lotta contro la corruzione e la povertà e i programmi per spingere la crescita. Questa settimana, però, il popolare presidente argentino è entrato in crisi per colpa dei conti che non tornano nei bilanci dello Stato. Tutti credevano che il suo punto forte fosse la gestione dell’economia, ma la stabilità finanziaria dell’Argentina è una parabola che non dà tregua: appena tocca il punto più alto, si precipita quasi automaticamente.

Macri ha dovuto annunciare la richiesta di “sostegno finanziario” al Fondo Monetario Internazionale per fermare la svalutazione del peso argentino, la moneta locale. La decisione di chiedere un nuovo “salvataggio” all’organismo internazionale conferma i sospetti che si sono abbattuti sul mercato mesi fa: il piano economico di Macri non ha avuto il successo aspettato. Servono 30 miliardi di dollari per tenere a galla il Paese. Secondo la Bbc, il 75% degli argentini condanna la richiesta di salvataggio all’Fmi. Perché la storia economica dell’Argentina parla da sé.

Ma che cosa ha spinto Macri – e l’Argentina – sull’orlo di un nuovo default? Prima di tutto il mancato controllo del tasso di cambio della moneta. Il peso argentino si è svalutato del 15% in due settimane rispetto al dollaro. La Banca Centrale ha cercato di fermare il crollo facendo uscire 5 miliardi di dollari dalle riserve per fornire il mercato di dollari e facendo salire i tassi d’interesse del 40% (la più alta del mondo) per promuovere i risparmi in moneta locale. Ma è servito poco: la svalutazione continua.

Tra le altre cause dell’attuale crisi argentina c’è il tentativo di Macri di riportare l’Argentina ad un mondo globale in un momento in cui gli altri Paesi si stanno chiudendo al protezionismo. Lui sperava firmare una serie di trattati di libero scambio con gli Stati Uniti, l’Unione europea e altri membri del Mercosur. Così sarebbero arrivati nuovi investimenti e i prezzi dei prodotti importati si sarebbero riequilibrati, ma non nulla questo è successo. Martedì ha ammesso: “Durante i primi anni di governo abbiamo avuto un contesto favorevole, oggi non è più così […] Sta salendo il petrolio, si svalutano le monete dei Paesi stranieri. Il problema che abbiamo è che siamo uno dei Paesi più dipendenti dal finanziamento estero al mondo”. Ovviamente, ha responsabilizzato di questa condizione l’ex presidente Cristina Fernández de Kirchner.

La colpa della crisi attuale però sembra essere solo sua. Molti analisti sostengono che Macri ha sbagliato negli aumenti progressivi dei servizi pubblici che erano stati congelati grazie ai sussidi statali. Servivano “sangue, sudore e lacrime”, dicono i suoi stessi consiglieri, per tornare alla normalità e non essere risucchiati dall’inflazione. Tuttavia, un processo netto avrebbe colpito la popolarità del neo-presidente. Ora comunque sarà compito dell’Fmi imporre una politica di austerità, mettendo fine ai “panni d’acqua calda” per fare guarire l’economia.

Secondo l’analista Miguel Angel Bernal, ci sarà un nuovo incubo per l’Argentina: “Temo che ci sarà un nuovo corralito, una forte valutazione, l’inflazione alle stelle e molta disoccupazione. Per gli economisti lo scenario peggiore e per gli argentini un nuovo incubo. Spero di sbagliare. Ma è tradizione che il continente iberoamericano soffra le conseguenze. Comincia la crisi in un Paese e rapidamente si contagia il resto […] Se l’Fmi non gioca bene il salvataggio e ‘strozza’ l’Argentina, come lo fa sempre durante i negoziati, è molto probabile che l’incendio si spanda in tutto il continente”. Quello dell’Argentina potrebbe essere solo il primo incubo di una lunga notte per l’America latina.


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