Il ministro dello Sviluppo economico aveva scelto di prendere la tessera del Partito democratico il 5 marzo, all’indomani del catastrofico risultato delle elezioni politiche che avevano visto il partito di Renzi scendere sotto la soglia del 20%. Da quel momento in poi, una sorta di trasformazione aveva colpito Carlo Calenda: da tecnico molto apprezzato ad attivista politico.
L’inizio era stato ricco di entusiasmo, suo e dello stato maggiore del Pd. Successivamente, in due mesi e mezzi di stallo, l’illusione di poter contribuire a invertire le sorti declinanti dei dem ha lasciato spazio alla delusione, quella più cocente. Un partito diviso, dominato dal rancore, incapace di decidere e neppure in grado di buttare fuori un personaggio come Michele Emiliano (presidente della regione Puglia) che il ministro considera un antagonista ormai dello stesso Pd. “Quando è troppo, è troppo”, deve aver pensato.
Dove manifestare il proprio disagio se non sul proprio social media preferito? Ecco così che in una domenica di maggio, la mattina presto, Calenda riceve la domanda di un follower (@MarcoCantamessa) che gli chiede: “Serve davvero una grande mobilitazione per l’Italia. Ma pensa che possa partire da un’entità divisa e autoreferenziale come il Pd?”. Risposta laconica ma tranchant, senza possibilità di dubbi: “Non più”.
Il ministro dello Sviluppo economico che con Luca Cordero di Montezemolo aveva dato vita al progetto di Italia Futura (che poi aderì a Scelta Civica) ha deciso di strappare la tessera del Pd? Darà vita ad un progetto diverso, in stile Macron? È ancora presto per trarre le conseguenze di un tweet. Ma non c’è dubbio che Calenda sia una personalità politica dal carattere determinato e difficilmente tornerà indietro da quanto lui stesso ha scritto e non deve essere un caso che sul suo profilo Twitter abbia fissato questo post: “È giunta l’ora di pensare in modo netto e forte. Di cominciare a pensare in termini di salvezza della Repubblica. Un grandissimo manifesto politico culturale di #gallidellaloggia da cui si può ripartire”.
Ripartire dunque ma “non più” dal Pd. Inizia una nuova avventura? Staremo a vedere.