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Cida, basta liturgie. Restituire fiducia al Paese

errori. governo, difesa, def

Le audizioni sul Def che si stanno svolgendo davanti alle Commissioni speciali di Camera e Senato rivelano due cose: che il nuovo Parlamento funziona, pur se a regime ridottissimo in mancanza di tutte le altre Commissioni, e che può svolgere il suo compito istituzionale; che l’economia italiana è in bilico su un precipizio: dopo aver preso slancio grazie alla ripresa mondiale e agli interventi della Bce, ora non riesce a ‘saltare’ e mettersi in salvo dai nuovi segnali recessivi, dagli impegni comunitari, dalla guerra internazionale dei dazi. Non le manca l’energia – dicono le tabelle contenute nel Def – ma non c’è chi decide come e dove impiegarle e sfruttarle al meglio. Come è noto il quadro macroeconomico e di finanza pubblica di medio periodo del Def 2018 si limita a descrivere un quadro meramente tendenziale, in attesa che un nuovo governo individui gli indirizzi programmatici da sottoporre al Parlamento. Ma anche uno scenario a legislazione vigente costituisce una base di riferimento importante ed utile per definire i criteri di scelta di politica economica e, in particolare, delle politiche di bilancio dei prossimi anni.

Si tratta, infatti, di uno scenario che contiene, allo stesso tempo, indicazioni favorevoli e rassicuranti, ma anche elementi critici che provengono sia dal quadro internazionale che dall’emergere di nuove fragilità sulle tendenze, anche di medio-lungo periodo, dei nostri conti pubblici. E che si traducono, alla fine, nella necessità di programmare il futuro sulla base di scelte non più rinviabili e di interventi di politica economica molto selettivi. Insomma, è del tutto evidente che senza un governo nella pienezza delle sue funzioni il Paese resta in bilico, inizialmente, poi comincerà a regredire e con velocità crescente. Cida, come ‘parte sociale’, come espressione di una quota importante della classe dirigente di questo Paese, non può rimanere in silenzio di fronte allo ‘spettacolo’ offerto dalla politica. A due mesi dall’esito elettorale, le liturgie dei partiti sono diventate insopportabili e foriere di danni tangibili al ciclo economico. Le cose da fare sono troppe, su molteplici fronti e richiedono una squadra di Governo coesa ed efficiente. Il Documento di Economia e Finanza presentato in Parlamento è una fotografia impietosa della nostra situazione: il pil cresce ma meno dei partner europei; l’occupazione è ancora precaria e sbilanciata a sfavore dei giovani; le risorse disponibili fanno fatica a trovare la via della miglior allocazione in termini di investimenti e sviluppo. La forza d’inerzia si sta esaurendo e il rischio di essere trascinati indietro è palese.

Le sfide che ci impegneranno nei prossimi mesi sono immani. Va rivista la ‘macchina’ fiscale, alleggerendone il peso sulle imprese, sul reddito dei lavoratori dipendenti e dei pensionati e colpendo, finalmente, evasione ed elusione. Va modernizzato il mercato del lavoro, avvicinando domanda ed offerta e dando spazio (finalmente) alle politiche attive per il lavoro, favorendo l’ingresso dei giovani coinvolgendo la scuola, le università, la ricerca scientifica. Vanno fatti ripartire gli investimenti pubblici, sbloccando le risorse già stanziate e rivedendo, migliorandolo, il codice degli appalti. Va affrontato il nodo della sanità pubblica, divenuta la ‘cenerentola’ del nostro sistema di welfare, in cui il ruolo del medico è stato progressivamente sminuito e le risorse progressivamente erose rispetto al pil. Va rivisto il sistema previdenziale che, nel rispetto della sostenibilità economica, tenga adeguatamene conto dei diritti acquisiti, delle legittime aspettative di chi progetta una vita serena per sé e per la propria famiglia al termine di un percorso lavorativo.

L’elenco delle cose da fare sarebbe lungo. Ma come soggetto di rappresentanza di dirigenti pubblici e privati, delle alte professionalità, preferiamo concentrarci su un aspetto rimasto in penombra. Quello dei valori, dei principi cui deve ispirarsi l’azione del prossimo governo. Dal mondo della scuola, a quello del lavoro, dalle professioni, al commercio, alla sanità, la richiesta che arriva a Cida, intesa come ‘corpo intermedio’, è univoca e accorata: restituire fiducia e senso di appartenenza alla società tutta, ridare valore e riconoscimento al merito, alla professionalità ed alla competenza. Questo è l’impegno che chiediamo al nuovo Parlamento e al governo che, ci auguriamo, venga costituito nelle prossime ore.

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