Mi chiedo se, pur essendo molto evoluti, non stiamo in realtà ritornando primitivi. Lo dico nel senso della condizione umana, guardando a dove stiamo andando e a dove stiamo conducendo il mondo. Il tradimento della realtà passa, anzitutto, dal tradimento di noi stessi, della nostra natura. Affievolire o perdere il talento della rel-azione significa rinunciare a essere ri-creatori di realtà, a essere visionari; quando fatichiamo nella rel-azione, infatti, interrompiamo il circolo virtuoso dell’umano-che-si-fa-umano. Questo circolo ha in sé qualcosa di misterioso, di in-afferrabile, di in-controllabile, di im-prevedibile e, per spezzarlo, basta essere “troppo razionali”. Si può definire il limite del “troppo” ? Non in maniera assoluta, penso che il troppo razionale sia nel non riuscire più a leggere le complessità del reale; quando, cioè, ricerchiamo nella realtà, e riconosciamo come reale, solo ciò che è riconducibile alla causalità ed è misurabile quantitativamente.
La qualità razionale, se è indispensabile per tendere a un ordine che ri-cerchiamo, non può arrivare fino a determinare un unico ordine possibile. L’assolutizzazione del concetto di ordine tende a far combaciare l’ordine stesso con una cultura (qualsiasi essa sia) che, inevitabilmente, facciamo diventare “universale culturale”. L’ordine, nel quadro del progetto di civiltà, non può che essere dinamico e comporsi in continuo, tenuto conto delle sfide e dei fenomeni emergenti. Dentro all’ordine che si forma, e che non cessa mai di formarsi, si sviluppano – al contempo – dinamiche di conservazione, di innovazione, di legittimazione e tutto ciò comporta la necessità di fare i conti , nel reale vivente, con l’assenza di linearità e di causalità. Non è più come un tempo: oggi, infatti, tutte queste dinamiche si intersecano e si contaminano, generando anche nuove fecondazioni in-attese (che vivono nel profondo di ciò che ci attendiamo linearmente). Un primo punto che mi sembra importante, in una considerazione progettuale del concetto di ordine, è che esso com-prende anche il disordine.
Anziché voler togliere il disordine dalla realtà, intenzione pericolosamente totalitaria, dovremmo considerarlo per quello che è, dato ineludibile del reale stesso. Il disordine aiuta l’ordine a evolvere dinamicamente, così come il conflitto aiuta le nostre società a mantenersi vive e vigili. All’interno dell’ordine vivono le contraddizioni dell’ordine stesso; si tratta di contraddizioni naturali che danno senso all’ordine e che non possono essere “classificate” come impedimenti alla sua formazione. Pertanto, l’ordine è contraddittorio.