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Le forze politiche siano responsabili di fronte alla Res-Publica

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(Art. 92 Costituzione Italiana)
Il Governo della Repubblica è composto dal Presidente del Consiglio e dai Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di quest’ultimo, i Ministri.

Il sistema elettorale consente che dal voto emerga il presidente, ma così non è stato: nessun partito – o coalizione di partiti – ha avuto la maggioranza con le elezioni del 04 Marzo 2018. Di conseguenza il Presidente della Repubblica ha operato per fasi: Consultazioni, eventuale mandato esplorativo (ad un soggetto di rilievo, allo scopo di fare ulteriori indagini), conferimento dell’incarico e accettazione con riserva cui possono seguire la rinuncia all’incarico (e l’iter ricomincia) o la nomina (previe dimissioni del precedente Premier e nomina dei nuovi ministri).

Pertanto avevamo già un presidente proposto NON eletto (prof. Conte), benché da anni si lamentasse la nomina di presidenti non eletti.

Occorre però abbassare i toni. Frasi riportate dalla stampa del tipo: “Noi ci siamo. Basta che non perdano più tempo e non prendano più in giro le persone. O si beccano il programma e la squadra che abbiamo presentato oppure facciano altro e ci facciano votare”. Anche l’alunno di un serio Liceo capirebbe che la terza persona plurale è rivolta al Presidente della Repubblica. Dovrebbe apparire un linguaggio inammissibile tout court. Ci si immagini questo stile al governo. C’è il rischio che Trump passi per un gentleman.

Tutte le forze politiche devono essere consapevoli che parlano raggiungendo il popolo e pertanto occorre scienza e responsabilità perché strumentalizzare e alimentare scontento sappiamo che è inutile, ma soprattutto non paga mai… Quando si parla in pubblico occorre sempre ricordarsi che si è anzitutto servitori e che a tutti i costi va anteposto responsabilmente il bisogno della Res-Publica. Credo non sia mail tempo, ancor di più oggi, per cavalcare l’onda del malumore, alimentato per giustificare il proprio insuccesso.

Chi è alla guida deve saperlo fare sino in fondo; se non riesce, se ne deve assumere le responsabilità: è troppo semplice, per difendersi, scardinare le basi della Costituzione (tanto, chi la conosce? Chi saprà mai le prerogative del Presidente della Repubblica).

Quando è in gioco la Costituzione, il ruolo del Presidente della Repubblica, suo principale garante politico, muta radicalmente. Il Capo dello Stato si attiva allora come un “motore di riserva” e le sue attribuzioni si dilatano (nei limiti di quanto non sia escluso dal testo costituzionale), purché esse siano esercitate al fine di garantire gli equilibri fondamentali della libera convivenza costituzionale. Questo è quanto è avvenuto domenica 27 maggio 2018.

D’altronde abbiamo tre precedenti gestiti senza questi drammi: per il primo bisogna risalire al 1994, quando Silvio Berlusconi, appena sceso in politica, vinse le elezioni. Berlusconi propose al presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro il nome di Cesare Previti, suo avvocato, come ministro di Grazia e Giustizia. Come non detto. Il secondo precedente risale al 2001: il capo dello stato Carlo Azeglio Ciampi rifiutò il nome di Roberto Maroni come ministro della Giustizia del secondo governo Berlusconi. L’ultimo precedente è più recente ed è del 2014: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sconsigliò a Matteo Renzi di nominare il procuratore di Reggio Calabria Nicola Gratteri come ministro della Giustizia.

Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l’essenza della dignità umana. (Falcone). Siamo a 88 giorni…


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