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Dalla Luna a Marte. Ecco il nuovo programma della Nasa da 21,5 miliardi

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“Torneremo sulla Luna e poi andremo su Marte; porteremo avanti i due programmi in tandem“. È la promessa del nuovo amministratore della Nasa, Jim Bridenstine, che nei giorni scorsi ha spiegato l’ambizioso programma esplorativo statunitense e che, per il 2019, potrebbe contare su un budget da 21,5 miliardi di dollari. La cifra arriva dall’appropriation bill che è in fase di discussione nella commissione competente della Camera, che sarebbe dunque pronta ad aumentare di 1,65 miliardi la richiesta dell’amministrazione per il prossimo anno fiscale e di 810 milioni il budget già approvato (con tutte le note difficoltà) per il 2018.

IL NUOVO APPROPRIATION BILL

La nuova proposta “conferma un finanziamento a livello record per la Nasa, orientando l’agenzia sulla traiettoria di rilancio fino e oltre i giorni gloriosi del programma Apollo”, ha commentato il repubblicano John Culberson, presidente della sottocommissione Commercio, giustizia e scienza (Cjs) che ha redatto il bill. Circa 6,1 miliardi sono previsti per i programmi di esplorazione dello spazio profondo (294 milioni in più rispetto al 2018), mentre 6,7 miliardi andrebbero ai programmi scientifici (un aumento di 459 milioni). Non ci sono ancora dettagli su programmi che l’amministrazione vorrebbe chiudere e che, per ora, sono riusciti a sopravvivere nel budget 2018. Tra questi, soprattutto il telescopio spaziale WFirst, dedicato a immortalare i pianeti esterni al nostro sistema solare, a cui nel bilancio di quest’anno sono andati 150 milioni di dollari. Come nota SpaceNews, mancano anche i riferimenti ai quattro programmi di Earth science che avevano avuto la stessa sorte per il corrente anno fiscale: non più previsti nella richiesta dell’amministrazione, e poi mantenuti grazie al passaggio del bilancio nella Camere.

I PROGRAMMI SUPPORTATI

Ci sono invece i dettagli su altri programmi. Per Europa Clipper, programma esplorativo diretto verso il satellite di Giove, sono previsti 545 milioni (nel 2018 sono 600), a cui se ne aggiungono 195 per il lander che sarà chiamato ad atterrare sulla superficie del misterioso corpo celeste. Si tratta di un aumento considerevole rispetto alla richiesta dell’amministrazione che ha previsto per lo stesso programma 265 milioni. Secondo il nuovo bill, l’aumento delle risorse è giustificato dalla necessità di rispettare la tabella di marcia che, ad ora, prevede il lancio nel 2022 della sonda. In tema di veicoli spaziali, vengono confermati i budget previsti nel bilancio Nasa 2018, sia per la navicella che dovrà portare gli astronauti nello spazio, Orion (1,35 miliardi di dollari), sia per il vettore che la dovrà trasportare, lo Space Launch System (2,15 miliardi). Si prevede poi il pieno finanziamento del programma di esplorazione lunare, per cui il bill conferma la richiesta dell’amministrazione: mezzo miliardo per la Lunar Orbital Platform-Gateway, la stazione spaziale che dovrebbe orbitare intorno alla Luna. Inoltre, 218 milioni dovrebbero andare ai programmi scientifici per la missioni verso il nostro satellite naturale, e 116 milioni per lo sviluppo di capacità per l’esplorazione cislunare e della superficie.

VERSO LA LUNA…

E a rivendicare l’ambizioso programma di ritorno sulla Luna, è stato qualche giorno fa il nuovo amministratore della Nasa Jim Bridenstine, la cui nomina è stata confermata recentemente dal Senato dopo un’attesa durata 13 mesi (la più lunga nella storia dell’agenzia). Come predisposto dalla Space directive policy 1 del presidente Donald Trump (dicembre 2017), la Luna è tornata a essere il principale obiettivo dell’esplorazione americana, che nel suo complesso ha preso il nome di Exploration Campaign. A cambiare nome è stata anche la Deep Space Gateway, divenuta per l’appunto Lunar Orbital Platform-Gateway nonostante il concetto sia lo stesso: un avamposto intorno alla Luna (o sulla sua superficie) da cui partire per andare oltre, fino a Marte e allo spazio profondo. L’attuale piano, spiegato da Bridenstine nel corso del Lunar industry day a Washington, l’8 maggio, prevede la creazione della suddetta piattaforma, seguita da una serie di missioni di atterraggio, sempre più grandi e sofisticate, che apriranno la strada al ritorno dell’uomo sul satellite nell’ultima parte del decennio 2020. Una parte del programma, nota come Commercial Lunar Payload Services, prevede l’acquisto da parte della Nasa di payload spaziali su lander commerciali che dovrebbero partire verso la Luna nel 2019.

…E VERSO MARTE

Ma lo sguardo è già rivolto verso Marte. E, non a caso, dopo aver partecipato all’evento “lunare”, Bridenstine è intervenuto, il 9 maggio, allo Humans to Mars Summit. “Se qualcuno di voi fosse preoccupato del fatto che il nostro focus nei prossimi anni sia la Luna, non lo sia”, ha detto il numero uno della Nasa. “La visione del presidente Trump ha enfatizzato che l’Exploration Campaign stabilirà la leadership americana nell’esplorazione umana di Marte”, ha aggiunto. “Faremo entrambe le cose, in tandem; una missione supporterà l’altra e viceversa”. Per ora, è in viaggio InSight, la missione (dotata di lander) partita la scorsa settimana e destinata ad arrivare sul Pianeta rosso a novembre, tra l’altro grazie a una bussola stellare realizzata dall’italiana Leonardo. Il prossimo passo sarà Mars 2020, che dovrà portare su Marte un rover e poi prevedere il recupero di campioni marziani, obiettivo per cui la Nasa ha siglato da poco un accordo con l’Agenzia spaziale europea (Esa) la cui missione ExoMars (fase due) partirà anch’essa nel 2020. Secondo Bridenstine, il ritorno sulla Luna è funzionale ad arrivare poi su Marte: “Il nostro ritorno sulla superficie lunare ci permetterà di provare e migliorare le tecnologie che ci consentiranno di far atterrare sul Pianeta rosso i primi americani”.

TRA DUBBI E AMBIZIONI

Certo, qualche dubbio resta. Come ha notato su Airpress l’astronauta italiano dell’Esa Roberto Vittori, Luna e Marte sono “due mondi troppo diversi” per poter pensare di andare sull’uno per sviluppare le tecnologie necessarie ad andare sull’altra. Eppure, “affermare di andare sulla Luna per poi esplorare Marte non è completamente errato. La cosa saggia è che tornare sulla Luna dopo oltre 50 anni dal primo sbarco farebbe tornare all’uomo la voglia, e soprattutto la curiosità, che serve per andare oltre. Marte è un obiettivo, seppur lontano, ma rappresenta il prossimo passo stellare che l’uomo dovrà prima o poi fare. E se serve andare sulla Luna, facciamolo, ma senza pensare che una volta tornati sulla Luna avremo capito o imparato come fare per esplorare o vivere su Marte. Sono due mondi lontani tra loro – concludeva Vittori – troppo lontani. L’importante però è fare il primo passo”.

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