Forse non erano stati presi troppo sul serio, ma gli allarmi sulle relazioni pericolose del Cremlino in Europa c’erano tutti, e riguardavano già due anni fa anche la Lega e il Movimento 5 Stelle. Riprendendo il report dell’European council on foreign relations (Ecfr) del 2016 non sembra passato così tanto tempo, ma resta l’impressione che i rapporti di Mosca con molte forze politiche europee si siano in realtà consolidati ancora di più. Da ultimo, l’accordo firmato dalla Lega di Matteo Salvini con il partito Russia Unita del presidente Vladimir Putin, che prevederebbe “uno scambio di informazioni” che ha già destato più di qualche perplessità (qui l’articolo di Formiche.net).
GLI AMICI EUROPEI DI PUTIN
Nel 2016, l’Ecfr analizzava 45 partiti europei insurgent, cioè critici nei confronti dell’establishment vigente e tendenzialmente favorevoli a un cambio complessivo del mainstream politico. “La maggioranza” presentava posizioni favorevoli nei confronti della Russia, simpatizzando con molte delle scelte del Cremlino. Per lo più si trattava (e si tratta) di formazioni di estrema destra, come l’AfD tedesca, Alba Dorata in Grecia, il Front National francese, l’Ukip in Regno Unito e la Lega in Italia. A sinistra dello spettro politico c’è invece Podemos in Spagna, Syriza in Grecia e la Die Linke in Germania. Ad essi si aggiungono formazioni estranee alle tradizionali collocazioni destra-sinistra, tra cui spicca il Movimento 5 Stelle e il Muro Vivente ucraino.
COSA È CAMBIATO
Questo quadro non è molto cambiato nel giro di due anni, se non per il fatto che diverse forze sono riuscite a farsi più spazio del previsto nei rispetti parlamenti nazionali. Rileggendo il report dell’Ecfr stupisce dunque che nel 2017, l’AfD abbia ottenuto in Germania il 13% dei voti, mettendo in crisi il partito di Angela Merkel e costringendola a ricercare una nuova grande coalizione con i socialisti di Martin Shulz (poi dimessosi a febbraio). In Francia, prima del tracollo alle legislative, il Front National è riuscito a esprimere un candidato (il leader Marine Le Pen) arrivato inaspettatamente al secondo turno delle presidenziali. A stupire di più rispetto alle attese del 2016 è però il risultato del voto italiano del 4 marzo, che ha visto primeggiare ben due partiti che si possono considerare nell’alveo dei “filo-russi”, nonostante tutte le rassicurazioni di atlantismo ed europeismo dei rispettivi leader. Come ha notato Paolo Alli, presidente dell’Assemblea parlamentare della Nato, con riferimento al “contratto di governo” tra Lega e Movimento 5 Stelle, “nessun altro Stato dell’Alleanza Atlantica ha messo in agenda il tema dell’eliminazione delle sanzioni alla Russia”.
I BENEFICI PER LA RUSSIA…
Ciò che lega molte formazioni europee (tanto di destra quanto di sinistra) alla Russia è un doppio binario di reciproci vantaggi. Per Mosca, disporre di una rete di partiti filo-russi (più o meno consapevoli) significa legittimare la propria azione in molti scenari internazionali, dall’Ucraina alla Siria, costruendo una narrativa a lei favorevole. In più, permette un’erosione interna tanto della Nato e quanto dell’Unione europea, dato che tali formazioni conservano generalmente posizioni critiche nei confronti dell’Alleanza Atlantica ed euro-scettiche (nella versione più pacata). Tutto questo è chiaro e conclamato, tra l’altro accompagnato dal forte impulso che il Cremlino ha dato al soft power negli ultimi anni, evidente anche nei network a diffusione globale come Sputnik o Russia Today, diffusori continui della propaganda filo-russa. Per non parlare poi dei troll usati nei social network o delle influenze esercitate nelle varie tornate elettorali, a partire dal referendum sulla Brexit e dalle presidenziali Usa del 2016.
…E I BENEFICI PER I PARTITI FILO-RUSSI
Ad essere meno chiaro e conclamato è invece il secondo binario del rapporto, cioè ciò che spinge tali formazioni ad essere “gli amici di Putin”, esprimendo con una certa costanza posizioni così favorevoli al Cremlino. Oltre a simpatie politiche e ideologiche, il dubbio (a tratti l’allarme) lanciato già due anni fa dall’Ecfr è che si tratti di una vera e propria rete di formazioni sovvenzionate dalla Russia di Putin, parte di un progetto più ampio che punta a minare la compattezza della Nato e indebolire la rete di alleanze occidentali. Non ci sono prove concrete in merito (a parte alcune finanziamenti provati, come quello al Front National) e dunque tutto questo (è bene dirlo) resta un’ipotesi, da tempo scandagliata più e più volte a colpi di inchieste, report e smentite. L’impressione è che, più o meno inconsapevolmente, tali formazioni facciano in ogni caso il gioco di Mosca, che ha saputo abilmente approfittare delle debolezze occidentali. Ad ogni modo, tutto questo lascia aperto un quesito fondamentale, che è bene che si ponga anche chi sostiene la legittimità di una politica di partenariato con la Russia: ai Paesi europei conviene davvero un profondo shift verso est? Conviene erodere la compattezza della Nato e dell’Unione europea?