L’Iran ha deciso lunedì di bloccare Telegram. Molto popolare nel Paese per l’organizzazione di manifestazioni, l’app di messaggistica è accusata di compromettere la sicurezza nazionale, secondo le autorità iraniane. Anche Facebook e Twitter sono stati bloccati in un tentativo di controllo politico dei social network.
“MINACCIA PER LA REPUBBLICA ISLAMICA”
Il Tribunale supremo iraniano ha deciso di vietare l’uso di Telegram e di bloccare l’accesso “totalmente” da qualsiasi server perché negli ultimi anni ha contribuito a danneggiare la sicurezza nazionale e l’economia del Paese, perché attraverso il sistema di messaggi sono state convocate diverse manifestazioni contro il governo.
“Telegram perturba l’unità nazionale – si legge in un comunicato ufficiale del tribunale – all’essere usata per provocare caos e disordine, permettendo l’insulto contro i valori islamici […]. È impiegata da gruppi estremiste per diffondere la propaganda contro il sistema della Repubblica islamica […] Telegram è l’unico posto dove lo possono fare e per questo è diventato una minaccia per la Repubblica Islamica”. Le autorità iraniane hanno aggiunto che “gli amministratori di Telegram non hanno collaborato nelle indagini con la raccolta di dati e prove di reati”.
COSA OFFRE TELEGRAM
Telegram ha circa 40 milioni di utenti in Iran ed è stata fondamentale per l’organizzazione delle proteste a fine dicembre contro l’aumento dei prezzi e la corruzione nelle istituzioni pubbliche. Da alcuni mesi, i canali di Telegram hanno offerto diverse app di VPN (programmi anti-filtri di Internet) per aiutare agli utenti iraniani a continuare ad accedere al sistema di messaggi.
Coordinamento del team in una campagna elettorale, invio di documenti e file senza bisogno di usare la mail, mobilitazione di volontari e militanti, gruppi di più di 200 membri, scambi diretti privi di mediazione. Tutte queste possibilità della tecno-politica che offre Telegram, non solo nei Paesi totalitari. Per questo è diventato uno strumento di comunicazione politica per partiti e candidati che aiuta l’approccio verso i cittadini in maniera efficace e veloce, ristabilendo i rapporti con le comunità.
LA CENSURA, NON SOLO IN IRAN
Anche la Russia ha vietato recentemente Telegram con una sentenza perché i vertici si erano negati a consegnare le chiavi per decodificare i messaggi degli utenti (qui l’articolo di Formiche.net).
Ma non solo. L’app di messaggistica istantanea è stata bloccata anche in Cina, dove è accusata di collaborare nell’organizzazione e lavoro quotidiano degli avvocati per i diritti umani. I server sono stati bloccati dopo un attacco informatico in Asia. Secondo blockedinchina.net, l’accesso a Telegram è bloccato dai server che si trovano a Pechino, Shenzhen, Mongolia, Heilongjiang e Yunnan. L’anno scorso il giornale statale cinese People’s Daily pubblicò un articolo dove accusava Telegram di “offrire una chat segreta con messaggi che si auto-distruggono dopo poco a chi cerca di organizzare e partecipare negli attacchi contro il Partito Comunista e il governo”. Invece è stato confermato che WeChat, la principale app di messaggi istantanei in Cina, condivide i dati degli utenti con il governo.
CONTRO WHATSAPP E GLI SMS
Telegram non è però l’unica app vittima di censura per motivi politici. Nel 2016, l’app WhatsApp è stata bloccata in Brasile per non avere consegnato i dati degli utenti indagati dalla giustizia. In Iran e in Afghanistan il governo ha bloccato più volte dai server i servizi WhatsApp e Telegram. A Cuba il regime di Raúl Castro censura le parole “democrazia”, “diritti umani” e “sciopero della fame” dagli sms che partono dall’isola. L’impresa Cubatel, incaricata di gestire le comunicazioni, ha imposto un filtro digitale che impedisce la spedizione di messaggi con questi contenuto.
Telegram ha lanciato una sfida con un premio di 300.000 dollari a chi riesca a scoprire il codice cifrato AES (Advanced Encryption Standard) su cui si basa il sistema Telegram e anche diverse transazioni bancarie e protocolli di fiducia nel web. Attivisti, politici e terroristi si comunicano su Telegram perché credono nella confidenzialità delle comunicazioni. Al Qaeda e lo Stato Islamico hanno sfruttato la capacità di inviare un numero illimitato di messaggi, creare gruppi con più di 200 membri e inviare documenti senza bisogno della mail per pianificare attentati, oltre ad arruolare e addestrare nuovi terroristi.
L’ALTERNATIVA (SECONDO L’IRAN): SOROUSH
Le autorità iraniane cercano di allontanare i cittadini da Telegram anche con la sponsorizzazione di un nuovo sistema di messaggistica. Si chiama Sorush, è stato creato nel 2016 e conta su circa tre milioni di utenti. Insieme a iGap e Eitaa, l’Iran vuole combattere il monopolio digitale dell’Occidente con Soroush, ma la sfiducia verso quest’app alternativa è molto alta. Molti iraniani non vogliono sostituirla con Telegram perché ci sono voci sullo spionaggio del governo. “Noi Telegram lo usiamo per organizzare le lezioni di zumba, vietate dallo Stato – ha raccontato una ragazza iraniana all’agenzia di notizie Efe -. Ora che non abbiamo più quell’app penso che useremmo Instagram”.