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Quella tregua (fragile) tra Israele e Hamas

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Lo scontro a fuoco più violento tra Israele e Gaza dalla guerra che le due parti hanno combattuto nell’estate 2014 sembra avviarsi verso la conclusione, nonostante le dure dichiarazioni di tutte le parti in causa e qualche isolato colpo partito dalla Striscia anche nella giornata di oggi.

Ieri sera Hamas e Jihad islamica, le due organizzazioni responsabili del lancio di colpi di mortaio e razzi su Israele avvenuti ieri e stanotte hanno annunciato che, grazie alla mediazione egiziana, si è raggiunto un accordo per il cessate il fuoco che è entrato in vigore a mezzanotte. Khalil al-Hayya, un gerarca di Hamas, ha affermato tronfio che gli egiziani sono intervenuti “dopo che la resistenza è riuscita a respingere l’aggressione”, aggiungendo che il cessate il fuoco reggerà finché sarà rispettato da Israele. La notizia della mediazione egiziana è stata confermata anche da un portavoce della Jihad Islamica, Daoud Shebab.

Hamas e Jihad Islamica avevano rilasciato una dichiarazione congiunta ieri nella quale rivendicavano l’attacco e attribuivano a Israele la responsabilità di aver “cominciato questo round di escalation” attaccando nel fine settimana postazioni della Jihad e provocando la morte di quattro militanti. È la prima volta dal 2014 che Hamas dichiara apertamente di aver attaccato Israele, e lo fa con toni di aperta sfida: “Alle bombe risponderemo con le bombe e al sangue col sangue”, recita la dichiarazione congiunta.

Israele, dal canto suo, dopo aver reagito ieri colpo su colpo con la sua aviazione, dà mostra di fermezza. Il ministero Arieh Deri ha dichiarato alla radio dell’esercito che si attende un rapido ritorno alla calma. “Se ci sarà quiete, risponderemo con la quiete”, ha detto Deri. “Abbiamo dato ad Hamas una chance di provare che possiamo tornare alla routine”. Ma se il gruppo dovesse tornare ad attaccare, ha aggiunto il ministro, ad Israele non resterebbe che rispondere con “uno strike molto penoso”.

A rinforzo delle parole di Deri sono pervenute quelle del portavoce dell’esercito brigadier generale Ronen Manelis, che ha minacciato ulteriori azioni israeliane in caso di escalation da parte di Hamas. Gli strike di Israele “continueranno ad intensificarsi se sarà necessario”, ha detto Manelis alla stampa.

A schierarsi compattamente con Israele sono stati ieri gli Stati Uniti, che tramite il proprio ambasciatore all’Onu Nikki Haley hanno chiesto una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza. “I recenti attacchi da Gaza”, ha affermato Haley, “sono i più ampi che abbiamo visto dal 2014. (…) Colpi di mortaio sparati da militanti palestinesi hanno colpito infrastrutture civili, incluso un asilo. Il Consiglio di Sicureza dovrebbe essere scandalizzato e rispondere a quest’ultima fiammata di violenza diretta ai civili israeliani innocenti, e la leadership palestinese deve essere ritenuta responsabile per ciò che sta permettendo che accada a Gaza”.

Parole di condanna per le azioni di Hamas e Jihad Islamica sono giunte anche dal coordinatore speciale dell’Onu per il processo di pace in Medio Oriente Nickolay E. Mladenov. “Questi attacchi sono inaccettabili”, ha detto Mladenov, “e minano i seri sforzi da parte della comunità internazionale di migliorare la situazione a Gaza. (…) Tutte le parti devono mostrare moderazione, evitare l’escalation e impedire incidenti che mettano a repentaglio la vita dei palestinesi e degli israeliani”.

E al coro del biasimo ha voluto aggiungersi anche l’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Difesa dell’Unione Europea Federica Mogherini, che ha chiesto l’immediata cessazione del lancio di razzi e di colpi di mortaio. “Attacchi indiscriminati contro i civili”, è stata la dichiarazione di Mogherini, “sono completamente inaccettabile sotto qualsiasi circostanza”.

La tregua raggiunta tra Israele e Gaza potrebbe comunque essere già a rischio. Israele stamattina ha annunciato una nuova ondata di strike aerei contro 25 obiettivi di Hamas a Gaza, in risposta a quello che si ritiene un “attacco di ampia scala contro i cittadini israeliani”. Pare infatti che alcuni militanti di Hamas non abbiano obbedito agli ordini e continuato a lanciare ordigni verso Israele anche dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco.

Si annuncia perciò anche per oggi una giornata difficile, scandita ancora dai segnali di allarme e dalla fuga verso i rifugi, per i cittadini israeliani che vivono nei pressi del confine con Gaza. La pazienza del governo di Gerusalemme sarà messa a dura prova, come confermano le parole del primo ministro Benjamin Netanyahu, che ha promesso di “far pagare un duro prezzo a coloro che cercano di farci del male”.


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