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Visionari-in-potenza

Ci sono momenti nella storia, come l’attuale, nei quali l’uomo non ha maturato un pensiero in grado di comprendere e di com-prendere le innovazioni che egli stesso genera e, conseguentemente, non è in grado di governarle attraverso un pensiero per un agire pertinente. Siamo nel tempo in cui abbiamo bisogno di anticipare politicamente la storia, progettandola,  e non solo di decisioni che, in ogni campo, mettano “pezze” a ciò che è accaduto.  Esistiamo ostaggi in un “presente fotografato” e non poniamo nell’agire la dinamicità dei fenomeni; siamo ancora pienamente immersi nella scelta del fare.

Definiamo visionari coloro che ci mostrano il futuro (utilizziamo la parola “guru”) mentre, invece, dovremmo tornare alla radice della parola. Treccani online così definisce il visionario: Che immagina e ritiene vere cose non rispondenti alla realtà, o elabora disegni inattuabili. Proviamo a ripensare questa definizione con un piccolo trucco (sostanziale), scrivendo “in-attuabili” al posto di “inattuabili”: ne consegue che il visionario è colui che percorre il profondo di ciò che è attuabile e, dunque, il visionario è colui che progetta, colui che anticipa, colui che vive nei segni-dei-tempi. In tal senso, il visionario è chi utilizza il pensiero critico nella realtà.

Ciascuno di noi è un visionario-in-potenza. Occorre non rassegnarsi all’evidenza e all’imminenza ma percorrere l’oltre, guardando a tale dimensione come a quella che alimenta/innova il presente, tempo che non c’è. Il presente non esiste, è solo la continua sintesi di ciò-che-siamo-stati e di ciò-che-saremo. Noi siamo qui, ora, ciascuno un sé in maturazione, già “altri” rispetto all’istante precedente.

Per percorrere l’oltre dobbiamo progressivamente abbandonare la nostra abitudine alle “certezze dogmatizzate”. Siccome non possiamo fare a meno di avere certezze, è nostra responsabilità di “relativizzarle” e di percorrerne il profondo, l’in-certezza. Il problema delle certezze è la loro esaltazione che, molto spesso, diventa dogmatizzazione e, nei nostri comportamenti, irrinunciabilità: si pensi alla “nostra” identità, ai “nostri” valori e via discorrendo. Il che non significa che non dobbiamo una identità e dei valori chiari e condivisi ma che essi non possono auto proclamarsi, per nostra decisione unilaterale, come “validi per tutti”.



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