Il voto dei cattolici (la minoranza più numerosa del Paese), essendo ormai disperso, è sempre più contendibile. Ma anche per ragioni storiche (il papato romano) non è e non sarà mai indifferente per i politici di professione, sempre a caccia di consensi. Questa regola vale anche per un leader ruvido e semplificatore come Matteo Salvini che, mandato in soffitta il dio Po con tutto il suo armamentario di sacre ampolle e riti celtici, in piena campagna elettorale ha avuto il coraggio (o la faccia tosta) di tirar fuori il rosario e giurare sul Vangelo. Quanto basta, nella sua estrema semplificazione del rapporto fra leader e popolo, per rassicurare quei cattolici semplici, popolari, di periferia, del Nord, che vivono gli stessi disagi di tutto il resto dei poveri e dei deboli italiani. Un messaggio fatto di gesti e di parole che ha fatto storcere il naso agli intellettuali cattolici, ma non ha scandalizzato i semplici credenti ed elettori. Un indizio ci viene dai consensi raccolti dalla Lega il 4 marzo e soprattutto dalla sua galoppata trionfale, dopo l’entrata al governo, che ha portato il Carroccio a sopravanzare con un 29,2% (stando ai sondaggi) il Movimento 5 Stelle sceso al 29%. A questi livelli, è impossibile che manchi l’apporto dei cattolici.
Primo fra tutti, quello del popolo del Family Day (non quello unitario del 2007 che fermò i Dico, ma quello più ristretto del 2017). Per intenderci quella piazza che vide primeggiare Massimo Gandolfini, il neurochirurgo bresciano che ebbe a pronunciare una frase tranchant nei confronti di Renzi e del suo governo che stavano per approvare le unioni civili e il biotestamento: “Ce ne ricorderemo nelle urne”. Il resto è storia nota, dal No al referendum costituzionale all’appoggio esplicito alla Lega in campagna elettorale e all’elezione di un proprio rappresentante nelle file del Carroccio. E solo qualche ora fa Gandolfini ha ribadito su La Verità, il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, il suo apprezzamento verso la Lega per “il sostegno alla famiglia, alla natalità, alla cura del morente senza derive eutanasiche, al contrasto tanto a ideologie educative dannose quanto alla legalizzazione di droghe che bruciano i cervelli dei nostri giovani”. Non una parola, però, sul tema del giorno: l’ipotizzato e poi ridimensionato “censimento” dei rom.
A dimostrazione, se pure ce ne fosse bisogno, di quella divaricazione dei cattolici italiani proprio sui valori, che è un tratto distintivo del dibattito pubblico. In sostanza, il mondo cattolico appare sempre più diviso fra valori di destra (quelli “non negoziabili”di vita, famiglia e libertà di educazione) e di sinistra (aiuto ai poveri, lotta alle disuguaglianze, inclusione sociale, accoglienza dei migranti), riattualizzando una spaccatura che appare sempre più decisiva. In questo, lasciando cadere proprio l’appello del Papa prima e dei vescovi italiani poi, a una presa in carico di tutti i valori, senza connotazioni ideologiche o selezioni preventive.
Ma torniamo a Salvini: lui parla alla pancia del Paese e dunque anche ai cattolici che di quella pancia fanno parte come tutti gli altri cittadini. E lo fa senza intermediazioni: non si ha cognizione di ambasciatori Oltretevere della Lega e anche la notizia data dallo stesso Salvini di un imminente incontro con papa Francesco non ha trovato, al momento, conferma. Ci limitiamo ad osservare che sarebbe una sorta di sgrammaticatura istituzionale se il Papa incontrasse il ministro dell’Interno prima del nuovo presidente del Consiglio. In ogni caso, Salvini non può non sapere che l’opinione dei cattolici (e dei suoi pastori) conta ancora qualcosa. Ma la sua coerenza al modello sovranista è sotto gli occhi di tutti e dentro questo schema rientra anche la questione cattolica ed eventualmente anche il consenso e/o il conflitto. Al punto da non temere neppure una sfida pubblica, secondo gli schemi collaudati di Trump, Orban e Putin. Anzi, vede in loro degli esempi da seguire: la fermezza di Trump contro gli immigrati sostenuta anche dalla destra cristiana americana, la rivendicazione delle radici cristiane dell’Europa da parte di Orban e la santa alleanza di Putin con la Chiesa ortodossa. Modelli difficilmente replicabili in Italia, ma che rinfocolano in Salvini l’ambizione a individuare un modello italiano di rapporto fra la nuova destra sovranista e il mondo cattolico. Così da poter rafforzare ulteriormente l’internazionale populista ipotizzata e cementata dall’ideologo Steve Bannon.
Dunque, le vicende di queste ore e le mosse di Salvini vanno lette anche secondo questa prospettiva, in cui lembi di cristianità cementano i suoi progetti politici. Nel frattempo i cattolici italiani sembrano sempre più arrendersi allo schema della divisione sui valori (altro che discernimento!), dando così ragione a Salvini (non è il solo…) che non ha alcun interesse a che i cattolici siano uniti. Divide et impera.