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Corruzione e criminalità organizzata: il freno economico per il Sud e l’Europa. Parla Pittella

corruzione, criminalità

Quanto criminalità e corruzione incidono sull’economia dell’Italia e dell’Europa? Formiche.net lo ha chiesto al senatore Gianni Pittella, già vice presidente del Parlamento Europeo, a margine della terza edizione della manifestazione “La Giornata della Legalità” che si è tenuta a Santa Maria di Castellabate, nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, dal titolo “Corruzione, mafie, deterrenti dell’occupazione al Sud”.

Pittella inquadra il fenomeno della corruzione e della criminalità in chiave Mezzogiorno, spiegando altresì come tale questione riesca a neutralizzare investimenti e crescita in tutto il Paese. Con l’auspicio, però, che il nuovo governo consideri il tema corruzione come “cruciale per la dignità della propria missione, per recuperare i ritardi e la sfiducia, per ritrovare soprattutto nel Mezzogiorno quel ruolo rigeneratore della democrazia”.

Senatore Pittella, uno dei punti nevralgici del Sud è il tema della corruzione. Quale ricetta può essere efficace per contenerla e contrastarla?

Corruzione e illegalità, piccole e grandi, sono la sconfitta dello sviluppo, e la vittoria della insicurezza, della giungla, della deterrenza agli investimenti e alla creazione di posti di lavoro buoni e sicuri, non quelli indotti dalle reti criminali che approfittano dello stato di bisogno creando un circuito vizioso, con il rafforzamento dei poteri criminali, deterrenza per chi vuole investire, nuovi bisogni e povertà, criminalità più forte. Non devo citare cifre a cui sono un po’ allergico, ma tutte le rilevazioni e gli studi confermano questa tesi tanto più nel Mezzogiorno. La criminalità è come un cancro, risorge in altre sedi, si alimenta di nuovi interessi, si ramifica ben oltre i confini nazionali e meridionali.

La criminalità italiana purtroppo è tentacolare e secondo gli ultimi dati è giunta nei Paesi sud americani.

Riporto su questo le parole dell’ex procuratore nazionale anti-mafia, Franco Roberti, oggi assessore alla sicurezza della Regione Campania, ‘l’attività investigativa delle Direzioni distrettuali italiane, soprattutto di quelle calabresi, ha confermato il ruolo centrale della ‘ndrangheta nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti, grazie al rapporto privilegiato, se non esclusivo, con le organizzazioni criminali del Sud-America, che continuano a riconoscere piena affidabilità alle cosche calabresi in punto di disponibilità economiche nonché capacità di garantire un arrivo tranquillo in Europa – Olanda, Spagna, Germania e, ovviamente, Italia – di ingenti carichi, soprattutto di cocaina’.

L’Europa però in questo quadro quali mosse sta compiendo per fronteggiare la criminalità organizzata?

L’Unione europea si è dotata innanzitutto della figura del procuratore europeo ed è stata istituita la commissione antimafia nel Parlamento europeo. L’Ufficio europeo per la lotta antifrode poi lavora per snidare e combattere la mano della criminalità sui fondi strutturali.

Da sottolineare anche che la Risoluzione del Parlamento europeo del 23 ottobre 2013 sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro prendeva atto che la criminalità organizzata è sempre più simile ad un soggetto economico globale e ha un impatto sempre più pesante sull’economia europea e mondiale, con ripercussioni significative sulle entrate fiscali degli Stati membri e dell’Unione nel suo insieme e con un costo annuo per le imprese stimato a oltre 670 miliardi di euro.

Quindi la criminalità ha anche un costo per le economie dei Paesi.

Certo. La corruzione – il cui costo ammonterebbe a 120 miliardi di euro annui, pari all’1% del Pil dell’Unione – costituisce, oltre che una modalità di azione privilegiata dalla criminalità organizzata, un gravissimo attentato all’economia europea, perché altera la libera concorrenza, incidendo negativamente sulla qualità dei servizi.

La Banca Mondiale nel 2013 ha stimato che, in termini di costi, ogni punto di discesa nella classifica di percezione della corruzione stilata da Transparency International provoca la perdita del 16% degli investimenti dall’estero. Uno studio di Unimpresa del 2014 afferma che il fenomeno della corruzione in Italia fa aumentare del 20% il costo complessivo degli appalti. Tra il 2001 e il 2011 la corruzione ha consumato 10 miliardi di euro l’anno di Pil per complessivi 100 miliardi in dieci anni. Le aziende che operano in un contesto corrotto crescono in media del 25% in meno rispetto alle concorrenti che operano in un’area di legalità. In particolare, le piccole e medie imprese hanno un tasso di crescita delle vendite di oltre il 40% inferiore rispetto a quelle grandi.

La corruzione è il collante tra mafia, riciclaggio ed economia?

Corruzione, criminalità economica e criminalità mafiosa sono tre facce di un’unica realtà. La criminalità mafiosa trae costante alimento dalle prime due.

L’incentivo a condannare e a segnalare situazioni illegali viene anche da una ottima risposta della giustizia.

Una giustizia tempestiva e uguale per tutti e una Pubblica amministrazione trasparente ed efficiente sono di per sé la miglior affermazione della cultura della legalità.

La legislazione italiana ha, nel contrasto all’esercizio illecito dei pubblici poteri, perseguito il rafforzamento tecnico e il rilancio strategico e operativo dell’azione istituzionale grazie all’Autorità Nazionale Anticorruzione. La riforma della punizione dell’evasione fiscale e del riciclaggio, sino alla legge 15 dicembre 2014, n. 186 che ha introdotto il reato di autoriciclaggio, ha esteso l’ambito della punibilità anche nei confronti dell’autore del reato presupposto, a sua volta autonomamente sanzionato.

Quali altri interventi sono stati messi in atto?

L’introduzione del reato di corruzione tra privati, il traffico illecito di influenze, o trasferimento fraudolento di valori. Il fronte più avanzato di contrasto alla criminalità economica, nel sistema penale italiano, su cui negli ultimi anni si sono realizzati interventi – e sono in corso di approvazione ulteriori misure – è quello della repressione dei patrimoni illeciti.

Per reprimere a valle gli effetti delle condotte di accumulazione illecite di ricchezza, è stata potenziata la misura della confisca dei beni a danno di chi sia stato condannato per reati gravi, tra i quali, specificamente, i reati di corruzione e concussione, narcotraffico, riciclaggio.

Come si concretizzano questi strumenti?

Lo Stato acquisisce il denaro, i beni o le altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica.

Rimane però aperta la questione dell’utilizzo, sinora solo parziale, dei beni acquisiti dallo Stato per finalità sociali.

Le forze politiche in questo contesto come si inseriscono?

I governi che si sono recentemente susseguiti, soprattutto per opera del ministro Orlando, sono stati particolarmente attenti sul tema, e non è mancata la fiducia e il sostegno ampiamente meritati alle forze dell’ordine, alla magistratura, a quanti operano quotidianamente sul versante cruciale della lotta alla corruzione. Attendiamo adesso senza preclusioni e pregiudizi ciò che farà il nuovo governo, pronti a sostenerlo o a contrastarlo a seconda della direzione di marcia che vorrà prendere.

Ma è la politica nel suo insieme, a tutti i livelli, a doversi impossessare di questo tema come cruciale per la dignità della propria missione, per recuperare i ritardi e la sfiducia, per ritrovare soprattutto nel Mezzogiorno quel ruolo rigeneratore della democrazia e costruttore di comunità armoniose e di benessere sociale e civile che tanto meritano i cittadini.

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