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Perché Berlino non fa abbastanza nel Mediterraneo

I leader israeliano e la cancelliera tedesca, nel corso del vertice da poco intercorso, hanno sottolineato i punti in comune tra i due Paesi, ma sul potenziale nucleare dell’Iran hanno mostrato tutte le loro differenze. Benjamin Netanyahu ha messo in guardia sul fatto che le attività dell’Iran potrebbero scatenare una nuova ondata di rifugiati in Europa. E se da una parte la Germania è favorevole al proseguimento dell’accordo nucleare con l’Iran, nonostante l’uscita di scena degli Stati Uniti, dall’altra Israele si oppone, preoccupato dalla possibilità che aumenterà la capacità dell’Iran di sviluppare il suo arsenale. Ma questo per Angela Merkel non è l’unico fronte a cui pensare in Medio Oriente.

STRATEGIA CERCASI

Alla Germania manca una strategia per il Medio Oriente. E questo lascia spazio d’opera alle persone sbagliate, aumentando di conseguenza il caos nella regione. Anche dopo l’incontro del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu con la Cancelliera di lunedì 4 giugno sono pochi coloro che, nel governo tedesco e nelle fila dell’opposizione, considerano un possibile fattore di progresso (e di pace) l’attuazione di una politica più interventista in quest’area, teatro di conflitti. E questa mancanza di ambizione – o se si vuole, strategia – ha portato pericolo e insicurezza in Europa, come ha dimostrato la guerra in Siria. La possibile via d’uscita rimane quindi quella in cui la Germania, uscendo dalla sua culla, agisse strategicamente, non tatticamente, com’è consuetudine di Merkel, in politica estera.

GLI SBAGLI

Merkel ha definito “preoccupante” l’influenza dell’Iran; ha assicurato a Netanyahu di esercitare pressioni per “respingere” le milizie dei mullah dalla Siria. Eppure, Merkel difende ancora l’accordo sul nucleare. E il problema non è il fatto che la Cancelliera consideri l’accordo come vitale, ma che questo limiti la pressione internazionale sui mullah, tenendo alta la preoccupazione sull’Iran. Il governo federale, nel corso dell’incontro israelo-tedesco a Berlino, sottolinea che la Siria ha un futuro solo senza Bashar al-Assad, ma non è seguita nessuna proposta sulla successione del presidente.

UNA COALIZIONE NATA STANCA

Merkel si trova al suo quarto e ultimo mandato. Un quarto mandato a capo dell’ennesima, stanca coalizione di conservatori e socialdemocratici. E proprio adesso Merkel non avrebbe nulla da perdere: una caduta del governo è improbabile, una strategia atta alla rielezione non è attuabile. La Cancelliera tedesca non ha quindi nulla da perdere nel caso portasse avanti una leadership più grintosa. Lo ha dimostrato bene con il sostegno militare ai ribelli ucraini orientale nel 2014, durante l’annessione della Crimea alla Russia. Contro ogni aspettativa Merkel propose con fervore ai leader europei di imporre sanzioni a Mosca. Oltre il vecchio continente Merkel non gradisce un’esposizione diretta.

LA NON INTESA CON MACRON

Un ruolo decisivo in questa non attività esiste anche a causa dell’intesa mozza instaurata con Emmanuel Macron. Al contrario il presidente francese, in carica da più di un anno, attende che Merkel risponda alle sue proposte di riforma dell’Unione europea, che porterebbero a una maggiore integrazione economica e politica e quindi anche nella strategia internazionale. La cautela di Merkel, spesso basata sulla sua intuizione, sul suo approccio anti-rischio o sull’opinione pubblica, è vista da alcuni dei suoi sostenitori come necessaria alla luce di quanto sta accadendo tra gli Stati membri dell’Ue. Per loro Merkel rappresenta stabilità e prevedibilità in un momento in cui la Gran Bretagna si prepara a lasciare l’Ue e mentre altri Stati membri, come l’Ungheria, stanno sfidando alcuni dei valori fondamentali del blocco. Dunque l’Europa continuerà a restare fuori dai giochi del Medio Oriente per la non trazione tedesca, oppure qualcosa cambierà ora che l’amministrazione Trump è uscita dall’accordo sul nucleare?


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