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L’errore dei 5 Stelle ad allearsi con la Lega. Il governo gialloverde visto da De Masi

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“Tutto ciò che sta accadendo corrisponde smaccatamente alle previsioni”. Con queste parole il professore emerito di Sociologia del lavoro Domenico De Masi, che ha svolto tre ricerche sociologiche per conto del Movimento 5 Stelle, commenta a Formiche.net i primi 15 giorni di governo gialloverde. Previsioni, quelle di De Masi, che riguardano la situazione politica attuale in tutti i suoi aspetti. Il ruolo dei due leader al governo, il premier Conte e il suo stile ancora da capire, le ultime vicende giudiziarie della capitale, la fluidità del Movimento 5 Stelle che sa adeguarsi a ogni situazione e una frecciatina al Partito democratico. Il professore, ora in libreria con il suo ultimo libro “Il lavoro del XXI Secolo”, Einaudi, racconta dal suo punto di vista gli ultimi giorni della politica italiana.

“Era alta la probabilità che fosse Matteo Salvini a fare un’opa sui 5 Stelle e che Salvini stesso e Luigi Di Maio facessero un’opa sul presidente del Consiglio Giuseppe Conte”, sostiene il prof. De Masi. “Le cose accadute rispecchiano in pieno tali previsioni, ma non è detto che la situazione continui ulteriormente in questo modo. Potrebbe anche esserci una parabola discendente per Salvini, a causa dell’irruenza delle cose che fa e che dice. Non sappiamo se poi la maggioranza degli italiani continuerà a seguirlo in questa avventura. Ma finora bisogna dire che è andata proprio così. I 5 stelle si stanno dimostrando una forza che travasa voti da sinistra a destra”.

L’agenda quotidiana pertanto l’ha dettata il nuovo ministro dell’Interno, ma egli ha solo ascoltato gli umori degli elettori, dopo averli manipolati. “Almeno finora gli italiani sono sicuramente più propensi a uno stile di gestione del potere come quello di Salvini che non come quello di Conte”, spiega De Masi. “Salvini interpreta quella porzione di italiani che in questo momento preferisce un comportamento ardimentoso come il suo invece di un comportamento dignitoso come quello che sta assumendo il premier Conte. Però non sappiamo se sui tempi lunghi non possa finire col vincere l’atteggiamento e lo stile di Conte. Se il presidente del Consiglio fosse più intelligente di Salvini questa remissione si potrebbe rivelare solo tattica. Un atteggiamento scaltramente assunto per far valere gradatamente i suoi poteri e poi rivelarsi il vero padrone della politica. Per ora è abbastanza inusuale che un ministro, Salvini, dica al premier come comportarsi, cosa fare e non fare. Ma è significativo che Salvini fosse decisamente contrario alla partecipazione di Conte  al vertice con Macron, ma il vertice si tiene egualmente”.

“Il paragone vero che si può fare è con il primo ministro del’Interno, Mario Scelba, nel 1947”, continua il professore. “Altrettanto deciso come ministro come lo è ora Salvini, ma la differenza vera è che all’epoca il presidente del Consiglio era Alcide De Gasperi, ed era stato De Gasperi a creare il ministro Scelba. Oggi è stato Salvini a creare il presidente Conte”.

La differenza tra i ruoli e i dicasteri di Di Maio e Salvini poi sta tutta nei tempi di intervento.

“Mentre Salvini può fare cose che si realizzano subito, come ad esempio bloccare una nave, come è successo con la questione Aquarius; Di Maio ha invece compiti che richiedono mesi se non anni, come quello di riformare i centri dell’impiego e introdurre il reddito di cittadinanaza. Una differenza notevole, quindi, fra gli impegni dell’uno e dell’altro. Salvini poi in questi giorni ha avuto una duplice occasione, che ha saputo scaltramente valorizzare: la ‘fortuna’ dell’Aquarius e la ‘fortuna’ di esternazioni così stupide come quelle di En Marche”.

Tornando quindi al Movimento 5 Stelle e al caso scoppiato nelle ultime ore dell’inchiesta sul nuovo stadio di Roma che ha coinvolto, tra gli altri, anche esponenti del Campidoglio a 5 Stelle, il professor De Masi sostiene sia prematuro dare giudizi su un procedimento appena aperto: “Se fosse accertato che questi esponenti dei 5 Stelle, pur non essendo romani, appena catapultati a Roma si sono rapidamente adeguati all’andazzo edilizio romano, ci sarebbe da concludere che si tratta di un esito vergognoso e che i 5 Stelle non sono capaci di arginare la disonestà. Ma è ancora tutto da verificare”.

Sul percorso dei provvedimenti da prendere in tema di lavoro invece il sociologo riporta la sua linea, anche se sa che non è stata inserita nel programma dell’esecutivo. “Per me la prima cosa da fare è ridurre l’orario di lavoro ma non credo si intraprenderà questa strada. I 5 Stelle mi avevano commissionato una ricerca sul tema. Da questo studio venne fuori la necessità di riduzione dell’orario. I risultati messi sulla piattaforma di Rousseau furono poi commentati dagli iscritti e la maggior parte si espresse con grande favore nei confronti di questa proposta. Una soluzione che potrebbe ridurre la disoccupazione, perché noi in Italia lavoriamo 1800 ore l’anno pro-capite, contro le 1400 della Germania. Da questo dipende che nel Paese della cancelliera l’occupazione è al 79% mentre da noi è al 58%. Se noi adottassimo gli stessi orari della Germania, avremmo 6 milioni di posti di lavoro in più. Ma questo provvedimento non è stato poi messo nel programma di governo, quindi non sarà portato avanti”.

Per concludere il professore fa una riflessione che racchiude in sé la formazione del governo, i primi giorni dell’esecutivo gialloverde e un giudizio sul Pd. “Tutto ciò che sta accadendo in questi giorni dimostra la prevedibile fragilità dei 5 Stelle”. Continua De Masi: “Se il Pd avesse avuto l’intelligenza politica di fare il governo con il M5S, adesso avrebbe almeno i 6 ministri nelle posizioni-chiave attualmente detenute dalla Lega. Con Minniti al Viminale, Calenda allo Sviluppo economico, Padoan all’Economia, ecc., si sarebbe potuto proseguire rapidamente nelle iniziative intraprese durante il governo precedente. Di Maio aveva scritto una lettera aperta al Partito democratico per governare insieme, ma Renzi è corso da Fazio a chiudere le trattative. Con questa decisione la sinistra ha ‘condannato’ l’Italia a un governo di destra. Durante i quattro-cinque giorni di mancate trattative tra Pd e 5 Stelle si è deciso il destino dell’Italia per i prossimi anni. Salvini si è dimostrato duttile e intelligente ed è andato al tavolo a discutere, tornando sui suoi passi e rinunciando a fare il premier. Adesso lo fa di fatto, pur senza esserlo di diritto. E Renzi, con i pop corn in mano, sta a guardare”.

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