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Cari Assad e Putin, In Siria è “orrore senza limiti”. Parola di Unicef

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Si intensificano le operazioni militari, e gli orrori che ne conseguono, dell’esercito siriano e del suo alleato russo nella Siria sud-occidentale, iniziate il 19 giugno in aperta violazione dell’accordo di “de-escalation” preso da Mosca, Washington e Amman nel luglio 2017.

Numerose città e villaggi del governatorato di Deera, nei pressi del confine con la Giordania e con le alture del Golan, sono oggetto da una settimana di intensi bombardamenti da parte degli aerei russi. Secondo il sito Liveumamp, che monitora i combattimenti in Siria, almeno quattordici località sono finite nel mirino dell’aviazione di Mosca. Tra gli obiettivi colpiti ci sono Nawa, una delle più grandi città in mano ai ribelli dell’Esercito Siriano Libero, e le città di Dael e Saida.

Pare sempre più prossima, frattanto, la caduta della capitale provinciale, Deera, divisa per lunghi anni in due zone controllate rispettivamente dal regime e dai ribelli. La città è stata colpita ripetutamente dall’alto e da terra, in vista dell’assalto finale da parte delle truppe ammassate alla sua periferia, che hanno già espugnato – a detta dei media di Hezbollah – numerosi villaggi limitrofi e la vicina città di Busra al-Harir.

La parola d’ordine degli attaccanti sembra essere nessuna pietà, come dimostra il ritorno in scena dei barili bomba lanciati dagli elicotteri, una delle tecniche più brutali cui è ricorso il presidente siriano Bashar al-Assad in questa guerra civile senza fine. Non vengono risparmiati nemmeno gli ospedali. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, l’aviazione russa ha bersagliato i nosocomi di Saida, al-Jeeza e al-Musayfra, mentre per l’organizzazione umanitaria Uossm un quarto ospedale sarebbe stato centrato da colpi di mortaio.

La notizia è stata confermata da un giornalista siriano vicino alle opposizioni, Lawrence Adams. “L’ospedale di al-Musayfra è stato completamente danneggiato”, ha dichiarato Adams ad al-Jazeera, “mentre gli ospedali di Saida, al-Harak e al-Jeeza sono stati messi fuori uso (…) a causa dei bombardamenti aerei vicino alle strutture”.

Agli osservatori presenti sul posto non resta che certificare la cruda realtà. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, almeno il 40% delle case di una delle località prese di mira dagli aerei russi è stato distrutto. Secondo il conteggio dell’Osservatorio dei diritti umani, il bilancio dei morti dall’inizio dell’offensiva è salito a 47 civili, 39 ribelli e 36 soldati governativi, ma a detta della charity Uossm, i civili morti sarebbero 68.

Dilaga frattanto il panico tra la popolazione. Secondo l’Onu, sono almeno cinquantamila i civili in fuga, di cui 20 mila bambini. Una parte si è diretta verso i villaggi vicini al confine con la Giordania, mentre altri hanno trovato rifugio nel territorio del governatorato di Quneitra, nei pressi della frontiera con le alture del Golan, dove la presenza di Israele funge da deterrente nei confronti degli aerei di Mosca.

Le organizzazioni umanitarie paventano una catastrofe umanitaria ed esortano la Giordania a farsi carico delle migliaia di profughi che – a detta del Consiglio Norvegese dei Rifugiati (Nrc) – non hanno “nessun altro posto in cui dirigersi”. Ma il ministro degli Affari di Stato giordano, Jumana Ghanimait, ha già chiarito domenica scorsa che le porte del paese sono chiuse, visto che il Regno è già oberato dalla presenza di un milione e trecentomila rifugiati, di cui 660 mila con protezione internazionale riconosciuta.

La situazione è definita “estremamente preoccupante dal portavoce di Nrc, Daniel Gorevan. “La Giordania ha fatto così tanto negli ultimi anni ospitando tantissimi rifugiati siriani”, sottolinea Gorevan, che sollecita “la comunità internazionale a supportare la Giordania”.

Un vibrante appello è giunto dall’Unicef. “L’orrore in Siria non conosce limiti”, ha dichiarato il direttore esecutivo dell’agenzia, Henrietta H. Fore, preoccupata per la sorte dei tanti bambini in fuga. “A quelli che desiderano scappare”, ha detto Fore, “dovrebbe essere consentito di raggiungere posti sicuri, lontani dalla vista e dai suoni della guerra (…) I bambini di Siria hanno vissuto sofferenze inaccettabili. Questa non può diventare la nuova normalità“.

La tragedia di tanti bambini, uomini e donne intrappolati tra le bombe di Mosca e i confini sigillati della Giordania è stata al centro ieri di una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. In videoconferenza dalla Svizzera, l’inviato speciale in Siria Staffan de Mistura ha affermato che l’offensiva congiunta russo-siriana rischia di provocare un dramma comparabile alle conseguenze delle battaglie per Aleppo e per la Ghouta orientale messe insieme.

“Non vediamo il dispiegarsi di una offensiva di terra e di bombardamenti aerei”, ha detto De Mistura agli ambasciatori riuniti nel Palazzo di Vetro, “così come scambi di colpi di arma da fuoco da entrambe le parti”. Il Consiglio di Sicurezza non può e non deve, secondo l’inviato, permettere che una battaglia di questa magnitudine si trascini sino alle estreme conseguenze.

Intervenendo nel successivo dibattito, l’ambasciatore siriano Bashar al-Ja’afari ha accusato De Mistura di ipocrisia. “Questo rientra nel mandato dell’inviato speciale, vostre eccellenze?”, ha chiesto retoricamente ai suoi colleghi Ja-afari. Per il quale De Mistura ignora la priorità del regime siriano, che è la lotta al terrorismo. Combattenti dello Stato Islamico, ha detto l’ambasciatore, sono ancora presenti in Siria “sotto la protezione degli americani”, così come miliziani qaedisti di al-Nusra sarebbero protetti “dagli americani, dagli israeliani e da altri”. L’esercito di Damasco, secondo Ja’afari, ha il diritto di tutelare gli abitanti delle zone controllate dal governo dagli attacchi dei terroristi.

Ja’afari ha ricevuto la consueta sponda dell’ambasciatore russo, Vasily Nebenzia. “Le città di Deera e Sweida”, ha sottolineato il diplomatico, “così come le aree residenziali coperte (dagli accordi di) de-escalation, sono esposte ai colpi di mortaio dei jihadisti”.

Il numero 2 degli Stati Uniti all’Onu, Jonathan Cohen, ha replicato punto per punto. Le forze che i bombardamenti di Mosca stanno prendendo di mira non sono composte da jihadisti, ha detto Cohen, ma da combattenti dell’Esercito Siriano Libero, e non sono dunque – in base agli accordi presi da Mosca e Washington – obiettivo legittimo. “Per essere chiari”, ha aggiunto il vice di Nikki Haley, “le operazioni unilaterali in corso del regime di Assad e della Russia nella Siria sud-occidentale rappresentano una violazione degli accordi di cessate il fuoco riaffermati dal presidente Trump e dal presidente Putin”.


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