La nuova frontiera della biorobotica, insieme all’intelligenza artificiale, sarà alla base della prossima fase dell’innovazione tecnologica che traghetterà il mondo dalla società dell’informazione – basata sull’elevata digitalizzazione e il facile accesso a enormi quantità di dati – alla società dell’automazione, basata su un numero crescente di robot, sempre connessi e accessibili, in grado di cooperare con noi uomini. Già oggi i robot sono nelle realtà industriali, e la loro presenza cresce a livello mondiale a tassi superiori del 15% annuo, con l’Italia al sesto posto per numero di robot installati. di nuovo c’è che le macchine stanno uscendo dalle fabbriche per arrivare dentro tutti gli altri ambienti lavorativi, no nelle nostre case. L’Italia, sul fronte della ricerca, è in prima linea da tempo in questa rivoluzione epocale. Forse non molti sanno che la prima cattedra di robotica antropomorfa al mondo è nata proprio in Italia, a Genova. Siamo al centro di un cambiamento globale che nei prossimi anni creerà un nesso sempre più forte tra i robot e le scienze della vita.
La biorobotica può essere un importante strumento di indagine scientifica, in grado, mediante la realizzazione di modelli robotici dei sistemi biologici, di consentire nuove scoperte sui meccanismi alla base del funzionamento degli esseri viventi, ad esempio su quanto ancora non conosciamo del cervello umano, creando i presupposti per mettere a punto anche nuove terapie. dalla natura poi possiamo prendere un’ispirazione potentissima per trovare soluzioni ingegneristiche atte a migliorare la vita delle persone. La biorobotica, in questo senso, mira principalmente allo sviluppo di sistemi ispirati agli organismi biologici o capaci di interagire con essi in modo efficace. Le nuove generazioni di robot saranno capaci di operare in ambienti ad alta incertezza quali quelli abitati dagli esseri viventi, molto diversi dagli spazi fortemente strutturati delle fabbriche frequentate dai robot attuali. Saranno umanoidi o somiglianti ad animali, robot che volano, pesci robotici o robot-vegetali: tutti, ciascuno a suo modo, in grado di emulare il funzionamento di strutture biologiche, funzioni fisiologiche e comportamenti, porteranno alla diffusione di tecnologie fortemente cooperative, utili alla risoluzione di problematiche presenti nella vita dell’uomo. La biorobotica permetterà quindi di sviluppare le tecnologie abilitanti per lo sviluppo della società dell’automazione, capaci di prestazioni non alla portata dei sistemi robotici attualmente disponibili.
Alla base della rivoluzione biorobotica italiana, vari istituti e università attivi nella ricerca (come Pisa, Genova e Roma) sono protagonisti riconosciuti a livello internazionale, dalle fortissime potenzialità, e in rete con i principali centri di studio mondiali per lavorare su applicazioni mediche e non solo. I ricercatori dell’Università Campus Bio-Medico di Roma sono attivi su numerosi progetti nazionali e internazionali, in particolare sulla robotica in medicina: sistemi micromotorizzati che navigano nel corpo umano con sensori per la diagnosi precoce di alcune malattie; soluzioni per la chirurgia di precisione (come nel caso della chirurgia vertebrale) e sistemi “biocooperativi” di riabilitazione assistita in grado di raccogliere e gestire dati per fornire indicazioni al paziente sul recupero delle sue capacità e per adattare la terapia. Nel 2008 il Campus Bio-Medico è stato il primo al mondo a sperimentare protesi connesse direttamente al sistema nervoso periferico, in grado di restituire al paziente sensazioni tattili.
Le grandi opportunità offerte dalla rivoluzione robotica pongono a loro volta ulteriori sfide e responsabilità di cui voglio citare solo le due principali, a mio parere: in primo luogo saper gestire queste tecnologie per sfruttarne appieno le potenzialità di sviluppo nell’ottica della creazione di nuove professioni e di nuovi posti lavoro e, in secondo luogo, riuscire a indirizzare l’impatto sociale nella direzione della massima accettabilità per le persone, stabilendo cosa i robot dovranno fare e cosa resterà prerogativa umana. Alla base di queste scelte ci saranno ancora una volta le persone, gli studenti e i ricercatori in particolare, ai quali saranno richieste sempre maggiori conoscenze e competenze non solo di tipo tecnico (programmazione, robotica, intelligenza artificiale), ma anche a livello trasversale in campo economico, filosofico e sociale no alle nuove frontiere dell’etica, dell’ergonomia, della psicologia del lavoro e delle interazioni sociali. Solo così potremo arrivare alla corretta cooperazione uomo-robot per raggiungere il miglior livello di produttività e sicurezza unito a una reale integrazione di queste tecnologie nella società di domani che, va ricordato, sarà ancora pienamente una società fatta di donne e uomini.
(Eugenio Guglielmelli, docente di Bioingegneria e prorettore alla ricerca presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma)