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Perché la delega delle pari opportunità a un uomo è una buona opportunità

movimento 5 stelle, opportunità

Mi ha meravigliato più vedere Vincenzo Spadafora inserito nel gruppo stellato che la sua nomina a sottosegretario al posto di Maria Elena Boschi. La cultura delle pari opportunità infatti ingessata da pregiudizi e tradizioni che ne hanno sempre visto lo scontro tra maschile e femminile non è più un problema da superare e da trattare solo dalle donne.

Spadafora ha una buona esperienza in materia antidiscriminatoria e si è mosso bene come Garante dell’infanzia e dell’adolescenza disincrostando un organismo fermo da anni di inattività e sviluppando una serie di iniziative che soprattutto hanno coinvolto non solo gli specialisti ma i cosiddetti corpi intermedi in un processo di svecchiamento delle politiche indirizzate a questa fascia di piccoli e fragili cittadini e cittadine molto esposta alla violenza e alla emarginazione. Mi auguro che Vincenzo Spadafora, che ha tessuto una rete intelligente di rapporti interistituzionali e associativi, possa sostenere con il buonsenso e l’esperienza anche un rapporto con il ministero della Famiglia e della disabilità in quanto le emergenze tra le intersezioni di questi due ministeri possano portare all’emersione delle priorità che il nostro Paese sta vivendo, senza privilegiare lo spazio mal gestito dell’Unar.

I dati recentissimi Ocse non danno alibi a nessuno per non invertire la rotta dell’allocazione delle risorse a disposizione per le politiche sociali ed occupazionali sia femminili sia giovanili. Il rischio di povertà riguarda in particolare i giovani lavoratori e soprattutto poco o mediamente qualificati che hanno bassi salari, le donne che lavorano part-time e le priorità di spesa dovrebbero andare al finanziamento di scuole e i nidi d’infanzia di alta qualità, al tempo pieno nelle scuole e a rafforzare le competenze degli adulti, investire nelle infrastrutture e nelle nuove tecnologie. Le carenze su questi ultimi fronti hanno frenato la crescita della produttività, che è stata debole soprattutto nelle piccole e medie imprese.

Va tenuto presente che l’automazione, le piattaforme digitali e altre innovazioni tecnologiche comporteranno molti cambiamenti nel lavoro e la porzione di occupazioni a rischio in Italia è già molto elevata. Anche per questo vanno rafforzate le competenze degli adulti, inferiori a quelle degli altri maggiori Paesi. I nostri barocchi sistemi di istruzione professionale e di formazione non assicurano un’integrazione dei giovani sul mercato del lavoro. In Ocse i cosiddetti Neet cioè i giovani che non studiano e non lavorano sono in media del 14% e il 26% abbondante e per l’Italia è evidentemente un danno enorme; vanno date migliori opportunità alle donne che hanno livelli di istruzione pari a quelli degli uomini, ma le loro competenze sono meno utilizzate, anche perché spesso lavorano per meno ore, così come vanno sostenute politiche di inserimento delle donne nel mercato del lavoro e dei giovani che hanno una disoccupazione scandalosa.

Sì dunque alle scuole a tempo pieno e a una minore tassazione del secondo reddito famigliare, che è spesso quello delle donne e sì anche a un aumento degli incentivi ai padri affinché si prendano maggiore cura dei figli. Sì anche e subito ad un robusto piano di investimenti su figure professionali che sostengano la rete delle aziende che si trovano a gestire anche organizzativamente il problema delle disuguaglianze intese appunto come diversità che possono rappresentare opportunità di valorizzare aziende e persone. È giunta l’ora di fare anche un salto di qualità, formando figure professionali che nelle imprese garantiscano una corretta gestione del personale a rischio di esclusione sociale e di collaborare con la rete/servizi per l’inserimento in azienda, adattando contestualmente l’organizzazione, al fine di accogliere e gestire i bisogni del personale, con un’attenzione alle misure di welfare aziendale e di tipologie contrattuali, altre novità e opportunità introdotte recentemente dal processo riformatore ancora in atto che non possiamo fermare sia nel lavoro privato che in quello pubblico.

Nuove pari opportunità appunto per accomodamenti ragionevoli, particolari percorsi formativi sugli strumenti di organizzazione del lavoro innovativi e di conciliazione tra vita e lavoro, impostando un processo di riorganizzazione aziendale per il miglior lavoro in soluzioni ottimali che presuppongono integrazione a contratti collettivi, flessibilità, che consentano di liberare il potenziale delle persone. All’Università di Modena e Reggio Emilia il nostro corso sulle politiche di pari opportunità nel lavoro inteso come studio interdisciplinare di diverse abilità e strategie giuslavoristiche e di inclusione, di politiche sociali, organizzative e aziendali, lo sta già realizzando con una ottima frequenza di giovani donne e uomini che si aprono così nuove strade nel percorso di vita e di lavoro.


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