“Questo governo partorito da una gestazione tribolata è un ibrido bicipite”. Così oggi Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani, descrive il governo Conte nell’editoriale firmato in prima da Giuseppe Anzani, focalizzando in maniera non certo elogiativa il duopolio Lega-5 Stelle. “Spartisce il potere su contratto, tenendo ciascuno di mira i suoi obiettivi, con qualche guardinga insofferenza per il prepotere del partner”, si legge nel testo, riferito in modo particolare alla vicenda della nave Diciotti e alla relativa “puntigliosa ricognizione delle competenze nel confuso miscuglio di ordine pubblico, marina, regime dei porti, guardia costiera, relazioni con l’estero, difesa, giustizia”. “Qualcosa di mai accaduto, surreale come una storia di Pirandello, dice il sindaco di Trapani. Ma in luogo della geniale finezza del Nobel siciliano, le battute del teatro politico sono risuonate grevi e rozze, come in una recita cruda e un po’ caotica”, scrive Anzani.
Di certo non una apertura di credito, quindi, ma un attacco in piena regola all’atteggiamento assunto da questa sorta di mitologico mostro a due teste che sarebbe il nuovo esecutivo, secondo la descrizione del quotidiano della Cei. “Forse le paure attizzate, forse il gradimento popolare per l’efficacia pagante dei pugni sul tavolo nel gioco brutale del rimpiattino europeo a scansare migranti, non si avverte più che il nostro orizzonte si va tingendo di sangue, il cielo si fa nero, il cuore si fa di pietra. Viene il momento in cui l’ansia, l’ordine, la sicurezza, la gestibilità europea (anzi mondiale), delle migrazioni, dovrà fare i conti con le promesse tradite di appianare le disuguaglianze”. Un vero e proprio fuoco di sbarramento. “La nave bloccata è un simbolo, come pure il lager oltremare. Sono la regressione della civiltà post-umana alla brutalità di quella pre-umana della pietra e della clava”.
Già durante i difficili giorni di intervallo trascorsi tra il risultato elettorale e la formazione del nuovo Governo infatti, nel mezzo della crisi più complicata della storia repubblicana, la Chiesa italiana non aveva avuto esitazioni a schierarsi senza se e senza ma con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, specialmente nel momento in cui questi si è visto assediato sia dai grillini che dai leghisti a proposito delle perplessità espresse sulla nomina di Paolo Savona al ministero dell’Economia, che aveva portato i 5 Stelle a parlare niente meno che di impeachment. Sul caso dello sbarco dei 67 migranti dalla nave Diciotti a Trapani, il quotidiano della Cei è perciò tornato a lodare l’iniziativa del Capo dello Stato, “lucidamente accolta dal presidente del Consiglio Conte” e “densa di significato sul piano politico, giuridico, umano”, mentre invece “la disunione degli organi di governo è un vulnus che può abbassare la dialettica politica interna al rango dei diverbi condominiali, fatta salva la scala dei guai che producono”. “Il Presidente è lì per ricomporre, rimettere ordine”, ha scritto il quotidiano dei vescovi italiani: “far stare a cuccia i ringhiosi e svegliare i sonnolenti. Da questo punto di vista ridà dignità a una politica quando lo stile rischia di diventare insopportabile”.
Nei giorni scorsi, poi, era già passata nient’affatto sottotraccia un’altra presa di posizione, e di certo non meno autorevole: quella del segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Pietro Parolin, in rappresentanza del Vaticano e del pontefice Jorge Bergoglio, come riportato da Stefano Vespa su Formiche.net. “Sponsor di peso del Movimento 5 stelle, che da un lato recupera terreno nel dibattito politico relativo all’immigrazione che finora è stato monopolizzato da Salvini, e dall’altro recupera forza negli equilibri di governo: la spaccatura su un tema così rilevante è ormai sotto gli occhi di tutti”, ha scritto Vespa, mettendo in chiaro il punto della questione, che cioè “lo scontro nel governo sulla chiusura dei porti, minacciata da Salvini anche per navi italiane e militari, è netto: contro la chiusura si schierano Trenta e Di Maio, oltre a Danilo Toninelli che ne è il ministro responsabile”.
Basterebbe infatti leggere l’ultima edizione dell’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede, per vedere quale sia lo sguardo del Vaticano nei confronti di quanto accaduto al vertice dei ministri dell’interno europei, “concluso esattamente com’era iniziato”, vale a dire con “molti temi sul tavolo, grandi discussioni, ma un esito in fin dei conti fumoso, impreciso”. “Pochi impegni concreti, tanti annunci”, scrive lo storico giornale vaticano, in quella che a molti è sembrata non solo la sottolineatura di una nota stonata, ma quasi una canzonatura al ministro dell’Interno italiano, Matteo Salvini. “L’unica vera novità è la conferma della linea tedesca sui richiedenti asilo”, mentre si sottolinea il riaffermarsi della “posizione di Parigi, che dice no a centri di accoglienza in territorio francese e no a un’eventuale apertura del confine a Ventimiglia”. Al contrario, “nessuna discussione sul punto più delicato e importante: la riforma del regolamento di Dublino sui richiedenti asilo”. Un nulla di fatto, quindi, incorniciato dalle parole del segretario Parolin, in cui ha ricordato che “è meglio evitare dichiarazioni allarmistiche”.
Ma non c’è solo il tema delle migrazioni, a fare da navetta tra il governo italiano e la Chiesa cattolica. Bisogna risalire all’editoriale pubblicato da Avvenire il giorno precedente per capire il pensiero dei vescovi italiani su quali siano le priorità da affrontare, tralasciate, nella politica italiana. E anche qui, di fatto, per l’esecutivo penta-leghista non ci sono né incensamenti né benedizioni. “Passano gli anni, cambiano i governi, ma la sostanza non muta”, si legge. “Le previsioni estive della Commissione europea confermano una realtà amara: l’Italia dovrebbe restare l’ultimo Paese per crescita economica sia nell’Eurozona sia nell’intera Ue per un altro biennio, nel 2018 come nel 2019”. Così che “il problema numero uno del Paese resta lo sviluppo, e quindi il benessere dei suoi cittadini. È qui che si attende un’impronta energica del nuovo governo, per ora ‘distratto’ da altri argomenti certamente importanti, a vari livelli, ma non così urgenti: ora la questione immigrati, eternamente riproposta da Matteo Salvini come lancinante priorità quando forse non lo è mai stata e certo non lo è più, ora il tema dei vitalizi parlamentari”.
Se ad alcuni, perciò, può sembrare il leader leghista Matteo Salvini l’unico grande inquisito da parte della Cei, specialmente per il suo spingere troppo il pedale sul tema dei migranti con l’intenzione magari di far passare in sordina altre problematiche ben più complesse da affrontare, come l’economia e il lavoro, in realtà lo spazio per stilettate pungeti e in piena regola ai 5 Stelle, e alla loro ripresentazione insistente del tema dei vitalizi, non scarseggia. “Nell’attesa che si cominci ad affrontare la ‘guerra’ che il Paese deve combattere: quella degli investimenti che languono, dei servizi che arretrano, della bassa produttività e dell’efficienza con cui si impiegano i lavoratori, degli ostacoli frapposti dalla burocrazia”, perché “cambiamento è soprattutto questo. È bene ricordarsene”, conclude infatti l’editoriale. Nonostante il leader grillino in realtà goda di buona intesa con il mondo cattolico, come ormai pubblicamente condiviso da molti, e come dimostra anche l’articolata intervista sui temi del lavoro apparsa sul settimanale dei Paolini Famiglia Cristiana, realizzata dal giornalista Alberto Chiara. “Crescente affermazione dei diritti dei precari, strenua difesa dell’italianità del nostro sistema produttivo, lotta alla piaga del gioco d’azzardo. Con il decreto Dignità il Governo Conte comincia ad affrontare gli aspetti più dolorosi della crisi economico-sociale che affligge il Paese. Mietendo consensi. E sollevando polemiche”, scrive il giornalista nell’introdurre l’intervista.
“Colpiremo chi sfrutta Stato e lavoratori. I veri imprenditori possono stare tranquilli. Era necessario porre un freno all’utilizzo smodato e incontrollato del contratto a tempo determinato”, risponde invece il leader grillino. “Ho voluto fortemente il decreto Dignità perché occorre rimettere al centro le persone e i loro bisogni nelle scelte politiche. In questi anni si è creata occupazione precaria, instabile che mina la serenità delle persone”, di “ragazzi della mia età che non riescono a formare una famiglia”, “una generazione che è stata abbandonata”, continua, spiegando che bisogna “dare la possibilità alle giovani coppie di poter immaginare un futuro e poter mettere su famiglia” e che le “imprese che stanno sul mercato, quelle fatte da imprenditori che conoscono l’importanza del lavoro e premiano i dipendenti per le loro qualità, non hanno nulla da temere”. Di Maio non ha esitato a usare parole del tutto rassicuranti per l’elettorato cattolico. “Il riposo domenicale è un diritto sacrosanto. Il tessuto sociale e familiare ha bisogno di tempi di confronto. La famiglia deve poter avere un momento di confronto e crescita al proprio interno”. Musica quindi per le orecchie di chi riconosce nella domenica il giorno del Signore. “Anche il Santo Padre, del resto, si è espresso più volte sull’importanza del riposo domenicale e festivo. Siamo pronti ad accogliere questo suo invito”.