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Difesa, sicurezza e migrazioni. Ecco la missione della Trenta in Tunisia (prossima tappa Libia)

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La stabilizzazione del nord Africa e la sicurezza nel Mediterraneo passano dalla Tunisia. Ne è consapevole il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, che oggi è a Tunisi per incontrare il presidente Beji Caid Essebsi e l’omologo Abdelkarim Zbidi. La titolare del dicastero di via XX Settembre, spiegano da palazzo Baracchini, “garantirà l’assistenza della Difesa italiana, nel solco della cooperazione in corso, per supportare ulteriormente il controllo degli spazi marittimi e della gestione delle emergenze in mare”. Così prosegue la strategia del governo per il controllo dei flussi migratori tramite la collaborazione con i Paesi nordafricani, dopo i viaggi del ministro dell’Interno Matteo Salvini e del numero uno della Farnesina Enzo Moavero Milanesi in Libia, altro Paese di grande rilevanza strategica che la Trenta raggiungerà “tra poco”. Intanto, il ministro sta proseguendo “la valutazione accurata” dei dossier che riguardano la Difesa, dalle missioni internazionali al programma F-35.

“UNO SCENARIO VOLATILE”

Per l’Italia, l’attenzione alla regione nordafricana è inevitabile. “Siamo di fronte a uno scenario che definirei volatile”, ha detto il ministro in una lunga intervista rilasciata a LaVerità. “Ci sono situazioni fluide, un quadro geopolitico mutevole”, in cui la prima preoccupazione resta “l’immigrazione incontrollata” che “crea instabilità”. Poi, ci sono minacce “che la gente non percepisce come tali” a partire da quella cibernetica. “Sarebbe possibile oggi attraverso un attacco cyber bloccare l’energia di una Stato intero”, ha spiegato la Trenta. Dunque, “dobbiamo continuare a difendere le nostra infrastrutture critiche”, con investimenti che il ministro ha annunciato per questo settore.

IL VIAGGIO IN TUNISIA

Oggi tutta l’attenzione è però per la Tunisia e il Mediterraneo. Nell’ultimo pacchetto missioni, il Parlamento ha approvato l’invio di 60 militari per partecipare alla missione Nato di supporto alle forze di sicurezza locali. A gennaio, il precedente esecutivo ha siglato con Tunisi un piano di cooperazione che si allarga ai temi della sicurezza, compreso il contrasto all’immigrazione illegale, tema particolarmente caro all’attuale governo italiano che in nord Africa ha lanciato una campagna importate, a partire dalla Libia. L’obiettivo del viaggio di oggi è seguire questa linea, rafforzando ulteriormente i rapporti con un Paese essenziale non solo per i temi migratori, ma anche per la stabilità della regione nel suo complesso (basti pensare che le Primavere arabe ebbero inizio con la Rivolta dei Gelsomini proprio a Tunisi, diffondendosi poi con rapidità in tutto il vicinato).

IL QUADRO DELL’ALLEANZA ATLANTICA

Ora, la linea italiana può comunque contare anche sul nuovo impulso della Nato verso il nord Africa, affermato nella Dichiarazione finale del recente Summit di Bruxelles. Nonostante l’impatto mediatico di Donald Trump e della sua attenzione alle spese per la difesa l’abbiano fatta da padrone, dal vertice sono arrivati segnali importanti per l’Italia e per la richiesta di una maggior riguardo verso il fianco sud. “Il nostro Paese ha fatto sentire la sua voce”, aveva detto il ministro Trenta. E infatti, oltre alla piena operatività dell’Hub di Napoli (direzione strategica per avere piena conoscenza della complessità del fronte meridionale), i capi di Stato e di governo dell’Alleanza hanno annunciato nuove misure di Defense capacity building (Dcb) anche per la Tunisia, al fine di “aiutare le autorità a sviluppare ulteriormente le proprie capacità di difesa, in risposta alla loro richiesta”. Il supporto della Nato, si legge nel documento finale del Summit, “includerà difesa cibernetica, dispositivi per il contrasto agli esplosivi improvvisati, e la promozione di trasparenza nella gestione delle risorse”. Si prevedono inoltre attività di educazione e addestramento, oltre allo scambio di best practice.

“TRA POCO” IN LIBIA

Ma oltre alla Tunisia c’è di più. “Tra poco”, il ministro Trenta partirà alla volta della Libia, sulla scia dei recenti viaggi istituzionali di Salvini e Moavero Milanesi. “Siamo al fianco dei libici e stiamo facendo di tutto per supportarli nel gestire la loro area”, ha detto la titolare del dicastero Difesa a LaVerità. In Libia, ha rimarcato, “formiamo il personale, doniamo equipaggiamenti; è stato appena deciso di donare altre motovedette; potremmo anche donarne di più”. Tutto questo, servirà “non solo per controllare il flusso di migranti ma anche come elemento di stabilizzazione”. Ma prima di tutto, ha aggiunto, “è essenziale risolvere il problema delle milizie”, che potrebbero rendere ogni eventuale risultato elettorale inefficace.

CAPITOLO MISSIONI INTERNAZIONALI

L’approccio del governo in Tunisia e Libia si inserisce inevitabile in una strategia più ampia che riguarda tutta l’area Mena (Medio oriente e nord Africa). Se le missioni in Afghanistan e Iraq possono essere ridimensionate, in linea con quanto annunciato dal precedente esecutivo e di concerto con alleati e partner, la presenza in Libano “è un modello di stabilità che porta il marchio italiano, va mantenuta”, ha detto Trenta. Anche sulla discussa missione in Niger, a prevalere è la continuità con il passato: “Vorremmo riuscire a farla partire; è molto importante per controllare i flussi dell’immigrazione”.

F-35 E “SICUREZZA COLLETTIVA INTERGRATA”

Ma il ministro si è espressa anche sui temi più delicati che riguardano il fronte interno, a partire dalla partecipazione al programma F-35. Ribadita la linea della valutazione: “È un programma che va avanti da quasi vent’anni; non possiamo intervenire con uno schiocco di dita”. Ad ogni modo, ha aggiunto, “ho chiesto agli uffici tecnici approfondimenti sul dossier per fare una valutazione accurata”, che comunque pare non cambiare l’intenzione di non comprare altri velivoli rispetto a quelli su cui l’Italia si è già impegnata. I tagli nel bilancio (o meglio l’ottimizzazione, come ha detto il ministro) riguarderanno piuttosto soprattutto le infrastrutture, dagli immobili alle caserme: “Bisogna gestirle in modo migliore”. Lontano dai riflettori dei grandi dibattiti, ma particolarmente caro a tutto il comparto della difesa, resta invece il Libro bianco per la sicurezza internazionale e la difesa, presentato dall’allora ministro Roberta Pinotti nel 2015 e ancora in attesa della sua attuazione. Trenta sembra voler adottare anche per questo dossier la strategia dell’attenta valutazione: “Va rivisto e aggiornato; sono cambiate tante cose”, e comunque “quello che è stato fatto di buono non va buttato, ma cambia la prospettiva”. In altre parole, “il concetto di difesa deve essere allargato a 360 gradi e integrato”, passando a “un documento strategico che metta insieme competenze anche di altri ministeri, come Interno, Esteri, Trasporti, Economia”. Un nuovo Libro bianco? “A me piace chiamarla Sicurezza collettiva integrata”.

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