Il dibattito sul futuro di Forza Italia sta registrando in queste ultime settimane una serie di voci autorevoli che lo stanno arricchendo e stimolando. Mi permetto di offrire un piccolo contributo a questa fase, intensa e dirimente, che dovrà gioco-forza condurre ad una trasformazione non solo nei contenuti ma anche nel vettore di diffusione.
Fino ad oggi Forza Italia, in modo particolare la sua classe dirigente, ha beneficiato dello straordinario valore del suo fondatore, Silvio Berlusconi. Ma in questi ultimi anni abbiamo dovuto constatare che ogni qual volta il nostro fantasista, per un motivo o per un altro, è stato costretto a non essere in campo, non c’è stato nessuno che lo abbia potuto nemmeno lontanamente sostituire: in un contesto che, al netto della grande intuizione di Berlusconi di ritornare ai partiti sciogliendo il Pdl, scelta straordinaria al pari di quella del ’94 di fondare Fi.
Al contrario, oggi, infatti saremmo nelle stesse condizioni del Pd quale forza del 20% ma senza alleati degni di una vera coalizione socialista. In uno scenario simile Forza Italia ha visto i suoi alleati, in particolare la Lega, sfruttare la situazione e conquistare consensi elettorali da sempre a suo appannaggio. Partendo da questa breve analisi e considerando l’attuale sistema elettorale che lega l’elettore ad un brand e non ad un candidato in carne ed ossa, si rende necessario ripensare la prospettiva attraverso cui Forza Italia si pone agli elettori.
La nostra forza è il livello locale. Lo dimostrano le ultime elezioni amministrative. Nei comuni abbiamo a disposizione una sana e capace classe dirigente che dimostra di saper creare consensi perché cambia in meglio i propri territori costruendo piazze, scuole, rendendo vivibili città e quartieri. Dobbiamo partire da questo dato per rilanciare Forza Italia. Dobbiamo mettere in competizione i buoni amministratori e far capire loro che il partito li osserva, li valuta e i migliori li valorizzerà in percorsi politici istituzionali ancora più importanti premiando il merito.
Insomma, dobbiamo giungere ad un punto in cui, quando la gente pensa a Fi, immagina un partito che garantisce buon governo e affidabilità. Per toccare queste corde e raggiungere senza intoppi tale macro obiettivo, l’unica strada possibile, per impedire scetticismi e incomprensioni, è quella di valorizzare i giovani ed i bravi amministratori. Per assurdo, se il simbolo della Lega evoca l’intransigenza e quello del M5S la contestazione fine a se stessa, il nostro di contro deve evocare il buon governo e la serietà, contrapposti a generiche promesse e slogan pericolosi che, se ne brevissimo periodo portano frutti elettorali, alla lunga potenziali danni al sistema-Paese.
Non vedo allo stato dei fatti altra soluzione ad un nodo che deve essere sciolto quanto prima se si ha a cuore la stabilizzazione dei moderati e della componente più responsabile del panorama politico. Ma per impedire un ulteriore stallo, occorrerà avviarsi al più presto su una strada limpida e chiara, senza scorciatoie o secondi fini. Non comprendere questo delicato e strategico interstizio significa lasciare il passo a quelle vecchie logiche che hanno dimostrato tutti i loro limiti; è in questa prospettiva che al valore straordinario di Berlusconi ne aggiungiamo un altro, assolutamente importante per il futuro del partito.