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Non solo Marte, c’è l’Italia anche nei quattro nuovi satelliti lanciati nello spazio

mit galileo

La notizia del giorno in ambito spaziale è la presenza di acqua su Marte, scoperta allo stato liquido da un radar italiano (Marsis) e annunciata sulle pagine della rivista Science da un team di centri di ricerca e università nostrani, tra cui l’Agenzia spaziale italiana (Asi), l’Istituto nazionale di astrofisica, Roma Tre, il Cnr e La Sapienza (qui tutti i dettagli). Nel frattempo però, non è sfuggito l’ultimo lancio di quattro satelliti del sistema europeo di navigazione satellitare, Galileo, la cui costellazione sale così a 26 unità. A bordo di un Ariane 5 partito dalla base di lancio di Kourou, in Guyana francese, sono stati lanciati con successo altri quattro satelliti del programma che punta a garantire al Vecchio continente la piena autonomia dal Gps americano. Anche l’Italia, con Leonardo in prima fila, è a bordo del sistema.

IL LANCIO DA KOUROU

Il lanciatore pesante europeo che dal 2020 verrà sostituito dal suo successore (Ariane 6) è partito come previsto intorno alle 13:25 italiane, con l’obiettivo di condurre i quattro satelliti (ognuno con un peso al lancio di 738 chilogrammi) nella Media orbita terrestre (Meo), a circa 23mila chilometri di quota. A nove minuti dal liftoff, il primo stadio del vettore si è separato, seguito dopo tre ore dal secondo (intorno alle 17:00 italiane). A tutto questo ha partecipato anche Avio, l’azienda di Colleferro guidata da Giulio Ranzo, che per l’Ariane 5 realizza la turbopompa a ossigeno liquido del motore criogenico Vulcain e i due motori laterali a propellente solido. L’azienda italiana è intanto già a lavoro per la prossima famiglia di lanciatori europei. Il lancio odierno è “importante conferma di affidabilità del prodotto mentre è già in fase avanzata lo sviluppo di Vega C e Ariane 6. Pochi giorni fa abbiamo testato con successo il nuovo motore in fibra di carbonio P120 C che equipaggerà i nuovi lanciatori Vega C, che volerà nel 2019, e Ariane 6, che debutterà nel 2020”, ha detto Ranzo.

IL PROGRAMMA

Il programma Galileo è finanziato dall’Unione europea e sviluppato in collaborazione con l’Agenzia spaziale europea (Esa). Operativo da dicembre del 2016, è il sistema di navigazione e localizzazione satellitare interamente concepito per usi civili. A pieno regime, conterà in orbita 24 satelliti operativi e sei di riserva, in grado di offrire un’accuratezza inferiore ai 10 centimetri nel posizionamento, una precisione mai raggiunta prima, superiore tanto al Gps americano quanto al Glonass russo, nei confronti dei quali promette interoperabilità. Il lancio odierno chiude “la fase attuale del dispiegamento di Galileo, ma il nostro ritmo non sta rallentando; altri dodici satelliti Galileo ‘Batch 3’ sono in preparazione come pezzi di ricambio in orbita e come sostituti dei più antichi satelliti Galileo, lanciati per la prima volta nel 2011 per mantenere il sistema funzionante senza problemi nel futuro”, ha spiegato Paul Verhoef, direttore della Navigazione dell’Esa. “Uuna nuova generazione di Galileo – ha rimarcato – è prevista per la metà del prossimo decennio, e offrirà prestazioni migliorate e funzionalità aggiuntive, mantenendo il sistema a caratteristica permanente del panorama Gnss”, il sistema di navigazione satellitare globale.

IL RUOLO ITALIANO

Anche l’Italia partecipa al programma, sia con l’Agenzia spaziale italiana (Asi), sia con l’industria nazionale, soprattutto con Leonardo e le due joint venture della Space Alliance (frutto dell’accordo con la francese Thales): Thales Alenia Space e Telespazio. L’azienda di piazza Monte Grappa ha realizzato per tutti i satelliti i sensori di assetto Ires-N2 (Infrared Earth Sensor), utilizzati per il controllo della posizione dei satelliti, e gli orologi atomici all’idrogeno Phm (Passive Hydrogen Maser). Questi ultimi (due per ogni satellite) sono i più accurati orologi atomici mai realizzati per la navigazione satellitare, arrivando ad accumulare un errore di appena un secondo ogni tre milioni di anni. Inoltre, Leonardo ha sviluppato un ricevitore per il servizio ad accesso regolamentato Public Regulated Service (Prs) del sistema, pensato per enti governativi e infrastrutture critiche con speciali requisiti di sicurezza.Thales Alenia Space (che Leonardo controlla al 33%) fornisce supporto industriale all’Esa con attività ingegneristiche per lo sviluppo dell’infrastruttura e dei servizi del programma, mentre Telespazio (controllata al 67% dall’azienda di piazza Monte Grappa) ha realizzato presso il Centro spaziale del Fucino uno dei due centri di controllo (Gcc) che gestiscono la costellazione e la missione Galileo. Attraverso Spaceopal (divisa al 50% con DLR) Telespazio è inoltre responsabile delle operazioni e della logistica integrata dell’intero sistema.

Il lancio di oggi “è una milestone importante, perché da oggi Galileo può contare su 26 satelliti avviandosi alla sua piena operatività, con ricadute positive sempre maggiori sulla vita e sulle attività dei cittadini europei”, ha detto Luigi Pasquali, coordinatore delle Attività Spaziali di Leonardo. “Galileo è il più importante programma industriale mai realizzato dall’Unione Europea – ha aggiunto – e Leonardo è orgogliosa di offrire, anche con le joint venture Telespazio, Thales Alenia Space e Spaceopal, un contributo tecnologico determinante al suo sviluppo e alla sua gestione operativa”.

ACQUA SU MARTE

Ma la giornata di oggi verrà ricordata soprattutto per l’annuncio della scoperta di acqua sul Pianeta rosso, possibile grazie a una tecnologia italiana: il radar Marsis, realizzato da proprio da Thales Alenia Space (in collaborazione con, tra gli altri, l’Inaf, La Sapienza, il Jpl di Perugia, le Università di Chieti-Pescara). A bordo della sonda europea Mars Express, Marsis ha individuato per la prima volta la presenza di acqua allo stato liquido sotto la superficie marziana, a circa 1.5 chilometri di profondità e dunque salata (perché altrimenti, viste le basse temperature, non sarebbe stata liquida). La scoperta ha una chiara impronta italiana. I dati del radar sono stati pubblicati sulla rivista Science dal team di ricercatori italiani dell’Asi, dell’Inaf, di Roma Tre, dell’Università degli studi D’Annunzio, del Cnr e della Sapienza di Roma. “Questa scoperta è una delle più importanti degli ultimi anni”, ha detto il presidente dell’Asi Roberto Battiston. “Sono decenni che ricercatori italiani sono impegnati nelle ricerche su Marte insieme a Esa e Nasa, spesso in ruoli di leadership. I risultati di Marsis confermano l’eccellenza dei nostri scienziati e della nostra tecnologia, e sono un ulteriore riprova dell’importanza della missione Esa a leadership italiana ExoMars – ha aggiunto – che nel 2020 arriverà sul Pianeta Rosso alla ricerca di tracce di vita fino a due metri di profondità sotto la superficie del pianeta”.

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