Il Summit Nato di Bruxelles si è concluso confermando ancora una volta la “Unity and Resolve” dell’Alleanza sui temi di sicurezza transatlantica.
“In questi ultimi tempi è circolata una leggenda secondo la quale, nonostante i valori condivisi e il destino comune, le due sponde dell’Atlantico sono divise da profonde divergenze”. Lo scriveva in un editoriale su Le Figaro Raymond Aron, celebre atlantista ed europeista, nel lontano 1951, a pochi mesi dalla costituzione della Nato. Un pensiero quanto mai attuale che ci ricorda come, in un’Alleanza costituita da società aperte e democratiche, con libertà di pensiero e mercati in competizione tra loro, una stagione d’oro delle relazioni transatlantiche non sia mai esistita e che queste, piuttosto, sono sempre state caratterizzate da dibattiti che hanno poi trovato un loro equilibrio e una loro composizione.
Il rapporto transatlantico è costituito da numerosi legami: culturali, economici, e di sicurezza. La Nato, ancora una volta alla vigilia dei suoi 70 anni, si è rivelata un foro transatlantico unico per la consultazione e il dialogo, a tratti vivace, sui temi di sicurezza. Una dialettica da cui è scaturito quello “spirito collegiale” che lo stesso presidente Trump ha apprezzato nella conferenza stampa finale.
D’altronde, la Dichiarazione finale adottata al Summit rinvigorisce il ruolo e i compiti della Nato sia nella sua missione di deterrenza e difesa nei confronti della Federazione russa, sia in quella della proiezione di stabilità verso la regione del Mediterraneo. In tale prospettiva, si inserisce l’acquisizione della piena capacità operativa che il vertice ha riconosciuto al Nato Strategic Direction South Hub di Napoli che ha il compito di comprendere, prevenire, assistere ed eventualmente dare risposte alle sfide crescenti provenienti da sud. Ciò rappresenta, altresì, un riconoscimento dell’accresciuto ruolo dell’Italia, che ai fini della stabilità regionale ha anche offerto un Divisional Headquarter su base rotazionale.
L’impulso impresso dal presidente Trump al dibattito per una più equa ripartizione degli oneri a livello transatlantico ha decisamente contribuito ad accrescere l’impegno degli alleati europei, i quali contribuiranno con sostanziali incrementi di contributi finanziari, di capacità e alle operazioni della Nato, trasformando una semplice volontà di destinare il 2% del Pil alle spese per la difesa in un vero e proprio impegno sottoposto a verifiche annuali.
Oltre a rafforzare le proprie capacità di difesa, con il vertice di Bruxelles la Nato ha ribadito la propria politica della porta aperta, invitando formalmente ai colloqui per l’adesione la Repubblica ex jugoslava della Macedonia.
Guardando le sfide future, la Nato ha inteso, inoltre, rafforzare le proprie capacità per affrontare le minacce cibernetiche attraverso la creazione di un Centro per le operazioni cibernetiche presso il Supreme headquarters allied powers Europe (Shape) di Mons, in Belgio.
Infine, il vertice ha inserito le minacce ibride fra quelle potenziali che il Consiglio Atlantico potrà decidere di considerare nell’ambito dell’art. 5. Si tratta di un genere di minacce che spaziano dalle operazioni condotte da compagnie militari private alle campagne di disinformazione, che prima tendevano ad eludere il meccanismo di sicurezza collettiva e nei confronti delle quali il Consiglio Atlantico potrà decidere di far scattare il meccanismo alleato di risposta collettiva. In questo quadro, è stata annunciata la costituzione di Counter hybrid Support Teams, che avranno il compito di offrire assistenza su richiesta dei Paesi alleati.
Contrariamente alle previsioni della vigilia, le conclusioni del vertice sono andate oltre le più ottimistiche previsioni. La “Unity and Resolve” che scaturisce dalla Dichiarazione finale proietta la Nato verso il traguardo dei 70 anni con ruolo e capacità rafforzate.