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Il papa, la Chiesa e gli abusi. Parla don Fortunato Di Noto

“Negli ultimi dieci anni sono centinaia i sacerdoti italiani coinvolti nella pedofilia, con centinaia di vittime di abusi sessuali”. Lo rivela don Fortunato Di Noto, fondatore di Meter (da 27 anni vigila sulla pedofilia, sugli abusi sui minori e sulla pedopornografia). È lui la persona giusta per commentare la Lettera al Popolo di Dio scritta da Papa Francesco sul tema degli abusi sessuali sui minori e sulle persone vulnerabili..

Per denunciare la pedofilia nella Chiesa ci vuole più coraggio o più incoscienza?

La Chiesa è la “carne” di Gesù, è opera d’amore, è parola incarnata nell’azione. Quel “fate questo in memoria” ci richiama all’azione vivificante nel denunciare il male, e per grazia e testimonianza, far risorgere il bene. La questione è se siamo disposti a denunciare, se rinunciamo al male, se vogliamo mettere in gioco la nostra vita, pur nelle persecuzioni, per i piccoli, i deboli, i vulnerabili. Molti, tanti, sono restii nel denunciare, nel consegnare alla giustizia umana, colui o coloro che hanno compiuto un crimine odioso come la pedofilia. L’abuso sessuale, infatti, è un crimine contro la stessa umanità.

Padre Hans Zollner, gesuita tedesco e componente delle Commissione vaticana contro la pedofilia, rispondendo al Sir, l’agenzia di stampa dei vescovi italiani, si è espresso testualmente così: “Mi preme dire che l’Italia non ha ancora vissuto un tale momento di verità riguardo l’abuso sessuale e lo sfruttamento del potere riguardo il passato. Mi auguro che queste ultime settimane, con tante notizie sconvolgenti, abbiano aperto gli occhi e il cuore anche alla Chiesa italiana e ai suoi responsabili per impegnarsi senza esitazione e in modo consistente…”. Parole molto severe, non crede?

Non sono membro di nessuna Commissione, pontificia o della Cei, e quindi non posso pronunciarmi su cosa esattamente stiano facendo. Ma da tanti anni sono impegnato contro la pedofilia, gli abusi sui minori e la pedopornografia. Intanto mi sento di dire che non è vero che la Chiesa italiana non sia stata colpita da questi scandali: negli ultimi dieci anni sono centinaia i sacerdoti italiani coinvolti, con centinaia di vittime. In alcuni casi i vescovi non hanno saputo gestire bene le tristi tragedie che hanno coinvolto sacerdoti e religiosi. Tutto si snoda sulla questione se il vescovo, non essendo configurato come “pubblico ufficiale”, debba denunciare o no. Il problema, in Italia e non solo, è questa assunzione formale di responsabilità. Ma direi di più, un vescovo, in una grande o piccola diocesi, può gestire da solo uno o diversi casi? Con quali strumenti? Le Linee guida, credo siano da rivedere su alcuni punti e da migliorare come indicazioni operative e pastorali. Sono a conoscenza che la Cei ha una Commissione pro tutela minori e che, forse, fa fatica ad operare perché rallentata dalla burocratizzazione. Se può essere utile, Meter onlus, è a disposizione per contrastare il fenomeno della pedofilia. Dal 2002 ad oggi abbiamo incontrato ben 58 diocesi italiane, solo nel 2017 ben 15 incontri formativi in altrettante diocesi. Da 15 anni proponiamo un Corso di formazione specialistico sulla Nuova pastorale contro la pedofilia e gli abusi sessuali sui minori. Mi permetta una considerazione, che non vuole essere una contrapposizione o una critica: è probabile che nel nostro mondo non abbiamo la giusta tensione a lavorare insieme e preferiamo la frammentazione, pure in un ambito in cui le sinergie, invece, sono necessarie.

Secondo lei cosa va fatto nell’immediato nella Chiesa italiana e anche nel medio lungo termine?

Pur ribadendo un “ritardo”, credo che la Chiesa italiana stia lavorando in tal senso. Ribadisco: forse è troppo appesantita dalla burocratizzazione e dal fatto di dover coinvolgere più di 200 diocesi e quindi altrettanti vescovi. Ci vuole un tavolo celere, operativo, con capacità di intervento. Non dunque un ennesimo ufficio, magari in appendice ad altri uffici, con evidenti limiti di tempo. Mi limito a fornire alcune indicazioni. Innanzitutto bisogna conoscere il problema perché se non si conosce il male non lo si può affrontare. Occorre sapere in che situazioni sono le nostre comunità diocesane e quali azioni stanno mettendo in campo. Quindi, prevenire l’abuso. Credo che le Linee guida della Cei per riconoscere e prevenire gli abusi, come quelle di tanti organismi istituzionali e di associazioni, dovrebbero trovare una maggiore accoglienza e operatività. Parallelamente, aggiungo, sono stati attivati già numerosi corsi di prevenzione. Inoltre è necessaria “una rete operativa” che “studi l’evoluzione del fenomeno, proponga alle parrocchie, agli istituti religiosi, alla rete delle scuole cattoliche e non una serie di corsi formativi. E ancora: la presenza nei Consigli diocesani e parrocchiali di adolescenti che rappresentino i bambini, i minori, insieme ai giovani. E ancora, una pastorale ordinaria sulla tutela e difesa dei bambini, una pastorale del bambino. Infine, in ogni diocesi ci dovrebbe essere un Ufficio pro minori per la promozione e la tutela dei bambini. Così come già esiste a Noto, Bolzano, Bergamo. Poche diocesi, solo 3 su 200.

Il Papa ha parlato di gravi ritardi nel mettere in campo azioni e sanzioni? Quali azioni? Quali sanzioni? E’ possibile recuperare questo ritardo?

Nonostante il ritardo, il grido delle vittime è stato forte e insistente come quello di quanti, da molto tempo, sono impegnati contro gli abusi sessuali. Anche se spesso questo impegno è stato emarginato, non attribuendo a questa azione di tutela, una valenza pastorale ed evangelica. E’ stato un grave errore della Chiesa italiana. Mi preoccupa, inoltre, che possano spuntare i “professionisti dell’anti-abuso”, i burocrati nell’applicazione di norme e leggi, pur importantissime. Certo, possiamo sempre migliorare nella Chiesa (ma mi appello anche alle altre confessioni religiose) e alle istituzioni civili. Ancora moltissimi Paesi non hanno norme chiare e definite e magari sono Paesi accreditati alla Santa Sede. Ma io non sono un diplomatico, sono solo un prete di strada…

Le ferite della pedofilia non “vanno mai prescritte”, ha scritto Francesco. Dovrebbe cambiare qualcosa anche sotto il profilo del ricorso alla denuncia giudiziaria da parte di vescovi e sacerdoti?

La Chiesa si è dotata di norme precise in merito alla prescrizione o meno del reato di abuso sessuale su minore, anzi ha inserito anche il reato di pedopornografia. E’ ovvio che per fatti di 70/80 anni fa, pur condannando chi ha compiuto il crimine di abuso, tutto diventa difficile per un giusto processo che garantisca la giustizia alle vittime e commini una giusta pena (se ce n’è una giusta) al reo di abuso su minore. Poi è vero che siamo dei battezzati, poi sacerdoti, consacrati, ma anche cittadini. E perciò rispondiamo personalmente, qualora ci fossero complicità, alle leggi dello Stato a cui tutti noi apparteniamo. Non dobbiamo dimenticarlo: battezzati ma anche cittadini.

Nella sua lettera al Popolo di Dio, Francesco usa la formula “abuso sessuale, di potere e di coscienza” che merita forse di essere spiegata.

Nella Lettera, Papa Francesco ribadisce un concetto forte: la pedofilia è un crimine. L’abuso sessuale è un crimine. Lo avevano detto anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Molti, però, lo avevano considerato solo un peccato, da confessare. Così da lavare la colpa con qualche preghiera e un po’ di penitenza. Che è importante, ma non può assolutamente bastare. Una vittima di abuso da parte di un prete (poi ridotto allo stato laicale, ma che non ha subito un processo in Italia perché il reato è prescritto) mi diceva che l’abuso ti manipola l’innocenza, ti domina con la perversione di chi compie atti sessuali, ti intimorisce perché “se no Dio ti castiga”, uccide una parte di te, a volte ti spinge verso la morte perché divora la parte più profonda di te. E’ il meccanismo che attuano gli abusatori, i pedofili. E dunque rivela il loro esercizio del potere e comporta la pressione sulla coscienza delle vittime.

Per fronteggiare questi tre abusi serve forse un discernimento comunitario più coraggioso e leale? Manca una stanza di confronto vero fra vescovo e popolo, parroco e comunità? Cosa suggerisce?

Non so perché ma mi sovvengono le parole di Ezechiele: “Vanno errando tutte le mie pecore in tutto il paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura. […] Il mio gregge è diventato una preda e le mie pecore il pasto d’ogni bestia selvatica”. Abbiamo abdicato per altro. Ed è cosa grave. E’vero: abbiamo trascurato, dimenticato i bambini.

Il Papa ha denunciato con particolare durezza il fenomeno e la prassi del clericalismo, invocando anche un diverso atteggiamento dei laici. Ma a chi tocca fare il primo passo? Estendere la responsabilità ai laici non potrebbe apparire come uno scaricabarile sulle loro spalle? Chi ha più potere non ha anche maggiori responsabilità?

L’impegno è di tutti. Facile a dirsi di andare contro il clericalismo. Le caste si sono sempre tutelate, dovremmo essere allora anticasta sacerdotale, vescovile. Non è cosa evangelica. I laici, devo dire, hanno grande responsabilità, ma devono essere aiutati a comprendere, a farsi carico che ogni abuso sui piccoli, sui vulnerabili è cosa che li riguarda. Penso sempre a un fatto concreto: la tutela dei bambini attuata da Meter ha portato a 1600 vittime accompagnate e alla segnalazione di 200mila siti e 20 milioni di video pedopornografici e 23 operazioni internazionali di polizia negli ultimi 13 anni, per un totale di 400 arresti. Aiutato da un popolo di laici, mentre sacerdoti e religiosi sono ancora pochi. Ma le cose stanno gradualmente cambiando.

La porta del vescovo, ha detto più volte il Papa, dev’essere sempre aperta. Lo ha ripetuto ricordando anche l’esempio di don Tonino Bello. Vale forse ancora di più per le vittime della pedofilia compiuta dalle persone consacrate…

Mi piacerebbe fare un sondaggio, un esperimento: se suonassi alla loro porta, mi aprirebbero? E’ un cammino di conversione. Non sta a me e non sono qui a dare un giudizio. Qui andiamo oltre. Piacerebbe sapere, e diventerebbe un conforto, che i pastori avessero l’odore delle pecore. Ma quante pecore hanno l’odore dei pastori e non dei mercenari? Un sogno, ma è Papa Francesco a dirci di sognare.


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