All’indomani della tragedia di Genova, il Governo dovrebbe avere tre obiettivi assolutamente prioritari: ripristinare la viabilità nel capoluogo ligure, soccorrere le vittime dirette e indirette del crollo e ricostruire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Cioè, anzitutto, capire cosa è successo e cosa non ha funzionato. Invece, l’esecutivo pare perseguire una strategia diversa: additare un colpevole all’opinione pubblica. Questa rottura – retorica, ma in parte anche fattuale – dello Stato di diritto emerge in modo esplicito dal comunicato stampa con cui, tre giorni dopo il crollo del Ponte Morandi, il Presidente del Consiglio dice quello che avrebbe dovuto dire subito. Ma lo fa con scelte lessicali e annunci operativi che destano preoccupazione.
Nel comunicato, l’esecutivo riconosce le carenze nella sicurezza stradale e autostradale, e si impegna – correttamente – a realizzare e mantenere una anagrafe delle infrastrutture a rischio, potenziare i meccanismi di controllo e acquisire informazioni più precise sugli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione programmati dai concessionari autostradali (di cui, in teoria, il Ministero dei trasporti è già in possesso).
Il passaggio più radicale – ancorché cauto nella forma – è relativo all’avvio della procedura per la revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia, responsabile del ponte crollato. La richiesta è stata formalizzata in una lettera del Mit ad Aspi, alla quale viene contestato un “gravissimo inadempimento”. L’azienda dovrà consegnare – entro 15 giorni – le proprie controdeduzioni. C’è, in questo, un’assurda contraddizione. Il Governo stesso ha infatti costituito una commissione tecnica per ricostruire la dinamica dell’incidente. La Commissione avrà 30 giorni per fornire una relazione, ma il Presidente, Roberto Ferrazza, ha già detto che potrebbero non bastare.
Anche lasciando da parte le risultanze dell’inchiesta penale che, ovviamente, ha tempi più lunghi, è davvero assurdo che il Governo pensi di poter decidere in merito alla revoca della concessione – peraltro col rischio di dover poi versare ingenti penali, come ha spiegato Marcello Clarich – ben prima di avere elementi tecnici sulla base dei quali ipotizzare la dinamica del cedimento, le sue cause e dunque le responsabilità sottostanti. Tutto ciò appare tanto più incredibile se si considera che, alle possibili negligenze di Autostrade, fanno verosimilmente da contraltare insufficienti controlli da parte del Mit.
L’occasione, peraltro, dovrebbe essere colta per affrontare seriamente il tema della regolazione economica delle autostrade, dandole finalmente un assetto trasparente e moderno: cioè introducendo un metodo tariffario rigoroso, con revisioni periodiche dei pedaggi per restituire ai consumatori i guadagni di efficienza, e assegnando adeguati poteri all’Autorità dei trasporti. Anche questo è incompatibile con la volontà di pronunciare sentenze sommarie a beneficio di telecamera. Al contrario, le reazioni sguaiate alimentano la reputazione di imprevedibilità e peronismo del nostro paese, allontanando gli investimenti e gli investitori proprio quando c’è di loro il massimo bisogno.
La situazione, insomma, è talmente grave e complessa che ci si aspetterebbe il massimo del sangue freddo e del rigore. Il populismo di Governo danneggerà ulteriormente chi in Genova e nell’Italia continua, nonostante tutto, a crederci.