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Ecco come Maduro continua a minare la democrazia e i diritti umani

Il giovane deputato venezuelano Juan Requesens sembrava conoscere il suo destino. O almeno lo temeva e non si era sbagliato. Martedì scorso, ore prima dell’arresto, si era rivolto ai colleghi parlamentari per denunciare gli abusi del regime di Nicolás Maduro. “Oggi io posso parlare da qui – aveva detto -. Domani, non lo so”.

In Venezuela l’immunità parlamentare è soltanto una formalità. Il governo non vuole riconoscere la legittimità dell’Assemblea Nazionale, nonostante la regolarità del processo elettorale attraverso il quale sono stati eletti i suoi membri. La notte dell’8 agosto, agenti del Servizio Bolivariano di Intelligence (Sebin) sono entrati nella casa dei genitori di Requesens per arrestarlo. Da quel momento non ha avuto contatti con famigliari o avvocati. In solidarietà con lui ci sono proteste in alcune città del Paese.

Il 10 agosto, il ministro dell’Informazione venezuelano, Jorge Rodríguez Gómez mostrò un video nel quale Requesens sostiene di avere partecipato nell’attentato con drone contro il presidente Maduro il 4 agosto. “Settimane fa sono stato contattato da Julio Borges (leader dell’opposizione, ndr) – dichiara Requesens alla telecamera -.  Mi aveva chiesto di fare entrare una persona in Venezuela dalla Colombia. Si tratta di Juan Monasterios”.

La sorella del deputato, Rafaela Requesens – anche lei leader del movimento universitario in Venezuela – non riconosce la legittimità di quelle dichiarazioni: “Chi lo conosce sa che lui non è così. Non è il ragazzo agguerrito che conosciamo. Sappiamo che questo regime è capace di torturare e drogare per costringere a dire quello che vuole”. In un secondo video diffuso sui social network Requesens si vede confuso, con lo sguardo perso, nudo e con le mutande sporche di escrementi. Su queste immagini, il presidente Maduro ha detto – con una sorrisa burlona – che appena è stato arrestato “il deputato è diventato nervoso. Sono usciti dei video brutti, perché era nervoso, molto nervoso […] Che schifo”.

Nato a Caracas nel 1989, Requesens è uno dei volti più conosciuti del movimento universitario. Nel 2010 ha sconfitto il candidato del chavismo nelle elezioni della Federazione di Centri Universitari dell’Università Centrale del Venezuela, la più grande del Paese. È sempre stato in prima fila nelle manifestazioni contro il governo venezuelano; nonostante la brutale repressione delle forze militari e della polizia, mai nervoso.

Lilian Tintori, moglie del leader dell’opposizione Leopoldo López, ha chiesto alla comunità internazionale di pronunciarsi contro “il trattamento inumano e crudele nelle carceri del Venezuela […] Il Venezuela grida aiuto. Papa Francesco sa esattamente quello che patiscono i nostri detenuti politici, che oggi sono 366”.

Per ora, l’unico governo che si è pronunciato sul caso Requesens è quello americano. Il Dipartimento degli Stati Uniti considera illegale l’arresto del deputato oppositore e “l’ultimo esempio degli abusi del regime contro i diritti umani”. Su Twitter, l’assistente del segretario di Stato con funzioni per l’America latina, Francisco Palmieri, ha scritto: “Maduro e la sua polizia segreta stanno ignorando lo stato di diritto con l’arresto illegale del membro dell’Assemblea Nazionale costituzionalmente eletto, @JuanRequesens”.

Intanto, il presidente Maduro ha dichiarato che autorizzerà gli agenti dell’Fbi a entrare in Venezuela per collaborare all’inchiesta sul tentato attentato contro di lui. A condizione di “indagare i collegamenti in Florida del piano di assassinio”. Secondo lui esistono “cellule terroristiche” nello stato della Florida, dove si trova una grande comunità di emigrati venezuelani, guidate da un uomo che si chiama Osman Delgado Tabosky. Per Maduro è lui la mente del fallito attentato.



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