“Se si parla di centralità del parlamento, la verità è che il parlamento non conta assolutamente più nulla. Perché così è sentito dai cittadini elettori, che vedono nel parlamento il luogo dell’inconcludenza della politica. E se continuiamo in qualche modo, come un feticcio, a difendere la democrazia rappresentativa secondo me sbagliamo, e non facciamo un bene neanche a lei. Come diceva Gaber: la democrazia è partecipazione. E oggi c’è partecipazione, anche se superficiale e limitata al web, inserita in una valanga informativa che moltiplica informazione e disinformazione”. L’intervento del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Giancarlo Giorgetti al Meeting di Rimini, il maggiore esponente di governo presente alla manifestazione, è iniziato così, nella maniera più tagliente possibile.
“La storia è movimento, il Meeting affrontò il tema teorizzato da qualcuno della fine della storia. Oggi il vero nemico della democrazia e della politica è l’ideologia globalista che si è affermata negli ultimi dieci o vent’anni, che ha preteso di sostituire la politica e la democrazia. Le ricette che questa ideologia offriva in Italia, in Europa o nel mondo erano tutte le stesse, sia per quanto riguarda le ricette economiche, con la politica economica veicolata dal Fondo Monetario Internazionale, piuttosto che le ricette che ancora oggi vengono somministrate dalla Commissione europea, le cosiddette verità di politica economica che dovrebbero essere attuate e che dovunque dovrebbero garantire sviluppo, prosperità e benessere. O se vogliamo parlare di valori, alcune teorie che devono e vogliono essere propinate al popolo anche se queste evidentemente non le capisce e non le condivide. Però sono quelle politicamente corrette”.
L’incontro è intitolato “Le prospettive della democrazia” e comprende gli interventi dei rappresentanti dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà, ovvero, oltre a Giorgetti, l’ex ministro delle infrastrutture Graziano Delrio, la presidente dei Deputati di FI Mariastella Gelmini, il presidente dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà Maurizio Lupi, il presidente dei Senatori della Lega Massimiliano Romeo, il deputato Gabriele Toccafondi, introdotti dal presidente Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini. “Ecco, tutta questa overdose di politicamente corretto che è stata propinata ai popoli, e non solamente a quello italiano, perché quello che sta avvenendo in Italia è espressione di un fenomeno globale, e si trovano facilmente riferimenti nel mondo a partire dagli Stati Uniti, ha causato una reazione, e in altri avremmo parlato di una politica reazionaria a tutti gli effetti. Le radici profonde e popolari non hanno accettato questa forma di condizionamento”.
Rispondendo alle domande dei giornalisti in conferenza stampa, il sottosegretario leghista ha spiegato che, sul tema ad esempio dell’ipotesi di nazionalizzazione delle autostrade “non credo che sia la versione più efficiente, ma “la vicenda di Genova ha posto la necessità di mettere mano alla gestione delle infrastrutture, e il codice degli appalti deve essere rivisto”. Affermazione che i giornalisti hanno accolto come un segno di divisione all’interno dell’esecutivo, viste le posizioni più a favore di un’ipotesi di nazionalizzazione di altri esponenti come il vice-premier Matteo Salvini o l’attuale ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli. Allo stesso tempo però, sulla revoca della convenzione alla società Autostrade per l’Italia Giorgetti ha spiegato che “non credo sia possibile”, “non ne vedo i termini”. Ma “penso sia doveroso” fare qualcosa, ha aggiunto, visto ad esempio il fatto che “i margini di redditività in capo alle concessionarie mi sembrano spropositati”.
Un tema importante per Giorgetti è poi quello “della riforma delle istituzioni democratiche”, necessarie a “dare un senso e un contenuto a questa risposta popolare”. Anche se fosse “diretta dal presidente della repubblica”, ha aggiunto il leghista, nonostante al momento “non sia tema del Contratto di governo”. Oggi “i corpi intermedi nati il secolo scorso sono tutti in crisi”, mentre “quelli nati e proliferati per libera associazione oggi sono in salute”, ha continuato. “Noi dobbiamo, come diceva anni fa un sociologo tedesco molto noto, in un passaggio della storia in cui si è sempre andati dalla comunità alla società, invertire questa tendenza e tornare dalla società alla comunità”, ha concluso il sottosegretario leghista.
Altro intervento carico di contenuti è stato quello dell’ex ministro e oggi presidente dei Deputati del Pd Delrio, che ricordando le vittime di Genova ha affermato che “questo paese ha bisogno di verità e coesione. Diceva Simone Weil la patria non è una cosa che ci è stata rubata, ce la siamo lasciati scappare di mano. Bisogna avere una forte tensione all’unità nazionale, anche se con idee diverse”. Ci sono infatti vari temi che per il politico democratico concorrono a questo obiettivo, ma che si declinano nelle varie posizioni. Ad esempio sul mezzogiorno, “se non diventa più connesso non troverà uno sviluppo”. “Pensiamo poi che l’alta velocità sia un bene per il nostro paese, come i valichi alpini”, ha spiegato Delrio, ma “ci sono dei limiti dell’azione politica: noi abbiamo seminato un piano infrastrutturale da 130 miliardi di euro e abbiamo aumentato le manutenzioni dell’80 per cento, però poi non è detto che le cose poi funzionino”. E qui il riferimento è ovviamente alla tragedia di Genova. “Questo rimane un Paese fragile”.